Il cittadino ammalato non è una mucca da mungere più che da curare. Imperativo salvare la sanità dallo sfascio delle attuali politiche della Regione Fvg

Da molti anni stiamo assistendo ad un cambiamento dalla sanità pubblica a favore di quella privata accreditata. In teoria la sanità privata, se regolata adeguatamente, potrebbe essere da stimolo virtuoso a tutti gli operatori sanitari e portare una migliore offerta di salute ai cittadini, ma a patto che vi sia un controllo sulla distribuzione dei carichi di lavoro che non travalichi l’effettiva natura universale del servizio sanitario. Altrimenti si assiste non solo a una graduale richiesta diretta di partecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria, oltre a quella che già paga con le tasse, ma anche ad uno squilibrio drammatico nella qualità dei servizi fra abbienti (se non ricchi) e meno abbienti e non solo poveri . Compito della politica deve essere quello di mantenere entro limiti accettabili ma sempre con occhio di riguardo al potenziamento della sanità pubblica. Purtroppo nonostante ogni evidenza dimostri che per avere qualità nei servizi di cura e diagnostica occorre investire su strutture e personale al servizio della sanità pubblica, c’è chi predica bene e razzola male. In sostanza dice a parole di essere per il rafforzamento della sanità al servizio di tutti, ma poi agisce più o meno palesemente, per non far funzionare il sistema costringendo così i cittadini a ricorrere alla sanità privata. Un volano pericolosissimo che rischia di vedere le possibilità di cura ridursi quasi diventando un lusso. Eppure basterebbe guardare oltre il proprio naso, mettendo da parte interessi più o meno leciti, per capire che non si può inserire la logica del profitto ad un sistema che deve garantire la migliore salute possibile ai cittadini. L’esempio l’abbiamo sotto gli occhi, sia localmente, con il peggioramento progressivo che le politiche in tema sanitario nella nostra regione hanno generato, sia a livello nazionale che internazionale. Nei giorni dell’epidemia ad esempio si è parlato anche in generale del tema dell’organizzazione sanitaria italiana, e spesso lo si è fatto confrontando il sistema vigente con il resto dell’Europa e con la sanità statunitense. La Sanità italiana, secondo uno studio della Fondazione Gimbe del 2018, pur nelle differenze dei parametri selezionati, risulta sempre prima in Europa, o al massimo seconda dopo la Spagna e comunque ai primi posti al mondo. Ovviamente questo è uno studio statistico che comunque, almeno fino al 2018, registrava una zoppicante tenuta del sistema. Ma secondo Bloomberg, sempre nel 2018, la patria della sanità privata, gli Stati Uniti, erano al 54° posto nella classifica sulla qualità e disponibilità verso i cittadini. Qual è la differenza tra i due sistemi? Il sistema europeo trova nello Stato sociale, o nel Welfare State, non un elemento di forza tra tanti, ma la sua identità fondativa, sia in termini nazionali che europei. E dedica particolare attenzione ai sistemi di assistenza ai cittadini, o almeno dovrebbe farlo, finche alcuni personaggi politici non intervengono per demolire il sistema e portare verso altri lidi. Non vogliamo pensare male, ma è evidente che vi sia una commistione, speriamo solo di natura ideologica e non anche economica, con certi ambienti che vedono il cittadino ammalato come una mucca da mungere più che da curare. Il tentativo che oggi incredibilmente in Fvg si è palesato nelle surreali dichiarazioni dell’assessore alla salute Riccardo Riccardi è quello di americanizzare il sistema sanitario e lo si fa in maniera subdola. Per volontà o incapacità si rende inefficiente il sistema, mettendo ad esempio gli uomini sbagliati ai posti chiave,  così da generare l’esigenza di appaltare servizi alle strutture private che incassano bei soldoni dai cittadini ma soprattutto dai fondi pubblici, Fond che così diventano indisponibili per il rafforzamento di strutture o, banalmente, per pagare di più e meglio il personale sanitario rendendo attrattiva l’offerta del pubblico rispetto al privato. Oggi è invece, guarda caso, il contrario. Di ieri sul tema sanità le dichiarazioni del segretario regionale del Pd Cristiano Shaurli che non solo centra il problema ma che evidenzia la sfrontatezza con la quale l’assessore Riccardi sta affrontando le difficoltà delle strutture dopo averle generate, volontà politica che come FriuliSera da anni denunciamo: “Le capriole dell’assessore Riccardi sulla sanità privata, afferma Shaurli, assumono sempre più i toni della commedia grottesca. Non riesce più a gestire lo sfascio della sanità regionale ed ecco che la ‘colpa’ sarebbe del centrosinistra che ha puntato troppo sulla sanità pubblica e l’ha ‘ingolfata’ di servizi da dare ai nostri cittadini. Ogni giorno allarmi, fuga di personale, continui disagi per utenti: ed ecco che Riccardi ‘risolve’ tutto rivolgendosi ai privati. Ovviamente nemmeno prende in considerazione di migliorare la sanità pubblica, di aiutarla a crescere e a dare le risposte che i cittadini si attendono. Sarà, come dice lui, una ‘idiozia’ anche questa?”. “Un giorno le decisioni devono prenderle i tecnici, come per la Centrale unica, il giorno dopo – incalza Shaurli – è colpa del Governo oppure siamo sotto il tiro del Veneto leghista e quindi sarà il privato a risolvere i problemi. visto che Salvini è in regione e le criticità non Dipendono mai da Riccardi o Fedriga occupino il loro tanto tempi libero per capire – conclude il segretario dem – se le promesse fatte in felpa di riaprire tutto a Gemona, Cividale ecc. erano solo bieca campagna elettorale”. Parole condivisibili, certamente, anche se, occorre ricordarlo per onestà intellettuale una parte dei processi negativi iniziarono anche dalla cosiddetta riforma Serracchiani. Inizio allora quell’indebolimento (in una semplice logica di risparmio di spesa e non come ideologica scelta verso il privato però) che da piccola falla è diventata, nelle mani di Riccardi e Fedriga,  uno tsunami che rischia di travolgere il sistema sanitario regionale. Tornando al paragone con gli Usa vi sono studi approfonditi, anche degli stessi americani, che dimostrano l’iniquità del loro  sistema che qualcuno, evidentemente, vorrebbe anche per il nostro paese. Il diritto americano viene spiegato dagli esperti, anche in tema sanitario (e non solo)  offre aiuti e sconti ai più ricchi, sotto forma di impressionanti riduzioni fiscali. Un sistema giuridico al servizio del più forte, al funzionamento del quale (per via della sostanziale regressività del sistema fiscale) egli contribuisce poco, ma di cui fa ampio uso ai danni del più debole. Chi più ha, infatti, più si rivolge al diritto e alle sue istituzioni per ottenere tutela dei suoi averi, a differenza di chi non ha nulla e non può o non ha le capacità e conoscenze per farlo. In sostanza invece di un sistema sanitario pubblico, abbiamo un sistema privato a scopo di profitto per individui abbastanza fortunati da permetterselo, e uno sgangherato sistema di assicurazione sociale per i fortunati che hanno un lavoro a tempo pieno. Per i più poveri manco quello e alla fine quanto  che nella narrazione comune  è sempre stata considerata una esagerazione: “se non hai a carta di credito ti lasciano morire su un marciapiede” è diventata una realtà nonostante il nobile tentativo del presidente Obama invertire la tendenza. Ma in ogni caso tutto molto lontano dalla concezione europea e italiana che fin qui ha guidato il sistema di assistenza alla salute delle persone. Finchè ovviamente tanti piccoli o grandi Riccardi non l’avranno vinta. La mobilitazione per evitarlo è assolutamente imperativo categorico, magari in una logica politica allargata da “cnl” perchè quando in gioco ci sono diritti fondamentali è sempre la libertà ad essere a rischio.