I primati: Friuli rosso scuro, anzi cupo

Le statistiche pubblicate in queste ultime ore sull’andamento della pandemia in Italia negli scorsi 15 giorni assegnano alla nostra regione alcuni tristi primati. Infatti, siamo di gran lunga il territorio con il più alto indice di mortalità e siamo al secondo posto nell’incidenza dei casi.
Ora, anche l’Unione europea che ha alla studio misure restrittive in materia di spostamenti tra aree del continente, fissando in 500 casi su 100.000 abitanti il limite superato il quale si può passare nella cosiddetta zona “rosso scuro”, individua nel Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna e Provincia autonoma di Bolzano le aree maggiormente a rischio dell’intero nostro Paese. E in questa speciale classifica la regione si colloca al primo posto con 768 casi cumulativi su 100.000 abitanti, alla data del 21 gennaio.
Che dire? Prima di tutto che la lotta al virus deve continuare con grande determinazione a cominciare dai comportamenti individuali che ciascuno di noi è chiamato responsabilmente ad adottare. Ancora, senza dubbio, si tratta di fare in modo che la campagna vaccinale prosegua, pur con tutte le difficoltà e gli impicci generati dalle case produttrici del vaccino. Non va poi dimenticato tutto il personale sanitario che combatte da un anno, oramai, questa battaglia. Ai medici fino agli addetti delle pulizie, infatti, va riconosciuto ogni sostegno in quanto persone, donne e uomini, in prima linea nella lotta al virus, impegnate a salvaguardare la vita di tutti noi.
Questi dati ci indicano, inoltre, che il virus non guarda e no si fa affascinare dalla propaganda di parte. Così come supera confini e territori, altrettanto
fa con gli schieramenti politici.
Zone rosse o gialle, infatti, non dipendono dai colori di chi governa qui o a Roma. E chi pensa, o ha pensato, di lucrare qualche consenso magari scendendo in piazza in piena pandemia contro le scelte governative va sempre ricordato questo postulato.
Allora, è il caso di guardare con maggiore responsabilità ai dati che quotidianamente ci vengono forniti, sperando che magari qualche sistema di calcolo non si inceppi come sembra essere accaduto in Lombardia.
Si chiede quindi sobrietà e responsabilità da chi è chiamato alle scelte, così come non potrà mancare attenzione e presenza critica da parte dell’opinione pubblica e, non da ultimo, certo, un’informazione in grado di non fermarsi ai comunicati stampa di chi al momento si trova a governare la cosa pubblica, ma capace di scovare cosa c’è davvero dietro alla notizia .

Carlo Pegorer