Migranti e crisi occupazionale: alcune domande a Michelangelo Agrusti
Finalmente anche Confindustria parla dei migranti come unica risorsa per combattere la crisi demografica e la crisi occupazionale delle imprese e li chiama “nuovi cittadini” (parole di Agrusti sul MV del 2 marzo, p.9). Da parte mia, saluto con gioia l’ennesima dichiarazione sulla necessità di parlare delle persone straniere come unica possibile soluzione per il nostro sistema produttivo oltre che di welfare presente e futuro, aggiungo io. Bisogna sottolineare, però, che ancora di diritti di cittadinanza a pieno titolo non godano moltissimi dei lavoratori stranieri delle nostre imprese friulane: la cittadinanza italiana, infatti, ce l’hanno pochissimi lavoratori e molti sono bloccati nel rinnovo del permesso – e quindi del contratto – da una giurisprudenza e da un sistema legislativo che è una via ad ostacoli verso la regolarizzazione stabile. Ma cosa ci dice Agrusti? La sua idea sarebbe quella di farsi finanziare un ITS in Ghana per formare i ghanesi a casa loro e poi introdurli a casa nostra e poterli così inserire con certezza di risultato nelle nostre imprese. Ora, se non fosse che ritengo Agrusti persona seria, mi verrebbe da ridere perchè non conosco il Ghana, ma conosco bene il Congo per lavoro e con il livello di corruzione, di impossibilità a gestire aspetti tecnici – dall’energia al wifi alle strumentazioni e alla presenza di docenti qualificati – trovo il progetto quantomeno poco facile da realizzare in tempi brevi….e con il fabbisogno di manodopera urgente pensiamo veramente sia meglio un ITS in Ghana che un ITS finanziato bene in Friuli, che avrebbe tutte le aziende in cui inserire in tirocinio i ragazzi? Ma lo sa Agrusti che abbiamo il miglior sistema di formazione professionale d’Italia, che ci invidiano in molti e che la Regione spende milioni di euro per offrirla gratuitamente, a differenza di molte altre regioni che invece la fanno pagare?
Ma lo sa Agrusti che c’è un Terzo Settore che accoglie migliaia di migranti sul nostro territorio, che gli insegna l’italiano, crea alleanze con tutte le scuole di ogni ordine e grado e con molte imprese – a partire dal sistema della formazione professionale – e che poi li inserisce nelle nostre imprese? Queste ultime spesso, disperate, cercano direttamente il terzo settore invece che le
agenzie pubbliche e private che dovrebbero occuparsi del collocamento. Vorrei fare due domande ad Agrusti. La prima: vogliamo valorizzare chi arriva qui per le ragioni più disparate, ma sempre imputabili alla “necessità” di cercare un posto dove vivere in pace e con un minimo di riconoscimento di diritti? La seconda: vogliamo creare un dialogo serio tra pubblico, privato e terzo settore? Come terzo settore ci sentiamo spesso soli nelle nostre richieste perchè abbiamo un sistema nazionale e regionale che invece fa acqua da tutte le parti:
1) a Udine non c’è nemmeno una sede fisica del CPIA, scuola pubblica per adulti deputata a riconoscere la terza media a chi non ce l’ha e a fare corsi di italiano per gli stranieri con
riconoscimento di livello di italiano raggiunto
2) l’orientamento delle persone accolte viene spesso lasciato in toto in mano al terzo settore
3) i centri per l’impiego non fanno inserimento lavorativo, ma solo registrazione dello stato di fabbisogno di imprese e lavoratori e viene lasciato alle agenzie interinali l’onere di fare il vero
matching domanda-offerta
4) i servizi sociali sono sottodimensionati e sottofinanziati per dare supporto a chi esce dall’accoglienza e il problema casa è emergenziale, laddove magari i migranti trovano lavoro ma
nessuno da loro una casa. Chiudo con la terza e ultima domanda che rivolgo a tutti: riusciamo a costruire insieme, con le amministrazioni pubbliche, il mondo della scuola, il mondo produttivo e il terzo settore una modalità seria per prenderci carico di quello che è il benessere di tutta la comunità? Perché il benessere di una comunità deriva da quello di ogni suo singolo componente e solo se saremo capaci di una proficua convivenza sapremo far crescere i nostri territori.
Anna Paola Peratoner