Le piazze dei “no” di Puzzer & c diventano pericolose fonti di contagio e di scelte illiberali. Intanto il portuale triestino viene cacciato da Roma
I sentimenti che vengono espressi sui social nei confronti del “fenomeno” Puzzer, il portuale di Trieste auto incoronatosi reuccio dei no grennpass, sono contraddittori. Cieca ammirazione da alcuni, pena da altri e rabbia da molti, soprattutto triestini. Di certo quell’area da sempliciotto, fra autocommiserazione e celebrazione dell’uomo qualunque, è stucchevole, patetica, anche perchè la sua azione, unita a quella di qualche migliaio di decerebrati, ha avuto conseguenze, innanzitutto per quella piccola parte di persone che contesta il green pass portando argomentazioni in maniera corretta e civile e che un paese democratico dovrebbe quantomeno ascoltare e rispettare, ma soprattutto ha messo il capoluogo giuliano e l’intero Fvg alla berlina. Comunque, le ultime su Stefano Puzzer, lo vedono, dopo la sua calata con annessa promessa di un “gesto eclatante”, lasciare Roma con la coda fra le gambe ed un bel foglio di via in tasca che recita:“ divieto di soggiorno per un anno a Roma”. Adesso lui tornerà a casa e l’unica cosa che ha ottenuto il suo movimento è che nessuno potrà più manifestare nella città alabardata che, nel frattempo, patisce una pericolosa recrudescenza della pandemia. Responsabilità ormai chiara anche di chi, in quest’ultimo periodo, fra manifestazioni volutamente “assembrate” e rifiuto ideologico di distanziamento e mascherine, ha avuto comportamenti a rischio, fregandosene degli altri, in nome di una discutibile celebrazione della propria libertà personale. Insomma l’apoteosi del più gretto egoismo. Così Stefano Puzzer, arrivato in piazza del Popolo a Roma munito di banchetto e quattro sedie con cartelli segnaposto (Draghi, Ue, Usa, Russia, Papa) per sfidare, in un delirio di onnipotenza il governo del mondo, aveva affermato “aspetterò che venga a parlarci qualcuno. Io spero che verranno, visto che nessuno ci ha risposto. Finché qualcuno non verrà a rispondermi, io rimarrò qui”. E qualcuno a parlargli c’è andato, la polizia, per notificargli l’invito a lasciare entro poche ore la capitale. Del resto era ovvio che la silenziosa e decisamente patetica protesta non passasse inosservata alla Questura di Roma. Puzzer dovrà fare rientro a Trieste e in caso di violazione, è stato spiegato dalla Digos, commetterà un nuovo reato e verrà denunciato alla Procura per manifestazione non preavvisata. Ma sarebbe ingeneroso, un po’ come sparare sulla croce rossa, scagliarsi solo contro il portuale triestino che almeno ha atteggiamenti protestatari, ridicoli nella sua immedesimazione con il cartello “popolo”, ma non violenti. Forse neppure meritava il “daspo” per questo. Il vero problema è che l’intera surreale vicenda ha provocato danni reali in Fvg, non solo quelli d’immagine, ma anche quelli pratici, con un aumento dei contagi e conseguente fibrillazione del sistema sanitario ospedaliero, che ci potrebbero far riprecipitare nell’incubo delle zone “colorate” con le relative limitazioni. Ma non tutto il “Puzzer viene per nuocere”, verrebbe da dire, perchè le performance dei fenomeni dell’anti-scienza che gli si sono accodati, hanno provocato una reazione virtuosa. Non solo la raccolta firme che in meno di due giorni a Trieste ha superato le 40000 adesioni, ma anche l’uscita dalla tana di Fedriga & company, che dall’inizio della pandemia hanno nicchiato, cercato di dare un colpo al cerchio ed una alla botte, ed in ossequio alle disposizione del loro degradato capitano, sono apparsi tentennanti. Il discorso veemente di ieri del presidente della giunta regionale è stato per una volta assolutamente chiaro, tardivo ma chiaro. Meglio tardi che mai. Bisogna però aggiungere che la protesta vacua e assurda nei contenuti, così come velleitaria nelle possibilità di vittoria, andava affrontata diversamente molto prima. Quei blocchi del porto, polmone economico della città, ma anche gli incivili bivacchi in P.zza Unità, dovevano trovare soluzione molto prima, dato che, i fatti di Roma che li precedevano, avevano fatto capire che quel movimento pur con una eterogeneità di posizioni era manovrato e spesso gestito militarmente da forze eversive che miscelate ad ideologie antiscientifiche, paure e ignoranza, sono diventate un cocktail esplosivo. Il risultato è stato che la libertà tanto urlata nelle piazze, rischia ora di essere limitata per davvero a tutti e senza possibilità di lasciapassare. Il covid rialza la testa e con la scusa di limitare i rischi delle manifestazioni no vax, arriva il veto per ogni tipo di protesta, fosse anche quella per la pace nel mondo o per l’ambiente, come quelle dei giovani del Fridays for Future. In realtà non servivano le ordinanze dei sindaci, guarda caso tutti di eletti da una destra avvezza storicamente alle richieste di leggi speciali e procedimenti illiberali, basta far rispettare la legge ordinaria. Se una manifestazione non è autorizzata per i casi costituzionalmente previsti, non serve togliere la libertà a tutti ma agire con misurata fermezza. L’articolo 17 della Costituzione del resto è chiarissimo: «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. […] Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica».