Non dagli Alpini veri, ma da qualche esagitato arrivano minacce. Vietato criticare l’adunata. La stampa osanni e basta

Non volevamo tornare sull’argomento. Ma davanti a giudizi falsi, interpretazioni assolutamente parziali, fatte con il paraocchi da chi legge solo quello che vuole interpretare a senso unico, ci tocca intervenire. Intanto a scanso di equivoci ribadiamo, ma era davvero palese se si legge tutto,  che noi non abbiamo nulla contro gli alpini, anzi. Ma non per questo non abbiamo il diritto di criticare eccessi e soprattutto una narrazione storica che non tiene conto della realtà. Strana poi,  ai limiti del ridicolo, ma pericolosa, la tesi secondo cui non può parlare di Alpini, chi Alpino non è stato. Sarebbe come dire che per scrivere di banche si debba essere banchieri; di disoccupazione, disoccupati; di politica, un politico; di furti, un ladro ecc ecc. Una strana concezione della libertà di parola e stampa e del giornalismo, per non parlare poi del diritto di cronaca e critica. Aggiungiamo che sapevamo bene che pubblicando un lungo articolo, pieno di stimoli di discussione, avremmo provocato reazioni. Eravamo anche consapevoli che sui social sarebbero scattate parole fuori luogo anche da persone che il pezzo in questione non l’hanno neppure letto, ma si permettono, come purtroppo accade sempre sui social, di sparare sentenze in una sorta di tifo acefalo. O è bianco o  é nero, le sfumature non sono ammesse. Per non parlare poi di chi ha letto ma con gli occhi foderati dal pregiudizio della lesa maestà, non capendo neppure il testo o peggio capendo solo quello che voleva capire. Sappiate però, noi non ci sentiamo dispensatori di verità assolute, non ne abbiamo la presunzione, ma evidenziare criticità di un evento, la sua mercificazione e costi sulla collettività, per non parlare dell’uso distorto della storia che viene fatto,  ci pare un dovere e continueremo a farlo. Se poi essere esperti di “alpini” vuol dire assecondare, sempre e comunque, la stucchevole tesi da “italiani brava gente” smentita dalla storia, lasciateci dire che siamo orgogliosi di non esserlo “esperti”. All’inizio eravamo divertiti nel vedere i commenti alle nostre argomentazioni  fuori dal coro sul raduno, pardon adunata degli alpini. Ma per noi si potrebbe chiamare anche marcia, carosello o girotondo, perché è la sostanza che conta non i titoli. Ribadiamo: centinaia di migliaia di persone che quintuplicano, anche solo per due o tre giorni, la popolazione di una città, non possono non creare problemi a prescindere dalle loro buone intenzioni. Buone intenzioni, ribadiamo per chi è non vuol capire,  che non abbiamo mai messo in discussione. Per tutto questo abbiamo voluto distinguerci rispetto alla enfatica, stucchevole e sdolcinata narrazione dell’evento che da giorni ammorba i media del Friuli. Lo abbiamo fatto forti del diritto di critica e anche con una certa ironia e perfino auto ironia. Ma poi visti alcuni toni e perfino velate minacce arrivare in redazione, abbiamo smesso di ridere. Non certo per paura, abbiamo in carriera visto e sopportano ben altre e credibili minacce, ma perché abbiamo provato una gran pena per persone (speriamo una minoranza) che, evidentemente, vivono nell’attesa di questo evento e la loro appartenenza al passato e al corpo in maniera distorta, in qualche caso (pochi per fortuna) ai limiti del patologico. Che inferno deve essere la loro vita se fanno il conto alla rovescia fra una adunata e l’altra. Intendiamoci, non ci riferiamo alla maggioranza che vive l’evento come occasione di festa e neppure a chi, puntigliosamente, con ottusa mentalità,  si è accanito sul fatto che avessimo definito raduno l’adunata come fosse stata una bestemmia e che evidentemente non aveva altri argomenti, o a chi si è sentito addirittura offeso perché nel testo li abbiamo definiti “piumati”. Non derisione gratuita, ma scherzosa e benevola sdrammatizzazione nei confronti di chi, evidentemente si prende davvero troppo sul serio,  forti fra l’altro delle risate fatte, spesso, con amici alpini ben meno rigidi e più capaci di autoironia. Ma soprattutto non ci riferiamo a chi esprime una critica costruttiva, senza insulti ed epiteti e anche a chi, magari solo privatamente, ci ha chiesto scusa conscio di aver esagerato. Per chi insulta e da giudizi con la mannaia della presunzione di superiorità, invece, proviamo una gran pena, perché è evidente che dai valori di cui si dicono portatori non hanno imparato proprio nulla. Cercare di delegittimare con superficiali giudizi e termini inaccettabili usando la cloaca di Facebook chi svolge lavoro giornalistico, è azione violenta. A costoro, evidentemente piace solo la grancassa mediatica piaciona, sdolcinata, che esalta le virtù e appiattisce le critiche, lisciando acriticamente il pelo, o se preferite le piume. Ma che dire buona sfilata, noi saremo comunque ad applaudire la vera brava gente che vive l’evento per quello che è, una festa. Agli altri diciamo: godetevi le autoreferenziali orge di belle parole, retoriche quanto vuote. Vocali e consonanti messe lì a casaccio, ma in realtà di nessun valore. Fabio Folisi