La difficoltà della sanità del Fvg è sotto gli occhi di tutti, certificata o meno dall’Istituto Sant’Anna di Pisa

Dopo la divulgazione dei risultati di performance 2021 raccolti dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, non certo lusinghieri per la sanità del Fvg, le polemiche sono state cocenti. Poi ieri  la “diplomatica” mezza marcia indietro della rettrice del Sant’Anna, Sabina Nuti, che rischia di aver alimentato l’incendio che forse  voleva spegnere. La rettrice, nella nota stampa, ha spiegato, quasi delegittimando il suo stesso studio, che il report non si presta ad essere utilizzato come una “pagella”, ma rappresenta uno strumento di lavoro per gli operatori del sistema sanitario. Insomma si lancia il sasso e si nasconde la mano. In realtà, è verità che la sanità del Fvg non è tutta da buttare, e del resto nessuno ha mai detto il contrario, ma le criticità sono spesso drammatiche e, poco importa, se in altre regioni si fa peggio o meglio. Il metro di valutazione non è quello, inoltre molti non hanno capito che il fatto che lo studio riguardi 10 regioni non ne inficia la validità comparativa perchè, in realtà, la logica dei diagrammi “bersaglio” che caratterizza lo studio, riguarda il raggiungimento di obiettivi specifici ed il raffronto fra regioni non è l’elemento centrale della metodologia. Diciamo poi che non sarebbe neppure servito lo studio perchè è ormai patrimonio pubblico che i tempi per accedere a prestazioni e cure nella nostra regione sono molto spesso intollerabili per chi sta male e, in tanti casi, rischiosi per la salute e la qualità di vita dei pazienti che si vedono trattare le patologie o la diagnostica,  in tempi fuori dalla logica e anche dalle stesse tempistiche previste ufficialmente dalla Regione come si può chiaramente vedere dalla locandina riportante i “limiti di tempo massimo per l’erogazione delle prestazioni”. Locandina  che si trova affissa negli studi medici e nei reparti ospedalieri riporta una tempistica che nella maggioranza delle prestazione sembra una vera presa in giro. . . Questa è una verità palpabile parlando con malati ed operatori della sanità sempre più frustrati e stanchi di un sistema che sta peggiorando amplificano i problemi anziché risolverli e questo, chiamatela strumentalizzazione o meno e fatto gravissimo. Così una visita cardiologica urgente che dovrebbe essere effettuata entro 72 ore, quando va bene, viene calendarizzata anche a 15 giorni di distanza, sempre che il paziente sia in grado di migrare in strutture lontane dalla propria residenza, magari convenzionate. Per non parlare poi degli interventi oncologici o della assistenza ad alcuni malati cronici. Del resto basta chiedere alle persone, non servono blasonati istituti di ricerca, ma quando, una volta tanto, la vox populi coincide con gli studi, è notizia non certo strumentalizzazione, nella consapevolezza che la situazione è certamente complicata da criticità multi fattoriali, ma che vede la gestione politica della sanità regionale è la principale imputata, anche perchè i top manager e il loro grancapo assessore, sono tutti ripiegati su se stessi, impegnati a difendersi e magari a farsi i “dispetti”. Sembrano l’orchestrina sul Titanic co la differenza che il “capitan Riccardo”  non ha nessuna intenzione di affondare con la nave perchè somiglia più a Francesco Schettino che a  Edward John Smith. Ma ironia a parte, tornando allo studio del sant’Anna che vede il raffronto fra le singole regioni essere solo un pezzo dello studio e probabilmente il meno rilevante, quello che conta è il fatto che alcuni degli indici più importanti sono fuori “bersaglio” proprio sulla base dei dati forniti dalla Regione che, quindi,  non può dire di non sapere, dati di cui invece i top manager sembrano scoprire la drammaticità della situazione dopo esserseli visti sbattere in faccia dall’istituto di ricerca. Certo vi sono parametri anche nella media e qualcuno nell’eccellenza, nessuno ne sminuisce la valenza. Si può amplificare il peggio e tacere sul meglio o fare le piroette, come sembra fare oggi l’istituto Sant’Anna (o meglio la sua rettrice) che teme evidentemente di aver scontentato uno dei committenti. Perchè, quello che pochi sanno, è che le regioni aderenti al sistema dello studio dell’istituto sono 10 perchè solo queste hanno pagato per essere monitorate. Una cifra, pare, di 30mila euro a regione che quindi l’Istituto non può permettersi di perdere anche solo come ipotesi remota futura. Da ciò probabilmente l’interpretazione più buonista, qualcuno l’ha definita “consolatoria” verso l’assessore Riccardi. Intendiamoci questo nulla toglie alla bontà dello studio che è lavoro di vari ricercatori, ma si coglie nella parole della rettrice la voglia di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Così Sabina Nuti ha sottolineato che il sistema non “boccia” e non “promuove” nessuno e che non si presta per essere utilizzato come una “pagella”. Il sistema rappresenta uno strumento di lavoro per tutti gli operatori del sistema sanitario, che andrebbe citato con cautela per evitare strumentalizzazioni politiche. L’aver usato le parole “strumentalizzazioni politiche” però ci meraviglia, sembra più un luogo comune di basso profilo che una analisi di una valente cattedratica. Un sintomo di errata concezione e conoscenza delle dinamiche politiche sane  il rivendicare una sorta di primato dell’imparzialità che così diventa esso stesso parziale e strumentale a seconda di come si leggono, non tanto i dati, ma gli effetti della loro divulgazione che, visti da un lato o dall’altro degli emicicli consiliari, assumono dopo le parole della rettrice, valenza parziale e certamente meno autorevole. Un autogol dato che tutto ciò avviene con danno evidente della conoscenza dei temi affrontati e con il rischio che, cercando di rimanere in precario equilibrio sulla corda, cercando di non scontentare nessuno, si finisce per rischiare di perdere l’autorevolezza conquistata nel tempo. Tutto si riduce a schermaglia, per far prevalere qualcuno o non scontentare nessuno. Il rischio è che così il contenuto di uno studio, e soprattutto di quelli futuri, perda utilità. Quando si ha la preoccupazione di non disturbare il timoniere protempore dell’azione politica si rischiano inciampi e si rischia di far prevalere una sorta di aspetto agonistico. Meglio sarebbe stato non commentare, perchè emettendo quel comunicato si è data l’impressione di schierarsi nell’ipotesi, evidentemente, che la politica sia solo strumentalità. La politica, la buona politica, dovrebbe essere conoscenza, analisi, buona attività di governo e di opposizione, buona amministrazione, progettazione economica-sociale-culturale, ecc. ecc. A patto però che non ci siano certi personaggi senza scrupoli nella stanza dei bottoni adusi a mandar bulleschi messaggi “trasversali”.