Egitto, condannata a un anno e mezzo l’attivista Sanaa Seif per accuse fasulle e costruite ad arte
Non stupisce che mercoledì scorso 17 marzo un tribunale del Cairo ha condannato l’attivista egiziana Sanaa Seif a un anno e mezzo di carcere con la solita motivazione di “diffusione di notizie false”, “uso improprio dei social media” e “offesa a un pubblico ufficiale in servizio”. Accuse false e risibili, del resto la prassi egiziana di controllo con il pugno di ferro di ogni forma d’opposizione passa attraverso l’uso disinvolto di un sistema giudiziario che non si può di certo definire equo. Sanaa Seif era stata arrestata il 23 giugno 2020 da agenti in borghese mentre stava entrando negli uffici della Procura del Cairo per denunciare un’aggressione subita il giorno prima 22 giugno, quando si trovava di fronte alla prigione di Tora in attesa che le venisse consegnata una lettera del fratello Alaa Abdel Fattah, lì detenuto. Alcune donne avevano circondato Sanaa, la madre Laila Soueif e la sorella Mona e le avevano picchiate sotto gli occhi degli agenti della sicurezza senza che questi muovessero un dito. Amnesty International ha esaminato il mandato d’arresto di Sanaa Seif su cui è riportata falsamente la notizia di un arresto a un posto di blocco. L’organizzazione per i diritti umani ha poi analizzato le prove sulla base delle quali Sanaa Seif è stata condannata ed è giunta alla conclusione che i post da lei pubblicati per denunciare l’aggressione del 22 giugno non costituivano incitamento all’odio, alla discriminazione o alla violenza. L’ultimo capo d’accusa, “offesa a un pubblico ufficiale in servizio”, fa riferimento a un alterco avuto da Sanaa Seif con un agente di polizia che sempre il 22 giugno 2020, aveva spintonato la madre verso il gruppo delle assalitrici. Ovviamente tutto era stato preordinato dato che Sanaa Seif è nota per le sue critiche alle autorità egiziane sulla gestione della pandemia da Covid-19, soprattutto dopo la sua diffusione nelle carceri e per le campagne per il rilascio dei detenuti, compreso suo fratello Alaa Abdel Fattah. Dal 2014 l’attivista era stata già incriminata e condannata due volte per aver esercitato i suoi diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica.