Moretuzzo: «Ddl sull’autonomia differenziata inadeguato, il Friuli-Venezia Giulia eserciti fino in fondo la specialità regionale»

«Il percorso del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata è partito con il piede sbagliato, il Friuli-Venezia Giulia deve esercitare compiutamente la propria specialità rivendicando più spazi». Il segretario e capogruppo del Patto per l’Autonomia in Consiglio regionale Massimo Moretuzzo l’ha detto chiaramente nel corso del partecipato incontro “Chi ha paura delle autonomie? Oltre il dibattito sull’autonomia differenziata”, promosso dal Gruppo Consiliare del Patto per l’Autonomia-Civica Fvg, che si è tenuto nella sede della Regione a Udine e che ha visto anche la partecipazione di Marco Boato, già parlamentare e componente della Commissione Affari costituzionali nella XIV legislatura; Danilo Lampis, portavoce di “Sardegna chiama Sardegna”; Elena Ostanel, consigliera regionale del Veneto con la lista “Il Veneto che Vogliamo”, introdotti da Elia Mioni del Patto per l’Autonomia.

«In Italia si sta aprendo una nuova stagione di modifiche costituzionali che riguarderanno riforme in senso presidenziale del governo e un relativo potenziamento del regionalismo con il disegno di legge Calderoli che apre alla possibilità di autonomie differenziate fra le Regioni ordinarie, tra cui il vicino Veneto. Un passaggio, quest’ultimo, che ha basi giuridiche totalmente diverse dalla specialità delle Regioni autonome, che si contraddistingue per l’emergere di contrapposizioni basate molto spesso su posizioni stereotipate e ideologiche, e che sta facendo emergere molte criticità principalmente finanziarie e gestionali. Basti pensare alle recenti dimissioni “di peso” dal Comitato per l’individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni – continua Moretuzzo –. Guardiamo certamente con favore a una riforma delle autonomie locali in senso regionalista, ma siamo consapevoli del fatto che da questa riforma il Friuli-Venezia Giulia potrebbe non uscirne bene. La nostra Regione sarà “superata” da quelle ordinarie se non saprà approfittare di tutti gli spazi di manovra che lo statuto di autonomia ci concede, e che dovrebbe essere una priorità della politica regionale, fino a forzare la mano allo Stato su questioni fondamentali per il futuro della nostra terra come l’adeguamento ai cambiamenti climatici e la transizione ecologica, e il rilancio del ruolo internazionale della regione attraverso le collaborazioni transfrontaliere in una prospettiva fortemente europea. Non dobbiamo subire scelte dall’alto, ma determinare noi stessi il percorso. La specialità è lo strumento per fare prima e meglio dello Stato le cose che servono per affrontare le sfide epocali che abbiamo di fronte dal punto di vista economico, sociale, ambientale rispondendo ai bisogni delle comunità e dei territori».