Missioni archeologiche in Libano e Kurdistan iracheno: terminate le campagne 2018
Lo scorso novembre 2018 si sono concluse rispettivamente la seconda campagna del Progetto archeologico Libano settentrionale, condotta dalla missione congiunta italo libanese diretta da Marco Iamoni dell’Università di Udine e May Haider dell’Università Libanese Third Branch di Tripoli, e la prima campagna del Progetto archeologico di scavo Asingrian nel Kurdistan iracheno, diretta da Marco Iamoni e Hassan Ahmed Qasim, direttore delle Antichità di Dohuk.
La seconda campagna in Libano, sostenuta dall’Università di Udine, dal Ministero degli Affari Esteri e dalla ONG COSV, si è svolta dal 20 ottobre al 15 novembre concentrandosi nella piana di Koura e nelle moderne città di Amioun e Kousba. Attraverso la ricognizione estensiva e intensiva, la missione ha identificato diversi insediamenti finora totalmente ignoti, alcuni dei quali databili ai periodi più antichi nell’area del Libano.
In particolare, «l’area in esame – spiega Marco Iamoni, del Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell’ateneo friulano – dimostra un sostanziale livello di occupazione a partire almeno dal 3000 a.C. in poi. Notevoli evidenze di occupazione risalenti al periodo Ellenistico/Romano e Bizantino sono state inoltre trovate in svariati villaggi nella zona del Jebel Qalhat, a riprova di un’intensa e continua frequentazione dell’area indagata dalla missione italo-libanese».
I risultati ottenuti «stanno rivelando – continua Iamoni – un paesaggio archeologico ricchissimo e finora completamente sconosciuto nell’area del Libano Settentrionale, il cui studio promette di fornire un quadro totalmente nuovo dell’insediamento antico nella regione studiata e, più in generale, nel Levante centrale».
Col permesso della Direzione delle Antichità Libanesi, la missione prevede di continuare le ricerche nel 2019 con la terza campagna di ricognizione.
Alla seconda campagna in Libano, con i direttori Marco Iamoni e May Haider, hanno partecipato: Luigi Turri, storico del Levante dell’Università di Verona; Johnny Samuele Baldi, archeologo esperto di ceramica dell’IFPO di Beirut; il disegnatore Giampaolo Ceccarini; due specializzande della SISBA – Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici di Trieste, Udine e Venezia, Maddalena Scattini e Laura Zanazzo; una studentessa dell’Università di Udine, Sara Zampa; tre studentesse dell’Università Libanese – Third Branch Tripoli, Sirin Ghye, Le’na Borgi e Sumaya Sheikho.
La prima campagna del Progetto archeologico di scavo Asingrian, svolta dal 25 agosto al 10 ottobre, era mirata a indagare lo sviluppo dell’insediamento di epoca neolitica e calcolitica di Asingrian, presso la moderna città di Rovia nella regione del Kurdistan iracheno, in Iraq settentrionale. Il sito è uno dei più antichi insediamenti identificati nel corso della ricognizione regionale condotta dal Progetto Archeologico Regionale Terra di Ninive diretto da Daniele Morandi Bonacossi, dell’Università di Udine, e ha la caratteristica quasi unica di essere stato occupato senza soluzione di continuità a partire almeno dal 7000 a.C. fino a tutto il III millennio a.C.
Grazie ai finanziamenti concessi dall’Università di Udine e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la missione Italo-curda nel corso del 2018 si è concentrata sul completamento della ricognizione intensiva del sito e sulla preparazione di un digital terrain model (modello digitale di elevazione) basato sull’acquisizione di ortofoto con risoluzione a 5 cm che servirà da pianta topografica 3D necessaria a posizionare l’apertura dei prossimi cantieri previsti per la campagna 2019.
«Con l’aiuto dei colleghi curdi della direzione delle antichità – spiega Marco Iamoni -, alcuni sondaggi esplorativi sono stati già aperti lungo una delle sezioni esposte del sito: ciò ha permesso di identificare la presenza di una serie di depositi fluviali che testimoniano la presenza in antico di condizioni climatiche completamente diverse rispetto al presente, evidenziando inoltre come gran parte della pianura sia ormai obliterata da accumuli posteriori che nascondono un paesaggio archeologico ancora tutto da scoprire».
La missione proseguirà i lavori nel corso del 2019 con l’apertura di una lunga trincea di scavo sulla collina principale e con l’avvio di indagini geofisiche per identificare tracce di strutture murarie presenti nel sottosuolo.