La politica dopo la ricreazione

Draghi è ormai saldamente in sella e può dedicarsi ai suoi giochi di potere con la tranquillità che tutto quello che tocca luccica come l’oro. Salvo sfighe imprevedibili alla fine riuscirà a vaccinare gli italiani partecipando in diretta al nuovo reality “la caserma”.
Ma il governo Draghi non sarà solo una specie di ricreazione dopo la quale potrà riprendere la vita di prima. Certo si tornerà a sciare e al ristorante, gli alunni delle superiori dovranno inventarsi qualcosa per non andare a scuola il giorno del compito in classe, le “Happy Hours” con l’aperitivo spopoleranno anche a Tomba di Mereto, ma ci si accorgerà che alcune cose sono profondamente cambiate. E già da prima della pandemia. Così come avviene in occasione di ogni momento traumatico di rottura.
Le vittime di cui celebriamo le esequie sono: la democrazia, lo stato-nazione, il mantra del mercato, il valore assoluto della vita. Qualcuno potrà preoccuparsi, ma la posta in gioco è talmente alta che nessuna società potrà permettersi di fare le spallucce.
La democrazia è un sistema di relazioni finalizzate ad assumere scelte e decisioni condivise compatibili con principi di riferimento che la comunità politica si è data, generalmente con Costituzioni. Se il sistema non è in grado di produrre decisioni di interesse generale significa che quella democrazie è vuota, da eliminare o da cambiare. Di ciò si è generalmente consapevoli ma si continua a cercare soluzioni semplici e rapide. Pestando acqua sporca nel mortaio.
Lo stato-nazione è il luogo storico della sovranità: se questa sfugge, o per dominio di altri o perché le questioni da affrontare non attengono più a quella dimensione, vuol dire che lo stato diventa amministrazione subordinata. Non è roba da buttar via ma è forse il caso di pensare alle nazioni da salvare senza finire nell’asfissia della macchina dello stato.
Il mercato libero infinito, purtroppo base fondativa dell’attuale UE, celebra nei vaccini e nelle mascherine il suo fallimento per i cittadini (non certo per le Big Pharma) e chiede una lettura nuova dell’economia. L’invettiva di Manon Aubry, deputata montagnarda alla “convenzione” di Strasburgo, non chiede solo la testa di Ursula Van der Leyen ma una rifondazione dell’UE su valori umani e non sugli interessi delle lobbies.
Che il valore della vita non sia più un riferimento assoluto è un po’ la triste lezione che abbiamo imparato dalla pandemia: bisogna saper mediare tra i morti Covid e le necessità dell’economia. Se poi ci si salva facendo incetta di vaccini, in un folle colloquio tra stati e produttori senza pensare agli altri, il sospiro di sollievo dovrà fare i conti con l’intelligenza del virus.
Draghi non ha alcuna responsabilità in tutto ciò, tranne quella di essere stato un custode intelligente della mano invisibile su cui è oggi fondata l’Europa. E’ chiamato a sancire la fine di una epoca e ad avvertirci che se vogliamo un mondo diverso dobbiamo aguzzare il cervello e darsi da fare.
Questa democrazia ormai ridotta a minuetti convenzionali non è l’unica possibile ed un mondo complesso come quello attuale deve saper esprimere una capacità umana diversa da quella di chi va svogliatamente a votare.
Il fallimento dello stato-nazione può diventare una buona occasione se una nuova UE riuscirà ad andare aldilà di un puro trasferimento di poteri e dal fare il cane da guardia delle privatizzazioni. Spetta ad essa ridare fiato alla capacità dei territori di auto amministrarsi ed alle nazioni (ufficiali o meno) di diventare produttrici di senso interpretativo della realtà e non di braccio armato di una sovranità scomparsa.
Rimane il valore del rispetto della vita che, in un continente tutto cristiano, non dovrebbe essere nemmeno in discussione e basarsi su fondamenti sociali ed economici che permettano di praticare decentemente tale principio. Quando qualcuno parla di un nuovo umanesimo spero si riferisca anche a questo.
La politica quindi non può andare in vacanza: lavoro per il futuro non ne manca. Se i partiti non ce la faranno abbiamo sempre le piattaforme o i generali.

Giorgio Cavallo