I 4 livelli della “strategia governativa del respingimento” delle persone migranti
L’annuncio di Medici Senza Frontiere dell’interruzione, obbligata dalle azioni del governo, delle operazioni di soccorso in mare della nave Geo Barents, dovrebbe fare indignare tuttə, non solo noi che con Geo Barents abbiamo condiviso anni di attività in mare. Come spiegano da MSF, è a causa dell’attacco del governo al soccorso in mare se una nave, grande ed efficente, dotata di ospedale, attrezzata al meglio per salvare vite umane, è costretta a fermarsi.
Ma d’altronde l’omissione di soccorso, pianificata ed organizzata, è una delle strategie principali di quella “architettura dei respingimenti” che il Ministero degli Interni ha messo in piedi, nella dispiegata guerra alle persone i ìn movimento che lo caratterizza. Non è guerra agli scafisti come dicono nel tentativo di trovare una qualche legittimazione alla violazione sistematica delle convenzioni internazionali, che in questi anni sono state calpestate e soffocate a suon di decreti, circolari, regole di ingaggio, disposizioni.
Eppure il senso di quelle convenzioni è chiaro: in mare bisogna fare di tutto per salvare vite, il soccorso non solo è un obbligo, ma un imperativo al quale tutto il resto deve uniformarsi. E invece l’imperativo del governo è un altro: non fare arrivare persone sulle coste italiane. Attraverso modi indicibili: finanziare milizie, come quelle libiche, perché le persone migranti siano imprigionate, catturate in mare, fatte sparire in qualche fossa comune.
Riempire di milioni un altro regime, quello tunisino, a patto che gli esseri umani che sono arrivati fino a lì con l’intento di raggiungere l’Europa piuttosto raggiungano la morte: è di pochi giorni fa il rapporto ONU sulle terribili violenze alle quali sono sottoposti uomini, donne e bambinə migranti, che vengono fatti affondare in mare con manovre criminali delle motovedette della Garde Nationale, fornite a questo scopo dalle autorità italiane. Se sopravvivono ai naufragi, le persone in movimento vengono deportate nel deserto, in un tratto che va da dieci chilometri fuori la città di Tozeur fino al confine con l’Algeria. In mare le lasciano morire dopo averle speronate, e solo chi ha la capacità di raggiungere a nuoto la costa, può raccontarlo. E poi lə sopravvissutə vengono legatə e buttatə sui pick up militari, scaricatə nel deserto senza acqua né indicazioni, e solo chi raggiunge l’Algeria, può raccontarlo.
L’omissione di soccorso infatti, è il secondo livello della strategia del governo. Il primo è finanziare paesi costieri destabilizzati del Mediterraneo, perché creino una “linea Maginot” contro le persone in movimento verso l’Italia e l’Europa. Una cortina di ferro, con milizie armate camuffate da “guardie costiere”. Chi riesce a passare l’inferno dei lager, della riduzione in schiavitù, degli speronamenti intenzionali in mare, delle deportazioni, accede al secondo livello del “game”, quello che ha nella consapevole omissione di soccorso in mare dei paesi “civili” della sponda nord del Mediterraneo il suo fulcro. L’omissione è organizzata: la priorità delle procedure di “law enforcement” su quelle di soccorso, – la strage di Cutro ne costituisce uno degli esempi più recenti – il rimpallo continuo tra gli Stati su chi deve intervenire in caso di allarme, cosa che provoca i ritardi fatali sugli interventi e l’allontanamento delle navi del soccorso civile dal mare, attraverso pretestuosi blocchi amministrativi e assegnazioni di porti lontani.
Il terzo livello della strategia del respingimento di esseri umani, è stato introdotto da poco: la deportazione in Albania, con la detenzione di persone, su base etnica, che non hanno commesso alcun reato. La chiamano “procedura accelerata di frontiera per l”asilo”, ma è esattamente il contrario: è una procedura illegale e disumana per non riconoscerlo a prescindere. Il quarto livello invece si articola a terra.
Per chi riesce a sopravvivere ai tre precedenti, il “game” diventa quello della “non accoglienza”. L’aver smantellato, in maniera consapevole e sistematica, il sistema di accoglienza istituzionale, lasciando agli enti locali ogni onere e decisione in merito, equivale a una tecnica, la più raffinata forse, di respingimento. Questo quarto livello ha anche la funzione di sostenere ideologicamente la “teoria dell’invasione “, propedeutica alle leggi di guerra contro le persone migranti, che poi si applicano in mare e con i patti bilaterali come quello con Libia, Tunisia, Albania. Riprodurre la “guerra civile” nelle città è l’obiettivo della “non accoglienza”. Creare, attraverso l’assenza di interventi e strutture di “welcoming”, sacche di clandestinità e marginalità , capaci di alimentare la percezione di insicurezza nei cittadini e a “creare” un’opinione pubblica favorevole a “soluzioni finali” contro il “nemico”.
Una di queste è rappresentata dai CPR, cosiddetti “centri per il rimpatrio”, che altro non sono che luoghi di confinamento per persone migranti che non hanno commesso alcun reato. Luoghi che annientano le persone, con largo uso di psicofarmaci e dove i diritti umani sono cancellati. L’immigrazione diventa per il governo un’arma di distrazione di massa. Quale modo migliore per distogliere l’attenzione dai problemi veri, i salari da fame, la precarietà, il disastro climatico, i morti sul lavoro, l’emigrazione di massa dei giovani, se non quello di creare un “nemico che viene da fuori”? I numeri naturalmente, direbbero che non siamo in presenza di nessuna invasione, ma l’immaginario che viene scientificamente costruito, è più forte della realtà.
Siamo certə che MSF tornerà presto in mare, nonostante i vergognosi tentativi del governo di impedire che con la sua attività moltissime vite possano essere salvate. In questi anni è cresciuta e si è organizzata la speranza nel Mediterraneo. Che non è più solo il cimitero a cielo aperto in cui è stato trasformato dalle politiche di respingimento: è anche lo spazio di una solidarietà concreta tra persone, reti, associazioni che non si rassegnano alla guerra contro le persone in movimento.
Non abbiamo ancora parlato dei trafficanti di esseri umani, i cui affari prosperano proprio grazie alle scelte politiche del governo. In questa storia del nostro tempo, chi non vuole soccorrere in mare, chi vuole rinchiudere nei lager e deportare nei deserti, nutre la stessa considerazione per la vita degli esseri umani in movimento di coloro che li usano per fare soldi, che sfruttano il loro bisogno di cercare una vita migliore. Per il governo e per i trafficanti, quelle vite non valgono niente. Sono simili tra loro, e tra simili ci si intende. Contro questo non smetteremo di lottare.
Solidarietà a MSF e grazie per tutte le vite salvate in mare. Ci rivedremo presto, fianco a fianco in mare, come sempre. Ne siamo certə.