La scoperta dell’acqua calda: la guerra si fa con le armi
Il filmato che mostra una treno merci in transito alla stazione di Udine con una ventina di semoventi “M109” muniti di cannoni da 155 mm, ha destato sorpresa e sconcerto, almeno così è raccontata la notizia dai media per non parlare dei social, ormai sempre più simili al “rutto” libero di fantozziana memoria. Facciamo chiarezza, quei mezzi che con malafede da parte di qualcuno, o semplice ignoranza da parte di altri, vengono chiamati “carri armati”, in realtà sono “semplice” artiglieria se pur semovente. La differenza non è da poco, in pratica non possono sparare in movimento e non hanno torretta mobile. Certo sono pur sempre macchine di morte ma non esiste conflitto armato, che non sia portatore di uccisioni e lutti. Nelle logiche militari quei semoventi sono considerati armi “difensive”, sempre che questa accezione abbia un reale senso. Inoltre quegli M109 sono mezzi obsoleti con scarsa corazzatura (in pratica sono molto vulnerabili e resistono solo alle armi leggere o poco più) sono residuati degli anni 60/70 che l’esercito italiano aveva dismesso da tempo ma ovviamente messi in magazzino in attesa di esportazione. Già una decina sono stati in passato forniti a Gibuti, mentre 220 M109 equipaggiati con una cannone da 155 mm/39 di produzione OTO Melara con gittata da 24 km, dovevano essere venduti, udite udite, al Pakistan. Ma l’amministrazione Usa su richiesta del Pentagono (presidente di allora era Donald Trump) oppose il veto alla cessione per ragioni geopolitiche dato che non era chiaro l’effettivo coinvolgimento di Islamabad con i talebani. Ma in realtà un centinaio di cannoni semoventi finirono lo stesso al Pakistan prima che la “fornitura” venisse bloccata. Ora questi “avanzi di magazzino” vengono spediti all’Ucraina dove per diventare operativi dovranno essere revisionati.