Nobel per la pace all’attivista iraniana Narges Mohammadi: l’applauso alla sedia vuota e la consegna ai figli
Il Premio Nobel per la Pace 2023 assegnato a Narges Mohammadi, giornalista ed attivista iraniana per i diritti civili. Il Premio è stato consegnato ai figli della donna che si trova attualmente in carcere a Teheran. Per lei, durante la cerimonia, è stata sistemata una sedia vuota sul palco, dietro al quale era presente un ritratto scelto dalla stessa attivista. La premiazione è stata accompagnata da un lungo applauso. La donna come accennato, è attualmente detenuta arbitrariamente nella prigione di Shahr-e Rey nella città di Varamin, provincia di Teheran, dopo essere stata condannata ad un totale di 11 anni e 11 mesi di carcere e 154 frustate a causa, tra le altre “motivazioni”, del suo lavoro per i diritti umani e alla sua opposizione alla pena di morte. Per Narges Mohammadi, che ha subito violenze e soprusi e ha più volte rischiato di morire in carcere, l’Unione Europea ha più volte invitato l’Iran “a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e a rilasciare urgentemente la signora Mohammadi, tenendo conto anche del deterioramento delle sue condizioni di salute”.
La cerimonia di premiazione
Durante la cerimonia di premiazione, tenutasi nel municipio di Oslo, in Norvegia, a ritirare il premio al posto dell’attivista c’erano quindi i due figli gemelli, che vivono in esilio a Parigi insieme al padre, il giornalista riformista Taghi Rahmani.
Proprio il marito dell’attivista, intervistato dal Corriere della Sera, ha parlato delle difficoltà per poter ottenere il discorso scritto da Narges Mohammadi, che lui non vede da undici anni, e dell’importanza che anche gli stessi figli hanno dato all’evento.
Per ricordare Narges Mohammadi, durante la premiazione è stata collocata una sedia vuota, posta davanti un ritratto sorridente dell’attivista scelto proprio dalla donna. Un lungo applauso ha accompagnato la consegna del premio ai due figli 17enni.
Le parole di Narges Mohammadi
Il discorso scritto dall’attivista iraniana è stato letto dai due figli, in francese, durante la premiazione: “Il popolo iraniano, con perseveranza, supererà la repressione e l’autoritarismo. Non abbiate dubbi, questo è certo”. Mohammadi, che ha scritto il suo discorso “da dietro le alte e fredde mura di una prigione”, ha parlato della lotta costante degli attivisti “per rimanere in vita”, definendo il “regime della Repubblica Islamica al livello più basso di legittimità e di sostegno sociale popolare”. “Ora è il momento che la società civile internazionale sostenga la società civile iraniana, e farò tutto il possibile in questo senso”, ha aggiunto Mohammadi che, tra le varie cose, ha lanciato un attacco anche all’hijab obbligatorio imposto dal governo, che non considera “un obbligo religioso né una tradizione culturale, ma piuttosto un mezzo per mantenere il controllo e la sottomissione in tutta la società”.