“Lettere dal Vajont” il racconto attraverso le lettere che l’ertano Carlo Filippin alla ricerca dei familiari sopravvissuti

Mercoledì prossimo la Storica Società Operaia di Pordenone ricorderà il disastro del Vajont raccontandolo da un punto di vista molto “personale”, attraverso le lettere che l’ertano Carlo Filippin, rientrato il 10 ottobre ’63 dalla Lombardia, dove viveva, alla Borgata Le Spesse alla ricerca dei familiari sopravvissuti, inviò giornalmente a casa, nei giorni immediatamente successivi alla tragedia. Una testimonianza raccolta dall’Ecomuseo del Vajont che oggi riprende vita grazie agli attori del Gruppo Teatro L. Rocco e al racconto di Mario Tomadini.

Le Spesse prima e dopo il disastro (immagini tratte dal volume “Vajont. 9 ottobre 1963 – cronaca di una catastrofe” del fotografo Bepi Zanfron – da collezione Mario Tomadini)

Ancora una volta sarà la valorizzazione della documentazione storica al centro dell’attenzione della Storica Società Operaia di Pordenone, che mercoledì 15 novembre alle 18.00 (ingresso libero) promuove in incontro dal titolo “Lettere dal Vajont”, condotto e curato dal presidente Mario Tomadini presso il Centro Culturale di Palazzo Gregoris, sede del sodalizio, con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e del Comune di Pordenone, e con il patrocinio del Comune di Erto e Casso e del Parco Naturale Dolomiti Friulane.
Nell’anno che ha segnato il 60° anniversario della tragedia della diga, onorato lo scorso 9 ottobre dalle massime istituzioni, accanto alle comunità strette intorno alle famiglie dei morti e ai superstiti, la passione per la storia di Tomadini incontra la vocazione alla divulgazione e alla memoria dell’Operaia per portare un contributo “personale” a questo particolare momento segnato dal ricordo.
Lo spunto di avvio dell’evento sarà un excursus che ripercorrerà le varie tappe che cronologicamente scandirono i tempi di questa tragedia annunciata: si parte dal 1929 con il progetto della S.A.D.E. per la costruzione della diga nella Valle del Vajont, destinato a creare un grande bacino idroelettrico a sostegno della crescita economica dell’Italia, per proseguire con la narrazione storica che segue l’evolversi dei progetti, delle perizie geologiche, delle consulenze, degli schieramenti pro e contro la grande opera, compresi i principali protagonisti, come il geologo Giorgio Dal Piaz, l’ingegnere Carlo Semenza, il geologo austriaco Leopold Müller, Giuseppe Volpi conte di Misurata, fondatore della S.A.D.E., la coraggiosa “voce contro” della giornalista Tina Merlin.
Il punto di vista particolare sul tragico esito di questa vicenda sarà quello di Carlo Filippin, un ertano che all’epoca dl disastro si era già trasferito da qualche tempo con la famiglia a Mazzano, in provincia di Brescia, e che il 10 ottobre del 1963, sentita alla radio la notizia del disastro, partì immediatamente dalla Lombardia per rientrare a Erto e accertarsi di persona della sorte dei parenti rimasti al paese. Fermato dalle forze dell’ordine all’altezza di Cimolais, solo il giorno dopo riuscì a raggiungere la Borgata Le Spesse, trovando morte e distruzione ovunque. La terribile cronaca degli eventi raggiunse la famiglia attraverso alcune lettere che Filippin spedì giornalmente alla moglie Maria e alla figlia Doris rimaste a Mazzano, una preziosa testimonianza che l’Ecomuseo del Vajont di Erto ha raccolto qualche anno fa in una brochure dal titolo “Ti rivedrò con gli occhi della memoria”, che la SOMSI riporterà a prendere vita, per gentile concessione di questa istituzione e della stessa Doris Filippin, grazie alle voci degli attori Francesco Bressan e Antonio Rocco del Gruppo Teatro Pordenone Luciano Rocco, che collabora all’iniziativa. Si tratta di una memoria semplice e commovente, ricca di sentimenti di profonda umanità nei confronti di una comunità profondamente segnata dagli eventi, con il doloroso resoconto delle perdite annotate tra i familiari, gli amici e i vicini di casa, le case distrutte e quelle pericolanti, l’incertezza e l’afflizione dei rimasti. A Le Spesse si contarono 67 vittime, delle quali soltanto due corpi poterono essere ricomposti e restituiti alla pietà dei familiari.