Eletti ed elettori

Come odiamo avere avuto ragione. Immediatamente prima della scadenza elettorale in alcuni editoriali avevamo fatto alcune affermazioni e considerazioni che i risultati hanno purtroppo confermato. Parlavamo di aver visto troppi inverni elettorali per non sapere che non vi è nulla di più opaco delle promesse elettorali. Parlavamo anche del fatto che l’inverno governativo nel quale siamo dentro è fra i peggiori del dopoguerra, ma soprattutto che il peggio poteva ancora venire a causa anche della “superficialità disarmante con cui gli elettori vanno (o non vanno) al voto”. Ed ecco che l’incubo si è materializzato, perché inutile girarci intorno, “abbiamo perso”, era prevedibile, ma non con il “doppiaggio”.  In realtà le cose sono complesse, ci sono alcuni fattori che a sinistra non si considerano, con parte delle classi dirigenti storiche e “moderne” offuscate dall’unico pensiero di garantirsi innanzitutto la “cadrega”. Giudizio severo? Forse e forse, anzi certamente, non per tutti, ma per molti si. Minimamente scalfito dai segnali, infatti, il brutto vezzo di rimanere silenti e ininfluenti dai banchi dell’opposizione per 5 anni, per poi uscire allo scoperto con l’iper attivismo elettorale, è ormai una costante. Una strana concezione della politica attiva che “è tale” solo se governi e che parte dall’orribile convinzione di noi progressisti “di essere più intelligenti, più colti, più preparati ad affrontare le difficoltà di governare, una città, una regione, un paese intero”. Poi però  quando l’elettore ci marginalizza, anziché reagire con una opposizione intransigente si “collabora” pensando di governare “responsabilmente” da minoranza. Il risultato è che, chi governa per davvero, ti prende a pesci in faccia e capitalizza fino alla successiva scadenza elettorale. Così è stato con Massimiliano Fedriga che ha visto praterie sconfinate aprirsi nelle quali elargire prebende milionarie e con le quali garantirsi il doppiaggio degli avversari, ai quali, tutto sommato, va bene il minimo sindacale. Garantirsi Magari la personale affermazione di un seggio e del conseguente appannaggio economico. Siamo dinnanzi a una sindrome contraria a quella che vediamo nella destra meloniana, che fa opposizione anche quando governa. C’è chi pensa patologicamente di governare anche quando dovrebbe fare opposizione. Così è stato nel quinquennio passato anche nel Comune di Udine che, comunque vadano le cose, vedrà rieletti e quindi premiati molti di quelli che dell’immobilismo o quanto meno della incapacità di comunicare all’esterno ha fatto l’abitudine del ruolo. Ma sul ballottaggio De Toni_ Fontanini faremo delle considerazioni in chiusura di questo editoriale. Diciamo subito invece che alla base delle sconfitte c’è di certo l’incapacità di vedere la Luna oltre il proprio dito. Incapacità di comunicare che si riduce a pietire spazi sulla stampa e televisioni locali, diventandone così ostaggi inconsapevoli e succubi, facilmente manipolati. Lamentandosene certo,  ma non andando mai oltre l’autocommiserazione, l’impegno sarebbe altro. Arriviamo quindi alla questione comunali di Udine. La “capitale del Friuli” deve incredibilmente ringraziare la presenza del destro disubbidiente Stefano Salme, se si andrà al ballottaggio. Lascia perplessi infatti la teoria secondo cui le due liste a sinistra non si sarebbero penalizzate a vicenda. Non c’è alcuna prova infatti del millantato credito messo all’incasso da Malchior & C quando affermano che, grazie alla loro presenza sarebbero andati a votare molti che non l’avrebbero fatto. Affermazione da dimostrare, come quella contraria ovviamente, ma fosse anche così, ci permettiamo di segnalare che ora questi dovrebbero votare automaticamente De Toni perchè lo dice Marchiol? Gli elettori non sono burattini e le motivazioni del non voto nel caso permangono intonse. Speriamo comunque che alla fine Udine possa uscire dal grigiore dove l’ha trascinata Fontanini contando  sul mancato effetto “trascinamento” alle urne dato dalle regionali. Speriamo vada bene nonostante tutto, ma temiamo comunque che la lezione non sia stata acquisita (sarebbe bastato analizzare il voto delle politiche di settembre) e che alle prossime scadenze elettorali torneranno settarismi e mera volontà di affermazione personale (male comune intendiamoci). Del resto in assenza di ideali, perché cambiare metodo se l’obiettivo è avere un posto a tavola e si rientra nella lista degli eletti? Comunque tranquilli, noi probabilmente a punzecchiarvi non ci saremo… o almeno non in questa forma.

Fabio Folisi