“Lubitel Stories”, la fotografia analogica in mostra al Magazzino 26 di Trieste, fino al 19 maggio
È stata inaugurata la mostra fotografica “Lubitel Stories: storie di luce e d’ombra”, nella Sala Fini del Magazzino 26, Porto Vecchio. Promossa dall’Associazione fotografica CentoFoto APS in coorganizzazione con il Comune di Trieste, la mostra, a cura di Giovanni Manisi, sarà visitabile a ingresso libero nella Sala Leonor Fini del Magazzino 26 di Porto Vecchio dalle ore 10 alle 19 fino al 19 maggio. Presenti all’inaugurazione Calogero Chinnici, presidente di CentoFoto APS, Giovanni Manisi, curatore della mostra, Serena Bobbo, Fulvio Merlak, Presidente d’Onore della FIAF, Carlo Chiapponi e Chiara Dondi, artisti le cui opere sono esposte in mostra. “Gli artisti in mostra sono molti e vengono dalla Bielorussia, dalla Russia in esilio, dalla Finlandia, dall’Irlanda, dalla Germania e dall’Italia. Per questo motivo non tutti possono essere qui oggi, ma ci hanno tenuto a scrivermi che non vedevano l’ora di vedere l’esposizione e le foto. Mi hanno raccontato come sono venuti a contatto con questa macchina, perché hanno iniziato a fotografare.” ha dichiarato Giovanni Manisi, curatore della mostra. “I più grandi fotografi italiani del Dopoguerra sono autori che erano degli amatori che facevano quello che volevano per il solo piacere di farlo, cosa che ha consentito loro di diventare oggi dei fotografi conosciuti in tutto il mondo. Per questo motivo è un onore avere con noi Fulvio Merlak, Presidente d’Onore della FIAF, la più grande associazione di fotografia amatoriale d’Italia.” “Quando Giovanni ha presentato il suo libro al Circolo, ci ha raccontato la storia della Lubitel, che io non conoscevo. La mia passione per la fotografia è nata tanti anni fa, ma non ha mai investito il settore tecnico. Per questo motivo quando Giovanni ci ha parlato della Lubitel ho cercato di scoprire qualcosa di più. Costava davvero poco, a confronto di tutte le altre macchine fotografiche” ha aggiunto Fulvio Merlak, Presidente d’Onore della FIAF. “Io sono dell’avviso che una mostra come questa potrebbe benissimo tenersi in uno spazio espositivo come quello della Biennale, che si presta meravigliosamente a questo genere di mostre, ma non solo perché si tratta di una fotografia un po’ particolare/sperimentale, ma perché le opere in esposizione sono veramente buone, a conferma di quanto detto da Serena Bobbo, ovvero che la fotografia alla fine è un linguaggio e, come tutte le lingue di questo mondo, deve servire per comunicare, ovvero – far comune – fra chi ha realizzato l’immagine e chi ne usufruisce. Per questo non è importante il costo della macchina fotografica, ma che dietro ci sia qualcuno che abbia qualcosa da comunicare, cosa che vedo in tutti gli autori presenti in questa mostra.” “Lubitel è stata la prima macchina fotografica analogica alla quale mi sono approcciata in completa autonomia e per arrivare alla serie esposta in questa mostra, essendo autodidatta, ci è voluto un po’ di tempo e sperimentazione” ha spiegato Chiara Dondi, autrice della serie Anthropomorphe. “Il mio obiettivo era riuscire a creare una serie di livelli diversi e comunicare più cose nel modo che avevo in mente ma che facevo fatica ad esprimere. Sono partita dalle immagini, poi ho deciso di unire la mia passione per la pittura, a cui è seguita una seconda fase di ricerca. Dovevo capire il tipo di carta e di colore da usare, come sviluppare in modo da ottenere l’effetto voluto. In questa serie ho deciso anche di esorcizzare il mio terrore per tutto ciò che vola sovrapponendo gli insetti alle facce dei miei cari”. “Mi chiedo se chi ha inventato la fotografia avesse capito all’inizio quale sarebbe stato il risultato finale, che in realtà è frutto di una società post-industriale dove le persone non producono cose, ma pensieri” ha dichiarato Carlo Chiapponi, autore della serie M9. “A mio avviso la fotografia è il più alto modo di comunicare, dove la macchina fotografica è un filtro. Una domanda che mi pongo è: perché usare l’analogico, uno strumento che non ti permette di avere il controllo? Io provengo da una fotografia dove la precisione è importante, ma ho comunque deciso di ‘lanciarmi’ in questo stile che può essere considerato ‘l’amante’, perché non bisogna razionalizzare. È un tipo di fotografia più percepita che vista. Utilizzare uno strumento come la Lubitel vuol dire vedere con gli occhi di chi l’ha progettata. Come dice Vilém Flusser ne ‘Per una filosofia della fotografia’, una macchina fotografica è una scatola nera dove il programmatore ha dato dei limiti. Allora cosa può fare un fotografo per essere originale? Deve provare a forzare questi limiti e secondo me la Lubitel ce lo permette, perché non essendo controllata da algoritmi e sensori raffinati, noi dobbiamo sopperire a questa mancanza mettendoci il nostro vissuto.” “Cosa mi ha colpita delle opere in mostra? Sono fotografie in cui viene rappresentato il passaggio, la presenza e il segno dell’uomo, pur non manifestandosi in maniera esplicita. Nelle uniche opere in cui vengono rappresentati degli esseri umani, in realtà la figura viene trasfigurata attraverso la presenza degli insetti che si vanno a sovrapporre ai ritratti” ha sottolineato Serena Bobbo, riferendosi alla serie Anthropomorphe di Chiara Dondi. “Nell’altra – ‘Nuances’ di Victor Senkov – si trasfigura anch’essa in qualcosa di scultoreo, diventa statua, la grana diventa come una striatura della pietra. Una figura umana che sembra essere altrove, ma ha lasciato le tracce del suo passaggio. C’è un senso di malinconia, di abbandono, di immobilità.” La realizzazione di questa mostra fotografica è stata resa possibile grazie al sostegno di Mediaimmagine, Skillpress.it e Lomography.com, che hanno contribuito alla sua creazione e promozione sul territorio.