Gli studenti dell’Università di Udine e Trieste sugli itinerari della Memoria: dalla Risiera di San Sabba al campo di concentramento di Gonars
Si sono ritrovati nel capoluogo giuliano e poi hanno fatto tappa a Gonars. Trenta studenti e studentesse delle università di Udine e di Trieste, sabato 4 febbraio, hanno voluto celebrare la memoria in due dei luoghi più intrisi di storia novecentesca e simbolo della persecuzione nazifascista nella nostra regione. L’iniziativa – organizzata, per la prima volta, dall’UDU (Unione degli universitari) di Udine con il Comitato provinciale ANPI di Udine e Arcigay Friuli e con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia – li ha portati lungo un itinerario, che è iniziato alla Risiera di San Sabba. Sotto la guida di Erica Culiat, hanno potuto conoscere e approfondire la storia e le vicissitudini dei deportati – in prevalenza ebrei e oppositori politici – nell’unico campo di concentramento in Italia dotato di forno crematorio. Poi, dalle voci di Roberta Nunin, docente dell’Ateneo triestino, e del ricercatore Marco Reglia, gli universitari e le universitarie hanno scoperto i particolari della vicenda umana del partigiano Giovanni Battista Berghinz, delle partigiane Cecilia Deganutti e Virginia Tonelli, e delle vittime omosessuali che lì furono trucidati. Nella seconda parte della giornata, grande interesse e dense emozioni hanno accompagnato la visita al Sacrario Memoriale e al campo di concentramento fascista a Gonars: siti storici di cui si parla molto poco, tant’è che anche gli studenti e studentesse ne ignoravano l’esistenza. Ivan Cignola e Marina Valentinis della sezione ANPI Palmanova-Gonars hanno delineato le circostanze, che portarono alla realizzazione del lager nell’autunno del 1941. Costruito in previsione dell’arrivo di prigionieri di guerra russi, il campo non fu mai usato per questo scopo. Fu, invece, destinato all’internamento di civili sloveni e croati, rastrellati dall’esercito italiano nella “Provincia di Lubiana”. In alcuni periodi, il campo di Gonars arrivò a contenere 6.000 persone: oltre 500 di loro trovarono la morte a causa delle malattie, della fame e degli stenti. Nel Sacrario, eretto all’interno del cimitero nel 1973 per iniziativa della Repubblica Federativa di Jugoslavia, sono raccolti i resti di 471 internati, tra cui donne e bambini.