“Gianni Berengo Gardin – l’occhio come mestiere” inaugura ai Musei del castello di Udine
Inaugura a Udine, come unica tappa del nord Italia, dopo aver aperto i battenti al Museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI) di Roma nel maggio del 2022 ed essersi spostata a Napoli lo scorso anno, la mostra “Gianni Berengo Gardin – L’occhio come mestiere”. Nella magnifica cornice del Salone del Parlamento e delle sale della Galleria d’Arte Antica del Castello di Udine, saranno esposti in mostra, fino al prossimo 15 settembre, ben 192 scatti del fotografo, una collezione integrale di stampe vintage originali provenienti dal suo archivio personale e dal museo romano. Una fotografia artigiana, che aggiunge al valore intellettuale e visivo, anche un grande prestigio dal punto di vista materiale.
La mostra sarà aperta ufficialmente al pubblico da domenica 19 maggio, ma oggi ha alzato il sipario in uno speciale appuntamento che ha visto come ospite d’onore proprio il Maestro Gianni Berengo Gardin con la moglie, insieme alle rappresentanti del MAXXI di Roma e a Roberto Koch, fondatore di Contrasto.
Maestro del bianco e nero, da sempre fautore e difensore di una stampa fotografica autentica, di un’immagine che cattura e ferma la vita quotidiana, i momenti, le emozioni che anticipano i gesti, ma anche e soprattutto autore di una fotografia di reportage e di indagine sociale, in quasi settant’anni di carriera Gianni Berengo Gardin ha raccontato con i suoi scatti l’Italia dal dopoguerra a oggi. Quella raccontata da Gardin è un’Italia che vive un cambiamento repentino, attrice di uno sviluppo economico, culturale e sociale profondo, che ha plasmato le città d’Italia e gli italiani.
Le parole di Berengo Gardin
“É un grande piacere vedere il bellissimo allestimento del Castello, ma lo è soprattutto essere a Udine, una città con cui ho avuto un fitto rapporto quando abitavo a Venezia. É stato un ritorno dopo 70 anni”, ha commentato il maestro Gianni Berengo Gardin. “La fotografia è stata la mia grande fortuna”, ha detto il maestro veneziano d’adozione, descrivendo l’idea di fotografia che ha sempre difeso e continua a difendere. “Nei due milioni di scatti che ho fatto in carriera, ho sempre fotografato per l’archivio, un concetto che non c’è più. Ho pubblicato 265 libri, alcuni raccontano il passato e altri aiutano a comprendere il presente, ma mi auspico che quando non ci saremo più saranno testimonianza di ciò che siamo stati”. Ripercorrendo la sua fotografia, Berengo Gardin non può fare a meno di ringraziare i suoi soggetti. “Le foto le fanno i soggetti, non i fotografi”, ha affermato, spiegando infine il valore del bianco e nero, suo tratto stilistico da sempre: “Il bianco e nero è più profondo del colore. Il colore distrae il fotografo quando scatta, ma soprattutto quando la foto viene guardata dalle persone. Il bianco e nero mostra invece i dettagli, mette in primo piano i volti, illumina le espressioni, che sono la parte più importante della fotografia di reportage”.
La fotografia documentaria di Berengo Gardin
“Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere”, che il MAXXI ha realizzato in collaborazione con Contrasto e i Civici Musei di Udine in onore di Gianni Berengo Gardin, mette in mostra gli scatti del fotografo per la prima volta nella città di Udine, con l’obiettivo di riscoprire e rileggere in una prospettiva nuova, la sua lunghissima carriera in giro per l’Italia.
La fotografia di Berengo Gardin è una fotografia “vera”, una pratica che vuole allontanarsi dalla manipolazione analogica o digitale, e fare la parte del documento storico, partecipe e mai neutrale della realtà che si evolve, grazie a delle composizioni naturali, con l’uomo sempre al centro di uno spazio sociale vissuto.
Berengo Gardin ha costruito con le sue fotografie un patrimonio visivo unico nella storia della fotografia italiana e internazionale, sempre con un approccio che lui stesso ha sempre amato definire “artigianale”. Nel corso dei decenni questa impostazione è diventata un marchio di fabbrica esclusivo del fotografo, che ha sempre amato definirsi “un fotografo-fotografo”, e quindi un artigiano della fotografia d’autore piuttosto che un fotografo-artista.
Il viaggio nel tempo attraverso l’Italia
L’esposizione, curata da Margherita Guccione del MAXXI e Alessandra Mauro di Contrasto, è immaginata come una sorta di viaggio, un percorso cronologico, topologico e tematico nel modo di vedere e fotografare l’Italia di Berengo Gardin. “Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere” intende allora ripercorrere i settant’anni di carriera del fotografo attraverso le fotografie scattate nelle città che hanno segnato maggiormente la sua vita privata e professionale.
Punto di partenza di questo tour visivo è Venezia (“La Venezia dei veneziani”, come ha ricordato lo stesso fotografo), città dove Berengo Gardin si avvicina per la prima volta alla fotografia. Venezia è il luogo in cui si forma professionalmente, grazie all’incontro con circoli come La Gondola, ed è il luogo di un continuo ritorno, dalle prime immagini degli anni Cinquanta in cui si scorge una città intima e placida al suo progetto più recente, del 2013, dedicato alle Grandi Navi. Dalla laguna veneziana si passa alla Milano dell’industria, delle lotte operaie, degli intellettuali (in mostra, tra gli altri, i ritratti di Ettore Sotsass, Gio Ponti, Ugo Mulas e di Dario Fo), e si percorrono quasi tutte le regioni e le città italiane, dalla Sicilia alle risaie piemontesi, osservate nelle loro trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche dal secondo dopoguerra a oggi. E in questo scenario fa la sua parte anche il Friuli Venezia Giulia.
Trovano spazio i reportage dai luoghi del lavoro realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e, soprattutto, Olivetti (con cui collabora per 15 anni), che lo conducono, nel corso della sua vita professionale, a vivere le evoluzioni del mondo operario e dei suoi bisogni. Tra gli scatti anche i Cantieri navali di Monfalcone. E infine le stampe racconteranno gli ospedali psichiatrici, fotografati e pubblicati nel 1968 nel volume “Morire di classe”, realizzato insieme a Carla Cerati. Si tratta di immagini di denuncia e rispetto, straordinarie e terribili, nel cui sfondo si può notare anche l’Ospedale psichiatrico di Gorizia, che documentavano per la prima volta le condizioni all’interno di diversi istituti in tutta Italia, 10 anni prima della legge Basaglia che li fece chiudere.
L’allestimento in Salone del Parlamento
L’allestimento all’interno del Salone del Parlamento, uno dei luoghi di cultura in assoluto più prestigiosi della città di Udine, che finalmente si apre alla fotografia internazionale grazie al contributo di prestigiosi partner pubblici e privati del nostro territorio (dalla Regione FVG, alla Fondazione Friuli, alla Banca di Udine e al Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia – CRAF), è stato pensato riprendendo l’idea della macchina fotografica. Tutto si apre con un mirino che collega idealmente il Salone alle sale adiacenti, nelle quali la mostra prosegue, e con una struttura che ricorda il soffietto di un banco ottico.
Le fotografie, ordinate in senso cronologico, topologico ma anche tematico, fanno emergere i punti fermi della ricerca documentaria di Berengo Gardin: la centralità dell’uomo e della sua collocazione nello spazio sociale; la natura analogica della sua fotografia “vera”, mai ritoccata; la potenza delle sue sequenze narrative, delle storie nascoste negli spazi catturati; e infine l’utilizzo della fotografia come documento storico e sociale, puntellata tuttavia da dettagli spiazzanti e ironici.
A completamento del percorso espositivo una sala è stata interamente dedicata alle oltre 200 pubblicazioni fotografiche del Maestro Berengo Gardin. Nella stanza finale, costruita interamente a specchi, saranno esposte infatti tutte le copertine dei libri fotografici realizzati del maestro nel corso della carriera.
Abbiamo voluto portare nelle sale del Museo del Castello l’occhio del Maestro Berengo Gardin, il suo laboratorio e il suo obiettivo, filtro della sua professione e della sua vita. Fino a settembre il Salone del Parlamento, uno spazio storico e affascinante, ospiterà un miscuglio straordinario tra l’arte cinquecentesca degli affreschi e il 900 attraversato dalla fotografia di Berengo Gardin. L’idea è quella di avvicinare l’occhio del visitatore all’occhio del maestro, portando le persone nel suo mondo e modo di vedere” le parole di Silvia Bianco, curatrice dei Civici Musei.
Nel 1970 Cesare Colombo curò “L’occhio come mestiere”, un libro pubblicato da Contrasto dedicato alle fotografie di Gianni Berengo Gardin. È un volume disegnato e impaginato dallo stesso autore, amico di vecchia data del fotografo. Il titolo della mostra e il suo disegno prendono spunto proprio da questo libro per proporre una nuova raccolta di fotografie di Berengo Gardin, tra le più celebri e le poco viste, che raccontano nel loro complesso decenni di viaggi e lavoro. L’esposizione si figura come un omaggio al fotografo, ma anche a Cesare Colombo, oltre cinquant’anni dopo la pubblicazione del libro, e a una stagione straordinaria della nostra storia fotografica, quando si cercava, Berengo Gardin in prima fila, nell’immagine ai sali d’argento (che è la tecnica di stampa utilizzata per le immagini esposte), non la composizione artistica ma una testimonianza viva della realtà.
La mostra sarà visitabile presso il Salone del Parlamento dei Musei del Castello, ma non sarà necessario l’acquisto di un biglietto aggiuntivo. Ai visitatori sarà sufficiente acquistare il biglietto di ingresso al Castello o il biglietto unico per i Civici Musei, che darà accesso anche agli altri piani del Castello (Museo Archeologico, Museo del Risorgimento, Galleria d’arte Antica e Museo Friulano della Fotografia), alle esposizioni di Casa Cavazzini – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea e al Museo Etnografico del Friuli, nei consueti orari di apertura al pubblico: dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle ore 18.
Tutte le informazioni sulla mostra e sulle visite guidate sono disponibili al sito web www.civicimuseiudine.it e sui canali social dei Civici Musei.
“Berengo Gardin racconta le persone, i cittadini, in un modo che nessuno altro fa e nessun altro ha mai fatto in Italia”, ha aggiunto Roberto Koch, fondatore di Contrasto. “Berengo Gardin, non ha lavorato per i giornali ma per i libri, ha avuto una visione in prospettiva, la volontà di creare degli oggetti unici, che sono le pubblicazioni fotografiche, che altrimenti non ci sarebbero state. Ci sarà un futuro – ha detto in chiusura – dove chi vorrà sapere il passato dell’Italia dovrà vedere le fotografie di Berengo Gardin. Gli italiani hanno bisogno di vedere Gardin per capire dove l’Italia é andata e dove sta andando ai giorni nostri”.