G20, la dichiarazione di Roma sulla salute: un miscuglio di ipocrisia, cinismo ed indecenza

Non ci aspettavamo proposte innovative ma un po’ più di soffio di cambiamento sì. Ebbene… il soffio non c’è stato. Peggio ancora, al suo posto si sono manifestati forti brutti venti. Si apre così l’editoriale di Riccardo Petrella Dottore in Scienze Politiche e Sociali, laureato honoris causa da otto università, sulla dichiarazione di Roma sulla salute partorita nel corso del recentissimo G20.

Anzitutto mai, afferma Petrella, nemmeno una sola volta, la Dichiarazione fa riferimento al “diritto universale alla salute”. Non ne parla, confermando quanto i dominanti stanno facendo da anni: cancellarlo dall’agenda politica mondiale e con esso il principio che garantire universalmente la salute, cioè a tutti, è un obbligo istituzionale per i poteri pubblici, gli Stati, e non un’opzione politica di magnanimità o di compassione verso “i poveri” da parte dei dirigenti mondiali. La Dichiarazione parla, invece, più di venti volte, di “accesso equo e a prezzo abbordabile” agli strumenti di lotta contro la pandemia di Covid-19 (vaccini, trattamenti medici, diagnostica e strumenti di protezione individuale). Cioè, un principio ed un obiettivo tipicamente mercantili, di scambio monetizzato (vendita ed acquisto), secondo regole del mercato che nulla hanno a vedere con il diritto alla salute in uguaglianza e nella giustizia. Nel mercato non ci sono diritti, salvo quelli sulla proprietà privata, né uguaglianza né giustizia sociale. Dimenticare il diritto universale alla salute è un atto d’indecenza politica.

 

Non a caso – altro aspetto fondamentale – la Dichiarazione insiste sul fatto che le misure necessarie che saranno prese nei prossimi mesi per favorire l’accesso per tutti ai vaccini, devono essere definite e prese nel quadro dei Trattati OMC ( Organizzazione Mondiale del Commercio, organismo indipendente dall’ONU) ed, in particolare dei Trattati OMC-ADPIC (Accordo sui Diritti di Proprietà Intellettuale in relazione al Commercio) . E non nel quadro generale del’ONU e specifico dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS, agenzia dell’ONU).

La Dichiarazione di Roma resta arroccata al primato dato, anche nel campo della salute, alla regolazione “mondiale” fissata nelle logiche del commercio inter-nazionale (dominata dai mercanti e dai finanziari dei paesi più potenti al mondo). La Dichiarazione di Roma resta sulla posizione di rifiutare di attribuire detto primato all’ONU, in generale, e all’OMS in particolare, come domandato, specie in questi ultimi anni, da 100 e più Stati, da centinaia di Premi Nobel, scienziati, personalità del mondo della cultura e da migliaia di associazioni ed organizzazioni, sindacati compresi. Il primato all’ONU e all’OMS implicherebbe che le regole in materia fossero fissate nel rispetto della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 dei Trattati internazionali sui diritti civili, sociali, politici degli anni ’70. .La scelta operata dal G20 a Roma è un atto di cinismo. I firmatari sanno bene che dal 1994, anno della sua creazione, l’OMC è stata teatro continuo di dure lotte da parte della stragrande maggioranza degli Stati membri contro gli Stati più potenti al fine di difendere i loro diritti alla vita e la loro sovranità economica e sociale, sistematicamente sminuiti e non rispettati nei Trattati OMC imposti dai gruppi sociali dominanti degli Stati più forti.

(Foto di Ufficio Stampa G20)

Pertanto, pretendere che l’obiettivo della lotta mondiale contro la pandemia perseguito dagi Stati più potenti del G20 resta quello di non lasciare nessuno da parte è un atto d’ipocrisia. La realtà mostra che la strategia di lotta contro la pandemia, adottata da un anno e mezzo nel nome dell’accesso equo e a prezzo abbordabile ai vaccini e nel rispetto dei Trattati OMC/ADPIC – ha contribuito a mettere da parte centinaia di milioni di persone, ancora escluse al 21 maggio 2021 dai vaccini (solo l’1% della popolazione africana è stato vaccinato) e, soprattutto, dalle cure di salute in generale. Secondo l’OMS, nel 2020 più della metà della popolazione mondiale é ancora senza copertura sanitaria di base, e la pandemia ha peggiorato la situazione.

La Dichiarazione conferma che, oggi, la soluzione-chiave scelta dai potenti è centrata sull’aumento della produzione dei vaccini e la loro distribuzione e somministrazione la più larga possible in tempi rapidi e su basi eque, sicure e efficienti , a favore delle popolazioni dei paesi più poveri a basso reddito (92 paesi al mondo ) e a medio reddito (più di una trentina).

Questa scelta assume come postulato di base il mantenimento delle ineguaglianze e del fossato tra i paesi ricchi e “sviluppati” del Nord, in particolare “occidentali”, e i paesi poveri, sotto o poco sviluppati. I primi mantengono la loro supremazia e potenza nel campo finanziario , tecnoscientifico, produttivo e commerciale. Le loro imprese, private, restano i proprietari assoluti delle conoscenze sulla vita, i proprietari dei brevetti, i produttori padroni dei vaccini, i dominatori del commercio internazionali, i fornitori dei servizi medico-sanitari, i controllori dei mercati della salute, i signori della digitalizzazione dei sistemi sanitari. Cosi, a loro spetta di aiutare i paesi poveri ad avere accesso a prezzo abbordabile ai vaccini, beninteso dopo aver assicurato, come dichiarato dallo stesso Biden , l’accesso pieno ai vaccini ai loro cittadini, surplus di sicurezza compreso. Ai secondi, i paesi poveri, resta solo la possibilità di ricevere i vaccini e l’accesso agli altri strumenti medico-sanitari offerti dai paesi ricchi. E di essere riconosciuti eleggibili dal COVAX all’assistenza dei ricchi. I vaccini sono trasferiti sotto forma di aiuto, gratuito, alle popolazioni dei paesi a basso reddito, e sotto forma di aiuto a prezzo ridotto per quelle dei paesi a medio reddito. A tal fine i paesi “donatori”/benefattori del “Nord” hanno messo in piedi il cosidetto meccanismo COVAX (gestito da due importanti organizzazioni pubblico-private(quali il CEPI e la GAVI), il cui scopo è di favorire la condivisione delle attività di ricerca e di sviluppo e l’acquisto/distribuzione dei vaccini a favore dei paesi poveri.

Il sistema COVAX si è dimostrato inadeguato per due ragioni principali. In primo luogo, perché i paesi ricchi e gli organismi di filantropia privata quali le fondazioni alla Gates, non hanno alimentato come previsto le finanze del COVAX. Per ben fare, Covax dovrebbe disporre di più di 40 miliardi di $. Allo stato attuale le sue disponibilità finanziarie non superano i 12 miliardi. In secondo luogo, il sistema COVAX non mette in discussione il sistema dei brevetti che fa dei vaccini e degli strumenti di cura una proprietà privata assoluta per 20 anni, dando cosi il potere politico decisionale e operativo sulla vita, in particolare sulla salute, alle imprese private, per di più multinazionali.

Veniamo cosi al punto controverso relativo alla sospensione provvisoria dei brevetti. Questo era il punto più atteso del Global Health Summit del G20. Il G20 ha optato formalmente in favore di non decidere e di rimandare il dibattito alla riunione del 7-9 giugno prossimo del Consiglio generale dell’OMC. In realtà, il rinvio è stato necessario non a causa del disaccordo tra alcuni Stati (quali l’Africa del Sud, l’India, la Russia, l’Indonesia e la Cina..) da un lato, e l’UE, Il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Giappone, dall’altro. Ma, per dare tempo all’UE e agli Stati Uniti di mettersi d’accordo su una posizione comune fondata, come proposto dall’UE, su una terza soluzione, al di là del rifiuto o dell’approvazione della sospensione. L’UE attuale è maggioritariamente opposta alla sospensione del regime dei brevetti e ancor più alla sua abolizione. Pertanto, cerca di superare le difficoltà spostando il dibattito sulla definizione di un nuovo trattato globale mirante a rafforzare l’attuale sistema (poco) comune mondiale di monitoraggio e di risposta alle pandemie presenti e future. A tal fine, sembra che l’UE pensi di proporre il modello di coordinazione intra-europea messo in piedi nel contesto dell’Unione europea della salute, recentemente entrata in vigore..

Su questa posizione sembra orientarsi anche Mario Draghi, il quale nel corso del suo intervento iniziale al Summit ha espresso il suo favore per una sospensione dei brevetti ” a condizione che sia mirata e limitata nel tempo”. Lo stesso dicasi della posizione USA, quale espressa a Roma da Kamala Harris, vicepresidente americana (il cui intervento ha un po’ deluso ). Fra i membri del G20, solo l’Africa del Sud ha una posizione chiaramente rivolta a assicurare la salute dei propri cittadini e degli altri paesi africani. L’india è piuttosto ambigua . Nella strategia ultranazionalista e competitiva di Narendra Modi, la sospensione serve piuttosto l’obiettivo di rinforzare il ruolo crescente dell’India come principale paese produttore di vaccini “low cost” al mondo grazie all’impresa privata Serum Institute of India. Ciò con il sostegno anche dell’Università di Oxford e di Astra Zeneca che ha firmato lo scorso anno un accordo per più di 1,2 miliardo di dosi del suo vaccino da produrre dal Serum Institute of India. L’India ha una strategia di espansione economica nel settore in competizione con la Cina. Da parte sua l’Indonesia, altro membro del G20, ha espresso chiaramente nel corso del Summit il suo desiderio, grazie alla diminuzione dei vincoli imposti dai brevetti, di diventare il principale hub dell’Asia meridionale orientale e cio’ in concorrenza alla Cina ed all’India.

Per farla breve, non tutto è d’oro quel che luccica anche in seno ai paesi non occidentali in materia di strategia economica nell’industria farmaceutica mondiale.

E ciò si perpetuerà fintantoché i paesi più potenti del mondo non avranno dissociato e liberato la politica pubblica della salute dallo stato attuale di sudditanza dei poteri pubblici nei confronti delle loro grandi imprese farmaceutiche e chimiche multinazionali, a seguito della massiccia e generale privatizzazione dei sistemi sanitari nazionali e della legalizzazione della brevettabilità privata a scopo di lucro. La Dichiarazione di Roma non ha scritto una riga sulla sudditanza dei poteri pubblici. E pour cause. Come tutti sappiamo, i poteri pubblici hanno praticamente finanziato in toto (caso del vaccino di Astra Zeneca,) ed in larga parte (caso dei vaccini di Pfizer di Moderna, di Johnsson&Johnsson, …) la concezione, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione dei vaccini. Se ci sono i vaccini, questo non è grazie alle imprese menzionate ma alle ingenti somme di denaro pubblico iniettato dagli Stati nel settore (si parla di decine e decine di miliardi di $), attraverso numerosi modi, compreso quello decisivo degli “Advanced Market Committemnts” cioè gli impegni garantiti di acquisto pubblico di miliardi di dosi prodotte dalle imprese.

Lo scandalo in questo è che le imprese hanno tutto intascato e senza grandi investimenti hanno già incassato miliardi di profitti da distribuire ai loro azionisti, senza pero’ che gli Stati, i cittadini il cui denaro pubblico è stato versato a colate nelle casse delle imprese multinalzionali, abbiano ottenuto in compenso alcun beneficio finanziario diretto. Gli Stati hanno speso e continuano a spendere e le imprese continuano a ricavare profitti.

In questo contesto, la sovranità del popolo, dei cittadini è ridotta a zero. Quella delle imprese è schizzata a livelli alti. Ipocrisia, cinismo e indecenza predominano.

In conclusione, dopo il Global Health Summit del G20, è evidente che il divenire della concretizzazione del diritto universale alla salute non è ancora messo sui binari giusti nell’interesse di tutti gli abitanti della Terra e in sintonia con il rispetto dei diritti della natura. L’abolizione dei brevetti è il primo lucchetto di bloccaggio da far saltare.

Fonte Agenzia Pressenza