Il casinò di Damasco
Rien ne va plus le jeux sont faits! Detto che al sostantivo casinò si potrebbe anche togliere l’accento, sarà ora necessario capire dove la pallina della roulette termina la sua corsa. Assad se ne è andato con la coda tra le gambe chiedendo ospitalità, almeno quella visto che la difesa armata non gli è stata concessa, ai suoi alleati più forti. Significherà probabilmente che a Mosca ci saranno presto due (almeno) persone per cui il Tribunale Penale Internazionale chiederà l’arresto. Non che tale richiesta sia già stata formalizzata, ma a naso succederà a breve. E questa non sarà una bela notizia soprattutto per Bashar al Assad che potrebbe diventare un’importante pedina di scambio nelle mani dell’altro potenziale galeotto, Putin. Chiaro che si tratta di pure illazioni, ma analizzando un po’ i precedenti, non sono certo i Netanyahu che finiranno sotto processo o arrestati da coloro che quel tribunale riconoscono a parole come autorità superiore, ma preferiscono giudicare e condannare le figure di secondo piano.
Ma non è questa l’attualità che ci interessa, almeno per ora; la Siria come quella che ancora viene illustrata nelle cartine geografiche, non esiste più. Già da un pezzo peraltro, ma ora più che mai lo spezzatino rischia di assumere un carattere più o meno definitivo, che non è ancora quello odierno, ma quello che da qui a poco diventerà. HTS, ormai nemmeno serve più sviluppare l’acronimo tanto è diventato famoso e di attualità, ha in mano le redini del Paese, almeno per ora. Oltre a HTS la coalizione dei “ribelli”, ma non si capisce bene attraverso quali dinamiche, comprende anche l’SNA (Syrian National Army; qui l’acronimo lo sviluppiamo perché questo gruppo non è altrettanto famoso) ed altre milizie che in questi giorni si sono unite alla presa di Damasco e dunque di buona parte del Paese. Ora, non è chiaro se le milizie che hanno contribuito alla caduta della capitale arrivando da sud e da est fossero parte del piano iniziale oppure si siano mobilitate in un secondo tempo approfittando dello squagliarsi dell’esercito governativo (SAA, Syrian Arab Army) con cui si scontravano regolarmente, anche se in forma minore, da sempre. Daraa, Qneitra, Suwayda sono città e aree in cui Assad non ha mai avuto il pieno controllo e molte delle persone (e combattenti) di queste zone erano state deportate in seguito alla riconquista di quei territori da parte dello SAA, proprio nella sacca di Idlib. Sarebbe interessante capire, appunto, se ci fosse o meno una regia unica nell’azione che ha portato alla caduta del governo.
Quanto alle milizie arrivate da est, dalla regione orientale e desertica di Homs e Palmira sono probabilmente il frutto dell’azione dei vari clan che gestiscono da sempre e in modo parecchio autonomo il potere di quelle terree che con Assad non sono mai andate eccessivamente d’accordo. C’è ancora, ci sarebbe come tutto in questo contesto, da capire se da Al Tanf, zona al confine tra Siria, Iraq e Giordania e protetta dalla locale base statunitense possano essere arrivati ulteriori aiuti ai “ribelli”. Sarebbe molto interessante riuscire a comprenderlo, visto che quella zona, come del resto quelle appena sopra citate, è infestata da ciò che rimane dell’Isis. Fosse così, al puzzle si aggiungerebbe un altro pericoloso attore.
A proposito di Isis sarebbe il caso di non dimenticare che nelle prigioni del NES, ci sono ancora migliaia di ex combattenti del califfato e che se le SDF (Syrian Democratic Forces) dovessero cedere, si comprende il disastro che potrebbe succedere. Non bastasse, il campo di Al Hol (non l’unico ma il più grande) ospita ancora decine di migliaia di persone che al califfato erano direttamente o indirettamente legate.
In poche parole, sembra che appena si sia sentito l’odore del sangue della bestia ferita, tutti i predatori abbiano fatto a gara a spolparsi l’osso. Questo, in una realtà così complicata come quella della Siria odierna, potrebbe ulteriormente rendere difficle la comprensione della realtà attuale, ma soprattutto del futuro, di questo disgraziato Paese.
E fino a qui si sta parlando principalmente, e nemmeno di tutta, la parte a ovest dell’Eufrate, quella da anni sotto il controllo del (ex) governo e dalle varie formazioni avversarie del regime. Rimane, sempre in questo versante, da vedere cosa succederà nell’area del Mediterraneo, la regione di Lakatia, dove la famiglia Assad godeva del maggiore appoggio in quanto a prevalenza Alawita, una delle varie forme dell’Islam sciita alla quale gli Assad appartengono. Le basi russe della zona forse sono precluse ai “ribelli” e prede non pretese dal vero regista di questa operazione; “the snake” Erdogan. Troppi sono i reciproci interessi tra le due potenze, Russia e Turkiye, come il presidente turco pretende venga chiamata ora la Turchia, per mettere (perlomeno al momento) ulteriormente a repentaglio i loro già complicati rapporti. Lo si è visto anche nel corso della guerra in Ucraina dove un conto è parlare ed un altro agire. Vedremo.
Quanto al Kurdistan, Rojava o come si vuole chiamare quella che un tempo era la zona di confine tra Siria e Turchia, è interessante osservare la posizione dei capi politici e militari di quella regione. È piuttosto sorprendente la disponibilità dimostrata dalle autorità kurde nei confronti dei nuovi “padroni” della Siria. Se con HTS, almeno nella forma attuale perché quando si chiamavano Al Qaeda tutte le minoranze al di fuori di quelle arabo-sunnite venivano fatte a pezzi, i rapporti sono praticamente inesistenti, con il SNA le cose si fanno davvero diverse. Il SNA è un informe assembramento di varie milizie islamiche radicali ancora più estreme rispetto ad HTS. Sono direttamente controllate da Ankara ed occupano tutte le terre che nei vari anni, fino al 2019, sono state sottratte ai kurdi. Inoltre la Turchia certo non nasconde il suo obiettivo di prendersi tutto il territorio al suo confine e cacciare i kurdi dalle loro case; case che secondo i progetti di Erdogan, dovrebbero ospitare parte dei 4 milioni di siriani al momento ospitati in Turchia. Uno dei prossimi obiettivi del SNA sembra essere Menbij e possibilmente Tabqa, enclaves kurde a maggioranza araba ad ovest dell’Eufrate. Poi, se Ankara non cambia idea rispetto a quanto sempre sostenuto anche ufficialmente, dovrebbe essere la volta di ciò che rimane di Rojava nella regione del NES (North East Syria) in cui curdi hanno un peso determinante ma non sono maggioranza. Per ora i kurdi sono difesi dagli USA, ma si sa che tra l’elezione di Trump e l’affidabilità delle promesse americane, tutto potrebbe cambiare velocemente. Se si tratta di privilegiare i rapporti con Ankara o quelli con Qamishli (principale città kurda in Siria), credo non ci siano dubbi per chiunque governerà negli States; il fatto che ci sarà Trump per quattro anni non dovrebbe far dormire sonni tranquilli in Rojava.
Quanto poi alla presunta conversione di Al Jolani/Julani/Jowlani (le vocali in arabo sono spesso un’opzione…) alla moderazione, beh qualcuno potrebbe sollevare qualche dubbio o sospetto, forse varrebbe la pena rifarsi a precedenti accaduti negli ultimi anni, magari ricordandosi di quanto successo all’Iraq, alla Libia o l’Afghanistan, tanto per citare qualche eclatante esempio di rivoluzioni rivelatisi disastrose e risoltesi in un dramma per le popolazioni che si immaginavano ben altro destino. Ma anche se concedessimo a Jolani il ruolo che dice di assumere e gli credessimo, per quanto riguarda gli altri, cosa dobbiamo pensare? Qualcuno questi dubbi se li sta già facendo, tipo Israele che ha portato le sue truppe al confine, tra l’altro nella zona di demilitarizzazione, per paura che il suo supporto che ha contribuito al successo dell’operazione gli si ritorca contro considerando la totale inaffidabilità delle milizie islamiche.
Suscita peraltro qualche perplessità la faciloneria e la totale leggerezza con cui la CNN ha pensato di intervistare Al Jolani, uno a capo di HTS che l’occidente (USA in testa) continua ancora a considerare un’organizzazione terroristica e su cui pende una taglia di 10 milioni di USD! Qual è dunque stato il ruolo degli USA in questa operazione? E quali sono gli accordi segreti che ha dovuto prendere con la Turchia?
Come riuscirà HTS a soddisfare gli appetiti voraci di troppi attori che hanno avuto un ruolo, sia dal punto di vista locale che internazionale senza incorrere in errori che sono persino troppo facili da prevedere? E come farà a governare senza tenere conto che la gran parte delle sue truppe sono allo stesso tempo legate alla Turchia e ai suoi desideri ma allo stesso tempo convinte che il solo modello di governo sia il radicalismo islamico?
La pallina della roulette per ora continua a girare, vedremo dove deciderà di fermarsi.
Docbrino