La lingua di Fedriga
Si è tenuta lo scorso 26 aprile la seduta inaugurale della XIII legislatura del Consiglio Regionale del Friuli-Venezia Giulia sulla base del risultato della consultazione del 2-3 aprile. La cerimonia prevedeva non solo l’ insediamento del Presidente e dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio stesso ma anche il giuramento dei consiglieri eletti sulla base di una precisa formula definita dall’art.17 dello Statuto Regionale che così recita: “Prima di essere ammessi all’esercizio delle loro funzioni, ciascun consigliere regionale presta giuramento, secondo la seguente formula: Giuro di essere fedele alla Repubblica e di esercitare il mio ufficio al solo scopo del bene inseparabile dello Stato e della Regione”.
Si tratta quindi di una incombenza di carattere costituzionale che negli ulteriori particolari è definita dal regolamento del Consiglio. Questo prevede l’obbligatorietà dell’uso della lingua italiana e la facoltà di ripetere il giuramento in lingua friulana, slovena e tedesca qualora il consigliere ritenga di appartenere ad una di queste minoranze linguistiche. I testi nelle quattro lingue, di cui tre sono quindi traduzioni ufficiali, vengono consegnati al consigliere che ad essi deve attenersi. Per “sicurezza” ogni consigliere deve firmare il testo in lingua italiana e consegnarlo agli addetti. Innovazione questa piuttosto interessante visto che ai miei tempi ci si fidava della parola.
Le norme regolamentari sul giuramento si sono accavallate nel corso delle legislature ed a me piace ricordare che tale pluralità linguistica ebbe inizio nel 1978 quando su invito dell’AIDLCM (Associazione Internazionale delle Lingue e Culture Minacciate) in quattro consiglieri (Democrazia Proletaria, Movimento Friuli, Unione Slovena) giurammo anche in friulano e sloveno con propria autonoma traduzione. Credo quindi, per meriti alfabetici, di essere stato il primo a farlo, perlomeno in friulano. Quel tentativo andò a buon fine, anche grazie all’effetto sorpresa, e trova riscontro nei volumi degli atti consiliari. Così non fu peraltro due anni dopo (1980) quando tentai di intervenire in friulano nella dichiarazione di voto sulla “fiducia” alla nuova Giunta Comelli: il Presidente del Consiglio interruppe l’intervento e la seduta, e dopo una immediata riunione dei Capigruppo mi negò la possibilità di farlo pur con la contemporanea distribuzione ai consiglieri del testo in italiano. Anche in questo caso le tracce si trovano negli Atti consiliari.
Tutto è bene quel che finisce bene. Negli anni il giuramento plurilingue venne sempre più tollerato ed in seguito, anche grazie alle leggi statali in materia di minoranze linguistiche, le lingue riconosciute nel territorio del F-VG sono diventate praticabili (sia pure con limitazioni tecniche ed un uso non “giuridicamente” vincolante) anche nel corso della normale attività consiliare.
Pur tuttavia la seduta inaugurale della XIII legislatura segnala una novità interessante di carattere politico istituzionale: il giuramento quadri lingue del Presidente della Regione Massimiliano Fedriga (oltre a quello del consigliere Mazzolini che, proveniente dal Tarvisiano, immagino volesse segnalare proprio la particolarità linguistica di quel territorio). Non una personale caratterizzazione, ma per il Presidente, peraltro proprio nel sessantesimo anniversario della sua emanazione, si è trattato di una formale definizione dei contenuti dell’art.3 dello Statuto di Autonomia Speciale: “Nella Regione è riconosciuta parità di diritti e di trattamento a tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e culturali”.
La esternazione di Fedriga esce inoltre rafforzata dai giuramenti plurilingui della maggioranza degli stessi consiglieri regionali che hanno coinvolto gran parte delle forze politiche presenti in Consiglio, compresi quattro consiglieri di Fratelli d’Italia.
C’è da sperare quindi che il nuovo Consiglio regionale e l’esecutivo perseguano più efficacemente tutti i temi connessi alla valorizzazione dei nostri patrimoni linguistici con una pratica di sostanza della parità di cui si parla all’art.3 dello Statuto. Ed inoltre appare necessario anche che si apra una trattativa con lo Stato per un più adeguato inserimento nelle leggi elettorali per il Parlamento di modalità specifiche per interpretare meglio nelle rappresentanze politiche le pluralità linguistiche presenti.
I problemi che oggi ha davanti a sé la Regione F-VG sono molti e vedono visioni immediate e di prospettiva certamente non concordi tra le forze politiche, ma un segnale positivo di possibile unità d’azione nel perseguimento dei diritti linguistici non va buttato via.
Giorgio Cavallo