Giro d’Italia e alpini: per le elezioni del 2023 basta e avanza
Grosso modo tra un anno saremo chiamati al voto per la Regione in una occasione che potrebbe anche essere contemporanea al rinnovo del Parlamento. Fedriga per ora è in una botte di ferro, ufficialmente tornerà in Piazza Unità, ma se la congiunzione astrale fosse diversa Roma val bene una messa. Magari da celebrare al santuario di Castelmonte, assieme ad una delegazione dell’ANA di Udine che, con un pellegrinaggio pre adunata, assicurerà l’opinione pubblica su futuri rischi di molestie non solo alle donne ma anche all’intero universo LGTB e “queers”. Stavolta a Castelmonte non ci sarà il “manager e promoter” Cainero nel frattempo inviato in Val Saisera a controllare la perfetta esecuzione dei lavori della strada per il Lussari in funzione del prossimo Giro ciclistico d’Italia. La cosa mi sembra sfuggita agli analisti politici dell’informazione regionale, ma aldilà dei dubbi sui candidati e sugli schieramenti, non credo sia da sottovalutare che proprio le elezioni regionali cadranno nel bel mezzo di due avvenimenti di portata non solo “nazionale”: l’adunata degli alpini e la conclusione del Giro d’Italia. Il primo, come noto, è sicuro, il secondo dipende da quanti soldi la Regione è in grado di tirare fuori, oltre a garantire la costruzione della strada. Per rilanciare il Giro con corridori di punta (ad es. Pogacar e Roglic) ci vorrà ben altro ma non si può pretendere tutto. Dopo anni di centralità triestina nel leggere il futuro, finalmente il Friuli tornerà al centro dell’attenzione con alcuni ottimi reality popolari. Sia ben chiaro. Non ce l’ho né con il Corpo degli Alpini né con il ciclismo, pur personalmente provenendo dall’Aeronautica e dal calcio. Anzi, le iniziative dell’ANA mi paiono culturalmente molto più dignitose dei turisti che scendono dalle navi da crociera e credo sia una opzione irrinunciabile l’uso della bici nella mobilità anche alla scoperta delle bellezze territoriali. Tuttavia non mi sfuggono alcuni effetti collaterali che forse varrebbe la pena cercare di evitare. Affinché qualcuno non cerchi di approfittare dell’ampio consenso che vi gira intorno per farsi bello in campagna elettorale dimenticando molte altre cose importanti. Gli alpini rappresentano sì l’anima del Friuli ma la loro obbedienza e la disponibilità per gli altri è sempre stata sfruttata cinicamente dai poteri costituiti per sopperire mancanze e ancora peggio nella storia (lontana ma mai elaborata) per aggressioni e assurde avventure. La generosità senza esercizio critico non porta lontano. Si festeggi pure qualcosa che, forse sbagliando, non c’è più ma nella consapevolezza che il meglio dei ricordi appartengono a sconfitte che una politica accorta non avrebbe mai dovuto cercare. Non lontano dalla parola d’ordine alpina “o là o rompi” mi sembra essere la pervicacia con cui, per un giorno di riprese televisive, si va a perseguitare alcune zone naturali che sono sì uno splendido panorama per quegli spettatori (soprattutto virtuali) che come me non si perdono una tappa dei grandi giri ciclistici, ma i cui effetti durano per sempre. Ripetere sul Lussari gli errori dei Piani del Montasio non mi pare una buona idea. Se il prodotto Zoncolan ha avuto uno straordinario successo, bene, che sia un simbolo unico. Per il resto troviamo altri modi per migliorare il ciclo turismo senza colonne motorizzate a inaugurare percorsi. In fin dei conti al Lussari ci si può già arrivare in mountain bike. Giorgio Cavallo