NeoNATO ed effetti collaterali.
Alla fine ce l’ha fatta, il sultano turco è riuscito ad imporre le sue richieste e la Nato lo ha assecondato. Ancora non si sa esattamente fino a che punto, ma la cosa potrebbe avere effetti collaterali piuttosto importanti. La dichiarazione di Stoltemberg (un nome un programma) e’ chiara: “la Turchia è lo Stato dell’alleanza più pesantemente colpito dal terrorismo interno”, cioè quello del PKK. E Svezia e Finlandia solleveranno l’embargo al commercio di armi con la Turchia. Meglio di così, davvero Erdogan non poteva sperare.
Cosa significhi in termini pratici tutto ciò, è ancora da verificare, ma certamente i kurdi che avevano trovato rifugio e che si erano integrati in quelle società fino al punto di ricoprire posizioni all’interno del Parlamento, ora non si sentiranno più così al sicuro. Se riconosciuti parte del PKK (chissà, forse anche del PYD, considerato la sezione siriana del PKK), potrebbero ora essere accusati di terrorismo e potenzialmente estradati. Significherà forse che l’eterna campagna di repressione contro i kurdi turchi riprenderà vigore, e che magari, visto che ci siamo e come spesso recentemente minacciato, anche quelli siriani potrebbero subire nuove pesanti conseguenze. Menbij è una delle città maggiormente interessata dalle minacce di nuove invasioni da parte dell’esercito turco e dei suoi accoliti locali. Località strategica sia per il controllo delle vie di comunicazione, sia per i traffici commerciali che nonostante la guerra, da quelle parti prosperano. Inoltre, a parte l’enclave di Tel Refaat,Menbij è l’unica città controllata dall’Amministrazione Autonoma del Nord Est Siriano (NES) ad occidente dell’Eufrate
Per pura coincidenza, ieri mi sono recato da quelle parti. Il viaggio da Raqqa si è rivelato tranquillo, niente di particolare, salvo la crescente presenza di check points mano mano che ci si avvicinava alla meta. Uno in particolare, quello all’altezza dell’attraversamento della diga sull’Eufrate, si e’ rivelato stranamente piuttosto ostico. Una volta presentato il passaporto, ci è stato detto di affiancare ed attendere istruzioni. Dopo qualche minuto, sono stato invitato, unico straniero tra i passeggeri, a scendere ed entrare nella casermetta accanto. Niente di che, gentilezza estrema, ma allo stesso tempo sono stato sottoposto ad una serie di domande sul motivo della mia visita, sulle date di entrata in Siria e su questioni personali. Cosa che in precedenza mai mi era successa, ma considerando che non siamo alle Bahamas, ci sta. Per tagliare corto, la faccenda si è protratta per una buona oretta, dopodichè il documento mi è stato restituito, stretta di mano di rigore e scuse da parte degli agenti. Un’altra mezzoretta di strada o poco più e dopo l’ennesimo check point, finalmente la città. L’atmosfera pare quella solita, mano a mano che ci si addentra verso il centro, le attività fervono e le strade brulicano di gente indaffarata. Menbij è praticamente una città di confine, anche se quello reale di Jarabulus, dista ancora una trentina di Km. il problema è che il confine è all’interno della zona controllata dal SNA (Syrian National Army) che sotto la supervisione turca governa quell’area. Come ci insegna la storia, anche quella recente, i nemici si sparano addosso fino al punto in cui non trovano un compromesso per gestire il business. Poi, sia chiaro, anche gli alleati si sparano addosso anche se qualcosa non quadra quando devono spartirsi i dividendi. E questa è una costante tra le varie fazioni che costituiscono il SNA. Comunque sia, businnass is business e dunque Manbij grazie alla sua posizione e al fatto di essere al di la’ dell’Eufrate rispetto al resto del NES, gode di alcune condizioni particolari.
Ricordo che fin da quando ho messo piede per la prima volta qualche anno fa da queste parti e l’Isis era appena stato cacciato, mi si raccontava che a Menbij si trovava di tutto e che da lì, volendo si faceva entrare dalla Turchia un po’ tutto ciò’ che serviva. Teoria in seguito comprovata dall’esperienza, sia chiaro. Ora, Menbij è diventata famosa per essere diventato un centro per il commercio delle auto; vuoi un’auto di seconda mano che arriva dall’Europa e in buone condizioni? Vai a Menbij e si combina. Ma ciò che è ancora forse è bizzarro, è che le auto non entrano da Jarabulus, bensi’ da Idlib (Bab al Hawa). A Jarabulus il confine è piuttosto dedicato all’ingresso del cibo; questione di organizzazione, logistica e spartizione, suppongo. Bisogna tenere conto che Idlib non solo è cinque volte più lontano da Manbij rispetto a Jarabulus, ma che l’area è controllata pienamente da HTS (Hayat Tahrir al Sham) e i rapporti tra HTS e il governo di Damasco non sono esattamente idilliaci. Anche qui però vale la stessa logica, la stessa chiave che apre tutte le porte. Per capirci ancora meglio, le auto entrano nella zona di Idlib dove non si pagano tasse di importazione in quanto il confine è gestito da HTS che non è un’autorità riconosciuta. Lì si paga comunque il balzello per permettere alle merci di entrare e passare attraverso la sacca che prende il nome da quella città. Da lì le merci devono entrare nella zona di Aleppo sotto il controllo di Damasco, ma non essendo un confine dichiarato e riconosciuto, le “tasse” vengono pagate e riscosse attraverso il solito metodo. Una bella mazzetta e si sistema tutto. Non è finita perché da lì, poi si deve entrare a Menbij, che è amministrata dal NES. E lì si paga una tassa stabilita dalle locali autorità più o meno ufficiale. L’ultimo problema per il potenziale acquirente deriva dal fatto che non esistendoci un documento di importazione da parte dell’unica entità internazionalmente riconosciuta, quella del governo di Damasco, si corre il rischio che, nel caso di un giorno lontano mille anni se la Siria si ritroverà più o meno unita, le auto non saranno riconosciute e dovranno o essere rottamate, oppure ci si dovranno pagare le tasse. Non so se corrisponda a realtà, ma a quanto mi si racconta, per importare un’auto dall’estero, il governo centrale chiede venga pagato il 300% del suo valore. A me pare una cosa folle, ma la cosa mi viene spacciata per certa; essendoci da queste [arti parecchie stranezze, tutto è possibile. Per questo motivo le auto a Menbij costano relativamente poco e di recente c’è stata una vera invasione di Tucson e Santafe (Hyunday che qui va fortissimo) e sono molti che se le sono potute permettere. Tenendo conto che, come si accennava, il rischio che si arrivi ad una riunione (almeno parziale) della martoriata terra siriana rimane blando, il gioco vale la candela. Sempre che, come da tempo il sultano turco promette, non si passi a vie di fatto più spicce e la Turchia decida, come fa da sei anni a questa parte, di annettersi un’altra parte del nord siriano, per inciso proprio Menbij e Tel Refaat, e il gioco finisca. Certo, si riaprirebbe appena più in là.. Per ora e dall’atmosfera che si respira in città, l’ipotesi appare ancora lontana, ma da queste parti tutto è possibile e se si sposta anche di poco questo equilibrio terribilmente precario, Menbij e il suoi commerci potrebbero risentirne parecchio. Per ora si ritorna a Raqqa, dove la minaccia turca non crea panico, ma altre dinamiche ed equilibri non permettono di rilassarsi troppo. Docbrino