Lavoro stagionale e giovani: basta bugie
“Ti penso ma non ti cerco”, frase di Bukowski, rappresenta perfettamente il mio rapporto con la ristorazione. Un rapporto che si è interrotto per assenza di prospettive positive nel settore. Un settore che da sempre (e ancor di piú oggi) richiede agli operatori di sacrificare la propria vita e la propria salute all’altare dell’occupazione.
Come ogni anno, tradizionale come il presepe a Natale, ritorna la polemica sulle posizioni di lavoro stagionale vacanti e sui giovani che non vogliono lavorare. Prima di addentrarci negli stereotipi e nei luoghi comuni cerchiamo brevemente di capire come funziona il lavoro nella ristorazione.
Nella ristorazione non esiste il cartellino. La maggior parte dei salari si basa su un pre-accordo: “ti do X€ al mese e non guardiamo l’orologio”. Festivi, straordinari, notturno non sono riconosciuti. I turni, specie per gli stagionali, sono massacranti (anche 13/14 ore 7/7 o per i fortunati mezza giornata di riposo). I sindacati non esistono se non formalmente per firmare il rinnovo dei Ccnl. Difficile anche creare partecipazione sindacale vista l’estrema precarietà del lavoro e l’enorme divisione dei lavoratori (tantissime aziende con pochi lavoratori ognuna, dà difficoltà a creare rete anche se grazie ai social qualcosa sta cambiando).
Andiamo ora a smentire alcuni luoghi comuni. 1) i giovani non vogliono più lavorare e sacrificarsi FALSO. Avete mai notato che “i giovani sono tutti scansafatiche e senza valori” tranne, ovviamente, i propri figli e nipoti che invece hanno padroni cattivi o sfortuna? Vorrei inoltre ricordare che in stagione possono lavorare anche gli over 50 quindi se mancano figure professionali la responsabilità non può essere data ai soli under 30. Io sono però felice se i giovani alzano la testa dicendo NO ai lavori sottopagati, dove vige insicurezza e sfruttamento. Sono felice che i giovani dicano “senza diritti il lavoro è solo sfruttamento”. Dovrebbe essere un vanto per la generazione che ci ha educato perché, sembra assurdo ricordarlo, la costituzione , all’art 36 dice che ” Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. 2) i giovani non vogliono lavorare per l’ “effetto divano” dovuto al RdC. FALSO Come sappiamo il RdC è una misura che al massimo può dare 500€ a nucleo familiare (non alle singole persone) +280€ per l’affitto, secondo l’INPS la media è circa 580€/mese. Se il RdC è concorrenziale rispetto al salario, non è colpa del RdC ma del salario che, evidentemente, è troppo basso, direi da fame. Quindi se il RdC permette alle persone di rifiutare offerte di lavoro del genere, ben venga. Inoltre anche l’effetto divano è ormai stato smentito dai numeri. Secondo l’osservatorio sul precariato infatti tra maggio e luglio 2021 solo di stagionali abbiamo avuto 555mila assunzioni. 3) i giovani preferiscono lavorare in nero.
A giudicare da queste parole sembra quasi che siano i lavoratori a pretendere il nero contro il volere padronale. Mettiamo le cose in chiaro, non esiste nessun lavoratore che lavora in nero contro il volere dell’azienda. L’azienda è promotrice del nero. Perché risparmia in tasse, adempimenti burocratici. Al lavoratore in certi casi può andare bene, ma nella stragrande maggioranza dei casi lo subisce. Nella ristorazione il nero è endemico, è sistemico, non diamo la colpa ai lavoratori. 4) i giovani non vogliono lavorare eppure le aziende offrono anche 2000€ per 8 ore di lavoro e la domenica libera. Questi sono i tipici titoli di giornale che leggeremo nei prossimi giorni o sentiremo nei talk tra un virologo che ci spiega come risolvere il conflitto ucraino e un dj che ci spiega perché è giusto non vaccinarsi. Ma avete notato che sono sempre le offerte migliori ad essere scoperte? Tutti i giovani che lavorano per un salario da fame o non lavorano affatto sono così idioti da non andare dove offrono l’Eden del lavoro? Mi pare alquanto improbabile. Io vorrei chiedere a tutti questi giornalisti ,che rilanciano acriticamente qualsiasi parola degli imprenditori, se sono mai stati in una cucina o in una sala di ristorante a lavorare. Se hanno parlato con qualcuno degli operatori. Vorrei chiedere se hanno dei figli o dei nipoti o degli amici. Cosa direbbero se fossero loro ad essere così costantemente umiliati, criticati sui giornali? Perché diamo sempre voce a chi fa le proposte di lavoro e mai a chi, magari giustamente, rifiuta? 5) bisogna avere spirito di sacrificio, bisogna fare la gavetta e poi si sa che se vuoi fare il cuoco e il Cameriere devi accettare di lavorare anche 12 al giorno. Nessuno è contro la gavetta. Ma gavetta non significa lavoro gratuito, sottopagato senza orari, senza diritti e, spesso, senza contratto. Esiste già il contratto di apprendistato per la gavetta.
Ma la cosa peggiore è la mentalità sociale che vede come cosa giusta, come parte del lavoro il fatto di lavorare 12 ore sottopagati e senza diritti. E questa mentalità viene impressa dai professori già dalle superiori, già negli istituti professionali. Quello che dobbiamo cambiare, prima di tutto, è la mentalità, la percezione sociale. Ed è per questo che l’informazione, i media giocano un ruolo fondamentale. Spero che dopo aver letto questo articolo guarderete i lavoratori stagionali con altri occhi. Daniele Andrian co portavoce di Europa verde Fvg