La sicurezza partecipata del Comune di Udine, è pericolosa burla di carnevale? No, purtroppo varato protocollo “chiacchiere e distintivo”

L’annuncio cade nei giorni di Carnevale, ma temiamo ci sia ben poco da ridere, anche se la speranza di un ravvedimento e che tutto finisca in una burla sarebbe auspicabile. “Udine punta anche sui cittadini per ampliare il senso di sicurezza e di benessere della città” e per farlo, la giunta di Felice De Toni,  non trova di meglio che varare un protocollo, ora in firma presso la Prefettura, che delinea le basi del progetto “Sicurezza Partecipata”. Il piano, ci fa sapere con una nota l’assessora alla Sicurezza Partecipata Rosi Toffano,   prevede di fatto un allargamento della possibilità di segnalazione alle forze dell’ordine di alcune situazioni specifiche, senza carattere d’urgenza, grazie al coinvolgimento di cittadine e cittadini appositamente selezionati e preparati. Insomma quello che dovrebbe essere compito civico di qualsiasi cittadino, diventa appannaggio di piccoli volontari  “graduati”. Un tempo saggezza popolare metteva in guardia dai “caporalmaggiori” e affermava non senza ragione, che basta mettere sulla testa di qualcuno un “cappello” (segno distintuiivo di una qualsiasi forma di presunta  autorità) per creare disastri ed amplificare, anzichè sopirli, conflitti sociali e ingiustizie.  Quello che stride oggi  è che a fare questa scelta è il Comune di Udine amministrato dal centrosinistra.   Ma vediamo dalla stessa descrizione dell’assessora Toffano di cosa stiamo parlando: “l’approvazione del protocollo della “Sicurezza Partecipata, dice,  è una tappa molto importante per la nostra città, frutto di un lavoro corale che ci ha visti molto impegnati negli scorsi mesi, sin dal primo giorno dal nostro insediamento. Riteniamo – ha commentato sempre  l’Assessora alla Sicurezza Partecipata Rosi Toffano – che la partecipazione dei cittadini sia la risposta più concreta ed efficace alla sempre crescente sensibilità sul tema della sicurezza, soprattutto nei quartieri. Per questo motivo sono necessari ruoli definiti e regole chiare, che il protocollo certamente contiene”, spiega in maniera autoreferenziale l’Assessora Toffano. All’interno del documento, un protocollo siglato con la Prefettura, sono esplicati l’ambito d’azione dei cittadini e le figure preposte alla “Sicurezza partecipata”. All’attività di osservazione dei quartieri saranno deputati i cittadini e le cittadine referenti che si occuperanno di segnalare, tramite i canali previsti, alcuni casi specifici, in ogni caso senza la possibilità di intervenire con iniziative personali. Il servizio non intende sostituirsi al numero di emergenza unico che deve essere sempre il primo riferimento in caso di urgenza. Il ruolo di osservazione e segnalazione è limitato solo a casi di sospetto spaccio di sostanze stupefacenti o di bullismo, a situazioni di disturbo della quiete pubblica, davanti ad atti vandalici o presunto utilizzo indebito di spazio pubblico, come anche di fronte a ostacoli pericolosi sulle vie di comunicazione o a veicoli che si sospettano rubati. Guardando bene alle specifiche, peggio ci sentiamo, e già immaginiamo casi di ingiustificato “procurato allarme” basati sul modo di vestire o sui pericolosi ttegiamnetio confabulanti di ignori passanti. Ad essere imbestiliti dovrebbero essere fra l’altro i veri tutori dell’ordine che rischiano di doversi trovare dinnanzi a strampalate richieste d’intervento. Per non parlare di cosa vuol dire “cittadini” appositamente selezionati, sarebbe  legittimo chiedere selezionati sulla base di quali principi.  I Referenti di quartiere, individuate le “magagne” o presunte tali,  spiegano dal Comune potranno riferire ai Coordinatori di quartiere, figure individuate tra i referenti, ai quali spettano i rapporti con i responsabili dalla Polizia Locale, delle forze di Polizia di Stato, del Comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri, o del Comando provinciale della Guardia di Finanza”.

“Sia i Referenti che i Coordinatori previsti dal protocollo saranno sottoposti a un’adeguata formazione, in modo da poter discernere cosa segnalare e come procedere nei casi opportuni”, ha spiegato Toffano. Una missione impossibile, come potrà confermare qualsiasi vero tutore dell’ordine che conosce il mestiere e sa quanto tempo ci vuole per acquisire quella sensibilità necessaria ad evitare di creare più problemi rispetto a quelli che si vorrebbe preveniere. Ma per la Toffano basteranno i corsi di formazione: “Questo è fondamentale per fare in modo che i dovuti approfondimenti sulle singole casistiche si rivelino fruttuosi e si traducano in un effettivo vantaggio per la sicurezza e il benessere dei cittadini”. “Non è concesso – chiarisce in conclusione l’Assessora – che il ruolo dei cittadini sconfini in alcuna forma di pattugliamento, né collettivo né individuale. Questo anche per garantire la sicurezza di tutti”. I cittadini e le cittadine referenti saranno selezionati da una commissione ad hoc composta dal Comandante della Polizia locale, dall’ufficiale responsabile dei quartieri e da uno psicologo nominato dall’Amministrazione comunale. Dopo essere stati selezionati, prenderanno parte a un approfondito corso di formazione, al termine del quale è prevista una prova conclusiva, che attesterà l’effettiva conoscenza dei compiti che sono chiamati a svolgere e la loro idoneità. Il progetto di “Sicurezza Partecipata” prenderà ufficialmente il via, spiega sempre la Toffano,  quando anche il documento con le indicazioni operative (il vademecum) sarà approvato, insieme all’Avviso di selezione della Polizia locale rivolto ai cittadini. Dopo la partenza effettiva del progetto, il protocollo sarà oggetto di un periodo di sperimentazione di sei mesi, al termine dei quali verranno analizzati i dati e saranno valutate eventuali modifiche o aggiunte migliorative. Insomma nella migliore delle ipotesi si crea una farraginosa macchina che appesantirà la polizia locale, il tutto per creare una  inutile anomala scala gerarchica che,  nella peggiore delle ipotesi, rischia di generare qualche mini sceriffo e tanti potenziali delatori. In ogni caso parlare di sicurezza partecipata appare ridicolo e pericoloso. Una scelta securitaria per ora più chiacchiere che distintivo, degna della peggiore destra, speriamo in un ravvedimento e che rimaga solo propaganda.

 

Svolta securitaria a Udine in continuità con la destra , arrivano le “sentinelle” di quartiere. Non ronde, ma semplici “delatori”