Niente pietra tombale sulla vicenda del depuratore di Lignano. Quanto detto in sede istituzionale in Regione resta contraddetto da fatti e documenti

Verba volant scripta manent, si potrebbe sintetizzare così lo stato dell’arte della polemica sul depuratore di Lignano e sul suo quantomeno claudicante funzionamento. Se infatti l’audizione delle commissioni regionali  volevano essere una pietra tombale sulla questione, sancendo un verbale “tutto funziona perfettamente” i fatti dicono ben altro. Certo l’esito dell’audizione è stato  accolto con benevolo sollievo autoassolutorio da gran parte della politica regionale ma la ricostruzione emersa in oltre un’ora e mezza di interessanti ma non certo esaustive chiacchiere, è smentita infatti da alcuni fatti documentali e dal monitoraggio continuo (anche fotografico aereo) compiuto dagli ambientalisti, ma soprattutto dalle carte ufficiali che spesso si contraddicono fra loro e che parlano di continue opere di manutenzione straordinaria e di modifiche perenni all’impianto spacciate cper “miglioramenti” e che invece sono le classiche pezze per tappare il buco. Basterebbe  che i Consiglieri regionali scendessero dalla loro torre d’avorio per andare a parlare con la gente che Lignano e la laguna di Marano vive per davvero, per capire che “radio scarpa” spesso funziona meglio di “radio Arpa”. Il depuratore insomma non funziona correttamente, forse non è un disastro assoluto, ma gli sforamenti certificati perfino dalle analisi Arpa ( su 12 controlli ben 4 sono sopra le soglie previste) sono una fotografia precisa che quantomeno dei problemi ci sono e che spesso si viaggia in emergenza e sotto sanzione. Questo è anche quello che pensa il pentastellato Cristian Sergo che non è certo convinto dal quadretto emerso nell’audizione, con gran parte della politica trasversalmente schierata, non tanto con Cafc che quell’impianto gestisce e che dal canto suo è normale difenda le proprie posizioni, ma con se stessi, perchè il fallimento di quel depuratore è anche fallimento politico di chi, in questi anni, si è tappato occhi, naso e orecchie per non sentire e non vedere le difficoltà di quell’impianto. Impianto che come una statua incompiuta si è cercato di completare a colpi grossolani di scalpello, ritocchini senza avere contezza di un progetto complessivo e adeguato alle esigenze del territorio, di chi vi abita, sia esso stanziale o temporaneo. L’imperativo categorico era non disturbare il manovratore perchè in barba all’ambiente e alla salute pubblica gli interessi economici della zona portano altrove. Questo è emerso con estrema precisione da alcuni interventi che mortificano ogni dubbio dietro alla corazza del “ci fidiamo di quanto ci raccontano i gestori”. Meglio un velo pietoso di silenzio che dover ammettere che Lignano, vista dal microscopio o semplicemente con gli occhi liberi da paure,  non è l’idilliaca località che i depliant narrano, o meglio non è solo quello. Ovviamente c’è in tutti la consapevolezza che bisogna muoversi con cautela nel delicato equilibrio degli interessi economici e di quelli ambientali (che vogliono dire anche salute pubblica) ma fare finta di nulla, dire che tutto funziona per poi ammettere che il problema non è del tutto risolto tanto che serviranno ancora carriolate di soldi per adeguare l’impianto alle esigenze, è riprova, se non di malafede, almeno di pressappochismo. “Non è raro che ci siano sforamenti perchè questo significa che sono macchine delicate e complesse e che quindi, insomma, il fatto che ci sono sforamenti non è una cosa che fa rizzare i capelli anche se ovviamente accende una lampadina, ci sono degli atti di diffida e c’è un processo che si apre a valle e il fatto che questa marea di dati noi la teniamo sotto controllo significa che il sistema in qualche modo è monitorato” queste le parole pronunciate dai “controllori”  Arpa a chiusura dell’audizione. Parole che nel loro intercedere claudicante fanno sintesi di tutti i dubbi che restano. Altro che pietra tombale, le perplessità restano, perchè un impianto di depurazione non è una macchina fantascientifica, è oggetto tecnologico che si basa su principi ben conosciuti, nulla di sperimentale che necessita di work in progress, ne esistono migliaia nel mondo di depuratori e di questi molti  sono inseriti in zone a complessità come se non superiore a quella di Lignano.  La cittadina balneare friulana infatti  non è certo la sola nel mondo che vede “fluttazioni” imponenti fra residenti stanziali, circa 6000 e i picchi stagionali estivi di 200.000 presenze (cifra dichiarata dal Sindaco)  che tecnicamente si possono riportare ad una media più bassa ma comunque superiore ai 100000 abitanti, quelli di una città come Udine, tanto per fare un esempio comprensibile a tutti. Così la vicenda che nella testa di  qualcuno doveva concludersi con l’audizione della III e IV commissione del Consiglio regionale resta invece aperta, non lo sarà sugli scranni della politica, che ama risolvere le questioni con i paraventi forniti da più o meno ben riusciti teatrini, ma lo resterà invece sul territorio, fra la gente, che contrariamente a chi li dovrebbe rappresentare, non si lascia foderare gli occhi di prosciutto. Il pentastellato Cristian Sergo, che sta avendo il merito, abbia in tutto ragione o torto, di mantenere la barra dritta nel dar voce a quelle carte e a quei cittadini che narrano altro, rispetto a quanto si cerca contrabbandare come rassicurante verità assoluta, ha emesso una nota stampa sulla audizione, nota che pubblichiamo integralmente e la cui lettura crediamo possa, se non altro, dimostrare che del depuratore di Lignano si parlerà ancora, con buona pace di chi amerebbe calasse un velo pietoso di silenzio.

Questo il Comunicato stampa del Consigliere regionale Cristian Sergo: 

“Da parte nostra l’unico interesse perseguito è quello della tutela ambientale e della salute umana riportando fatti e dati in modo da porre questioni e ottenere risposte. Se però alle domande poste nemmeno i soggetti coinvolti (Cafc, Arpa FVG e Direzioni regionali) sanno rispondere puntualmente o si contraddicono tra loro, la colpa non può essere del MoVimento 5 Stelle. Tutto ciò fa capire quanto sia complessa la questione, quanti ancora gli interrogativi irrisolti e quanta sia l’attenzione che merita questa vicenda”.
“Abbiamo spesso sentito dire che dal 2017 ci sono stati soltanto sporadici sforamenti dei limiti di escherichia coli – aggiunge Sergo –. Tutto vero, ma va sottolineato che i 4 verbali emessi da Arpa per inquinamento idrico nel biennio 2017-2018 si riferiscono a 12 analisi effettuate, un caso su tre: evidentemente non possono essere catalogati come episodi sporadici. Prima del 2017 il problema non si poneva: il Testo unico ambiente prescriveva all’autorità competente l’individuazione di un limite allo sversamento di escherichia coli suggerendo che lo stesso non superasse le 5000 unità fecali, ma per volontà della Provincia di Udine tali limiti non sono mai stati fissati, con la conseguenza che si sono potuti sversare anche 3 milioni di unità fecali”.
“In aula ho dovuto ricordare che a parlare di una possibile correlazione tra il depuratore e i ritrovamenti di escherichia coli e salmonella nei molluschi già nel 2000 – incalza Sergo – è stato uno studio dell’Azienda sanitaria Bassa Friulana le cui conclusioni attribuivano la presenza di microrganismi, con molta probabilità, agli scarichi a mare del depuratore di Lignano Sabbiadoro e del Consorzio Depurazione Bassa Friulana. Va inoltre ricordato che Arpa il 17 ottobre scorso, dopo i ritrovamenti di escherichia coli e salmonella nei molluschi della costa, ha deciso di fare un sopralluogo presso il Depuratore di Lignano, il cui esito stabilì che nelle acque reflue depurate dall’impianto ci fosse escherichia coli oltre i limiti previsti e la presenza di salmonella. Ma se, come affermato più volte, non è dimostrata la correlazione tra quanto avviene ai nostri molluschi e i reflui del depuratore, perché Arpa ha deciso di fare quella visita quel giorno?”.
“Ci sono poi i problemi relativi alla realizzazione dei lavori sull’impianto conclusi il 2015, con il collaudo che attende una conclusione, e con il fatto che nei primi sei mesi del 2016 la commissione collaudatrice non ha mai potuto verificare il corretto funzionamento dell’impianto di disinfezione UV, perché durante i sopralluoghi effettuati lo stesso risultava sempre in manutenzione – aggiunge il consigliere M5S -. Cafc stessa, in occasione degli ultimi sversamenti in Laguna, ha dichiarato di non potere utilizzare l’impianto UV. Inoltre, come da loro pubblicamente attestato, nelle estati 2016 e 2017, la sedimentazione a servizio della linea appena realizzata non aveva la capacità di trattamento di 600 mc/h, ma solo di circa 300-360 mc/h”.
“Questo ultimo aspetto va valutato anche alla luce della capacità depurativa dell’impianto e del numero di presenze a Lignano in estate: calcoli non banali perché a seconda della dimensione dell’impianto cambiano anche i quantitativi degli elementi autorizzati allo scarico, che diventerebbero ancor più restrittivi – spiega ancora Sergo -. Le contraddizioni nelle dichiarazioni dei vari enti non mancano: Arpa nel 2017 ha affermato come l’impianto sversasse in Laguna esclusivamente acque di pioggia (mentre è risaputo gli sversamenti riguardano anche i reflui) e che usava prevalentemente la linea chimico-fisica, affermazioni opposte a quelle del direttore del Cafc Battiston secondo il quale dal 2015 è stata dismessa la vecchia linea. L’assessore Scoccimarro, in risposta a una nostra interrogazione di gennaio, aveva ribadito che da 20 anni la direttiva europea impone il passaggio al trattamento biologico”.
“Su questi passaggi non si sono avute risposte puntuali. Nessuno di noi esulta quando arrivano le sanzioni che vengono pagate dai cittadini, come nessuno di noi è contento di pagare le spese legali sostenute dalla società interamente pubblica in cause che l’hanno vista poi soccombere in Tribunale: Cafc, dopo avere agito in via risarcitoria nei confronti del precedente Direttore dei lavori in relazione a deficit progettuali, si è vista smentita dal Giudice Civile e costretta a risarcire il danno alla società che ha progettato l’impianto e diretto i lavori, a cui era stato illegittimamente risolto il contratto. Infine – conclude Sergo – non possiamo dimenticare che in aula è stato preannunciato un futuro lavoro per quasi 1,75 milioni di euro necessario per l’adeguamento dell’impianto a quanto prescritto dal Decreto Legislativo 152/2006, e che, stando alle carte, doveva essere posto in esecuzione nel termine ultimo del settembre 2016, ma ad oggi non ancora realizzato. Come a voler confermare che l’impianto ancora non è completo?”.