Morire di protocolli: Soccorsi nei fiumi, operatività di fatto cambiata. E’ palese che nella tragedia di giugno nel Natisone il sistema aveva fallito
Quest’oggi, un ottimo servizio del Tgr Rai del Fvg, si è occupato dei salvataggi nei fiumi e nei torrenti in Friuli, entrati prepotentemente nella cronaca di questa estate a partire dalla tragedia sul Natisone in cui morirono tre ragazzi rumeni: Patrizia, Bianca e Cristian. Quel tragico episodio colpì in maniera profonda l’opinione pubblica anche a livello nazionale. Dopo la tragedia ci sono stati altri interventi nei torrenti del Friuli ma per fortuna tutti a lieto fine. Allora una domanda sorge spontanea? Che sia cambiato qualcosa nei famigerati protocolli di soccorso che, vale la pena ricordare, sono nel mirino della Procura di Udine per possibili colpe omissive nella catena dei soccorsi. Il Tgr oggi ricorda gli ultimi episodi successivi alla morte dei tre ragazzi sul Natisone del giugno scorso. In particolare quello del 23 luglio quando un olandese 59anne restò bloccato su una roccia del torrente Arzìno. Venne salvato dall’elisoccorso del 118 con il verricello con l’ausilio di un tecnico del soccorso alpino. Poi il 29 luglio, nello stesso corso d’acqua, un ragazzo di 14 anni travolto dalla corrente trovò riparo in una nicchia dove l’acqua era meno vorticosa. Chiamati i soccorsi venne salvato sempre con l’ausilio dell’elisoccorso regionale. L’ultimo episodio meno di una settimana fa, il 13 agosto quando una donna in difficoltà vicino al Ponte del Diavolo, sul Natisone venne soccorsa, guardacaso, sempre con il supporto dell’elicottero sanitario munito di verricello. A questo punto è legittimo chiedersi, come fa il Tgr e come del resto come FriuliSera avevamo fatto nelle settimane passate, se dopo la morte di Patrizia, Bianca e Cristian, qualcosa sia cambiato a livello di gestione delle emergenze sui corsi d’acqua in Friuli Venezia Giulia. Certo ogni soccorso è diverso ed è proprio per questo che i “protocolli” non possono essere utilizzati rigdamente come fossero oro colato, ma vanno utilizzati con l’elasticità che solo l’esperienza nel soccorso può fornire. Non si può trincerarsi con una buona dose di ipocrisia nello “scarica barile” del fatto che i protocolli sono nazionali. Non a caso, del resto, la Procura di Udine a luglio scorso ha svolto accertamenti sui tempi di percorrenza degli elicotteri e sulla catena decisionale che aveva creato il susseguirsi degli eventi. L’elicottero Drago dei vigili del Fuoco era giunto da Venezia un’ora e un quarto dopo la prima chiamata al NUE 112 da parte della giovane Patrizia ma ovviamente a tragedia consumata. Tragedia consumata anche all’arrivo dell’elisoccorso regionale che però era stato attivato molto tempo dopo Drago, con l’atroce dubbio che, fosse stato attivato prima, la vicenda avrebbe avuto esito diverso. Dal servizio del collega del gr Rai, Lillo Montalto Monella che ha chiesto accesso agli atti alla Centrale unica di Palmanova (cosa fatta sulla vicenda anche da alcuni consiglieri regionali) emerge che effettivamente i protocolli vigenti si basano su un disciplinare del ministero dell’interno. Ma questo non può essere un alibi, perché fondamentale è la distinzione tra soccorso tecnico, di competenza dei vigili del fuoco, e quello di tipo sanitario, che vede l’attivazione della Sores e quindi del soccorso sanitario. In sostanza se alla domanda da “protocollo” posta dall’operatore del NUE 112: “vede feriti” si fosse risposto affermativamente sarebbe partito prima l’elicottero regionale e probabilmente si sarebbero salvati i tre giovani. In sostanza il protocollo prevede un doppio approccio al soccorso, tecnico o sanitario. Insomma il protocollo sembra interpretare le cose in maniera secca senza nessuna possibilità di sfumature o interpretazioni. Conta l’attimo della telefonata non quello che potrebbe succedere nei minuti a seguire. Ma c’è di più, non solo il protocollo nella sua rigidità non “non sarebbe adeguato nei casi intermedi, dove la situazione potrebbe evolvere in rischio sanitario”, ma gli operatori del 112 non avrebbero alcuna formazione riguardo il parco mezzi in dotazione ai vari enti, almeno questo, spiega il tgr Rai “si legge nella risposta”. Non saprebbero cioè che non c’è un elicottero dei vigili del fuoco in Regione. Dopo un test sulle nozioni geografiche di base per diventare centralinista, è previsto un corso formativo di 105 ore: di queste, 8 ore sono dedicate alla “composizione del territorio della nostra Regione”. E allora diciamo, il protocollo sarà pure nazionale ma l’addestramento del personale dovrebbe essere priorità assoluta del sistema regionale. Ribadiamo allora quanto scrivevamo poche settimane fa “Diciamo in via preliminare che non si tratta di cercare colpevoli, ma di prendere finalmente coscienza del fatto che il modello organizzativo delle Centrali operative di Palmanova va rivisto senza ulteriori indugi”. Del resto ormai lo dicono i fatti, anche senza attendere l’esito dell’inchiesta della Procura, si può dire che proprio il fatto che a richieste di soccorso simili, ora si sia agito diversamente, è la prova che nella tragedia del Natisone il sistema ha fallito e che le responsabilità politiche sono palesi. Peccato che nessuno sentirà il bisogno di fare ammenda.
Fabio Folisi