Covid: Fvg rosso scuro tendente al nero – analisi di una disfatta e torna il ricordo alla rotta di Caporetto
Cita anche Friulisera il consigliere regionale del gruppo misto Walter Zalukar riprendendo il paragone da noi fatto sulla rotta di Caporetto relativamente alla lotta al virus in FVG. Il FVG è in zona rosso scuro, scrive in un lungo comunicato denuncia il consigliere Zalukar che prima di scendere in politica consiliare era responsabile del pronto soccorso di Cattinara ma anche presidente dell’associazione “Costituzione 32” attiva nel denunciare i disservizi della sanità. “Udine quasi nera, la più colpita d’Italia, aggiunge Zalukar, per numero di contagi e anche di morti. Gli ospedali scoppiano, la sanità territoriale è ridotta al lumicino, per non parlare di tamponi e prevenzione. La Regione annuncia una manovra capace di garantire 200 posti letto Covid aggiuntivi e la sospensione dell’attività chirurgica programmata. Di quella poca rimasta.
Sembra quasi che ci sia piombata addosso una calamità improvvisa, inaspettata, eppure c’era da aspettarselo, perché nella nostra regione non solo è mancata un’adeguata programmazione fin dall’inizio, ma neppure si sono corretti quei deficit che hanno mantenuto e potenziato i contagi”.
Zalukar quindi elenca analiticamente quanto avvenuto in questi mesi e quindi le ragioni di una disfatta:
1. Abbiamo fatto lavorare medici e infermieri con mascherine che non filtravano abbastanza, che è peggio, molto peggio che non averle, in tal caso almeno si sta più attenti. Ovviamente non a tutti son capitate le maschere farlocche, ma a quanti? Qual è la dimensione del fenomeno?
Eppure il sospetto che qualcosa non andasse c’era già prima, molto prima, era il 10 agosto quando la Giunta fu interrogata sulla validità delle mascherine. Non era una certezza, era un dubbio, un invito affinché chi di dovere accertasse perché in ospedale venivano fornite a medici e infermieri mascherine con l’avvertenza MEDICAL USE PROHIBITED. Forse un po’ più diligenza non avrebbe stonato.
Invece c’è voluta la Guardia di Finanza, ma 7 mesi dopo; quanto contagio si poteva prevenire? Solo nell’ultimo trimestre dell’anno scorso si è parlato di 1300 sanitari infetti in provincia di Udine.
2. E sono gli stessi medici e infermieri che con le mascherine farlocche erano chiamati a lavorare in ospedali misti, che ricoveravano malati covid e no covid, i cui percorsi intraospedalieri spesso si incrociavano. Ci sono testimonianze e documentazioni puntuali dei percorsi promiscui al Maggiore e a Cattinara. Ma non sembra che in altre strutture regionali sia andata meglio nell’evitare tali commistioni.
Fin da aprile ci sono stati atti ufficiali, non chiacchere, affinché si separassero covid e no covid. Inascoltati da chi avrebbe dovuto proteggere i malati, gli operatori sanitari, i cittadini.
E pazienza ad essere snobbati noi, ma addirittura il Ministero della salute! Già perché questo indicava la necessità di “identificare prioritariamente strutture/stabilimenti dedicati alla gestione esclusiva del paziente affetto da COVID- 19,” e laddove impossibile i percorsi clinico-assistenziali e il flusso dei malati sarebbero dovuti essere nettamente separati.”
Avremmo pensato che in previsione della seconda ondata almeno sugli ospedali si sarebbe presa qualche precauzione. Le buone intenzioni non sono mancate nei piani pandemici delle aziende, ma sono rimaste sulla carta.
Di nuovo in ottobre, e sempre con atti ufficiali, avevamo evidenziato che la commistione di pazienti Covid e no Covid sia a Cattinara che al Maggiore aumentava a dismisura il rischio di contagio.
Eppure sia le evidenze che le stesse norme di legge sono rimaste ignorate, e così sono rimasti gli ospedali misti covid no covid, i percorsi promiscui, fino a collocare in ospedale i punti vaccinali dove coloro che andavano a vaccinarsi, compresi gli over 80, incrociavano i flussi ospedalieri.
L’ideale per espandere l’infezione dentro l’ospedale e da qui diffonderla all’esterno, in primis verso le case di riposo.
3. E non è andata meglio la prevenzione fuori dall’ospedale.
Saremmo dovuti essere pronti a contenere la diffusione del COVID-19 con la strategia delle 3T – Testare, Tracciare, Trattare – riconosciuta come la più efficace. Ovvero fare i tamponi, ma subito, tracciare i contatti nel minor tempo possibile, trattare i malati con la massima tempestività e se possibile curarli a casa.
Invece abbiamo visto sia malati che sospetti sani attendere il tampone diversi giorni, anche una settimana e più. E poi costretti ad andare a farsi il tampone, magari febbricitanti, negli ambulatori pubblici con i propri mezzi, e chi non li aveva in autobus, dove evidentemente diffondevano miliardi di virus; e in spazi stretti e affollati non c’è mascherina che tenga e figuriamoci quelle farlocche.
E così anche il trattamento non poteva che arrivare in ritardo, anche in grande ritardo, che non di rado significava aggravamento e alla fine non restava che l’ospedale. Se andava bene.
Non abbiamo parlato della seconda T – il tracciamento – perché è rimasta una chimera.
Ecco quello che la sanità del FVG ha saputo mettere in piedi per la seconda ondata, prosegue Zalukar, una débacle solo in parte mitigata dal lavoro, fino al sacrificio, delle migliaia di operatori della salute, mandati in prima linea senza ordini chiari e – come abbiamo visto – con dispositivi di protezione individuale che non proteggevano abbastanza. Un recente articolo di Friulisera conclude Zalukar, parlando di questa guerra contro il virus ha evocato la rotta di Caporetto, ed esattamente come la storia racconta, le ragioni della disfatta oggi come allora non sono attribuibili alle truppe ma a chi era ed è al comando. La Regione FVG è in rosso scuro tendente al nero, nessuna meraviglia vista come è andata. Ma ora serve un cambio di passo”.