Jorit Agoch celebra Massimo Troisi in un murale a San Giorgio a Cremano

Il 19 febbraio scorso è stato presentato a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, questo vasto ed articolato murale dedicato all’indimenticabile Massimo Troisi. La data d’inaugurazione e l’ubicazione non sono casuali: in quel giorno l’attore prematuramente scomparso avrebbe compiuto 64 anni, e San Giorgio a Cremano era il suo paese natale.

Il murale, che si trova sul Palaveliero di via Galdieri, è stato fortemente voluto dai sangiorgesi, desiderosi di ricordare il loro celebre compaesano, e fa parte di un’iniziativa denominata “Premio Massimo Troisi 2017”, che prevederà svariati eventi nonché la realizzazione di altre opere artistiche tutte dedicate a Troisi. Il sindaco Giorgio Zinno e i cittadini auspicano che la cittadina possa diventare una sorta di museo a cielo aperto a lui dedicato. L’opera reca la firma dello street artist Jorit Agoch, famoso a livello nazionale ed internazionale. Jorit nasce anche lui nel Napoletano, presso Quarto, da papà italiano e mamma olandese, e comincia ad esprimersi come graffitaro durante l’adolescenza. Nel corso degli anni, questo artista cresce e sviluppa una peculiare artisticità, estremamente legata a istanze proprie del realismo. Predilige i volti umani, che riproduce con sapiente maestria nonché dotandoli di una forte connotazione emozionale. Il suo interesse è rivolto soprattutto all’umanità, più specificatamente a quel senso di unione, comunione e fratellanza che lega gli uomini: i suoi ritratti fanno tutti parte di una grande e sconfinata “human tribe”, la tribù umana alla quale tutti noi apparteniamo. Agoch vuole in un certo senso cancellare ciò che ci divide e ci allontana, rendendoci nemici, per dare al contrario rilevanza a ciò che ci accomuna: la nostra essenza umana. Il murale che celebra Massimo Troisi non fa eccezione: si compone di quattro parti, ossia tre scene tratte da altrettanti suoi famosi film, racchiuse entro una pellicola cinematografica terminante in una bobina, più, accanto a quest’ultima, un ritratto dell’attore e regista.

Due dei fotogrammi ricordano la genuina comicità di Massimo, inseparabile dalla sua verace napoletanità. Possiamo ammirare un fermo immagine tratto dal suo primo film da regista e da attore intitolato Ricomincio da tre, del 1981, dove interpreta un giovane che fugge dalla monotonia familiare nella quale è intrappolato – proprio a San Giorgio a Cremano, peraltro – per approdare a Firenze, dove troverà un (controverso) amore ma anche una ventata di novità. Jorit Agoch ha rappresentato l’esilarante scena in cui Massimo discute con l’amico Lello (interpretato da Lello Arena) di miracoli facili e miracoli difficili: nel lungometraggio il padre di Troisi è monco di una mano e prega sperando nel miracolo della ricrescita. Lello Arena lo definisce un miracolo difficile in quanto comporta la ricrescita dell’arto, ma Troisi dissente affermando che non è possibile suddividere i miracoli in facili e difficili, come se i primi potessero destare solo un blando stupore mentre i secondi una sconfinata meraviglia.

Nella seconda – divertentissima – scena appare anche Roberto Benigni: è presa dal film Non ci resta che piangere del 1984, una perla del cinema comico italiano. I protagonisti sono due amici, un maestro (Benigni) e un bidello (Troisi) che lavorano nella stessa scuola e si ritrovano catapultati nell’anno 1492, nell’immaginario paese di Frittole. In questa folle avventura – in cui cercano di fermare Cristoforo Colombo in procinto di scoprire l’America e conoscono addirittura Leonardo da Vinci – c’è un momento di altissima comicità, che Agoch ha qui dipinto. I due si accingono a scrivere una lettera al “Santissimo” Savonarola pregandolo di salvare il loro nuovo amico Vitellozzo che è stato arrestato, tentando in tutti i modi di mostrarsi umili e rispettosi nei confronti del frate. La verve di Troisi si sposa alla perfezione con quella di Benigni in un duetto che risulta spassoso ed assurdo, ma soprattutto indimenticabile.

La terza scena che lo street artist ricorda nel suo murale cambia invece del tutto registro approdando al romanticismo de Il postino, datato 1994. Fu l’ultimo lavoro del poliedrico Troisi, che morì subito dopo le ultime riprese – per questo è considerato il suo film-testamento nonché un indiscusso capolavoro. Tratto dal romanzo Il postino di Neruda dello scrittore cileno Antonio Skàrmeta, racconta di Mario, anima semplice che ha il volto di Troisi, il quale consegna la posta al poeta Pablo Neruda (Philippe Noiret), che è in asilo politico in un isola del Sud Italia dove Mario è nato e vive. I due, nonostante la distanza culturale ed intellettuale, scoprono di possedere la medesima sensibilità poetica e diventano amici. Mario si innamora della stupenda Beatrice (interpretata da Maria Grazia Cucinotta) ma fatica a comunicarle ciò che prova; Neruda viene in suo aiuto, e grazie alle sue poesie Mario riesce a conquistarla. Agoch ci trasporta nelle malinconiche e sognanti atmosfere della pellicola, permettendoci di ammirare il bacio tra Mario e Beatrice, quello che suggella la loro passione.

Il murale di Jorit Agoch è un’esplosione di vitalità, simbolo di quella “tribù umana” che egli ha scelto di narrare attraverso le sue opere. Non celebra solamente Massimo Troisi, un artista a tutto tondo del quale sentiamo e sentiremo sempre la mancanza: quest’opera esalta anche i lati migliori dell’essere umano. La divertente ed intelligente comicità capace di rischiarare le tenebre, la risata liberatoria capace di ricordarci che siamo qui anche – e soprattutto – per essere felici divertendoci. Ma anche la passione amorosa, un delicato afflato poetico che esplode con violenza quando lega due esseri umani l’uno all’altro. Massimo Troisi ci ha regalato un fondamentale manuale di sopravvivenza fatto di sketch, battute e sentimenti, indispensabile per districarci in questo assurdo mondo. Jorit Agoch ci ricorda tutto questo nel suo lavoro caratterizzato da un estremo realismo: gli indimenticabili personaggi interpretati da Troisi, Arena, Benigni e Cucinotta, sembrano uscire dal muro, mescolandosi alla nostra vita quotidiana e raccontandoci l’umanità, la vita e le emozioni, che prendono forma sui loro volti.

Di Francesca Plesnizer

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