Oggi pausa di riflessione. Ieri chiusura della campagna elettorale. Unico evento di rilievo in Friuli il comizio “bagnato” dell’ex premier Paolo Gentiloni

Ieri ultimo giorno della campagna elettorale per queste europee che, forse per la prima volta, potranno avere ripercussioni reali sul governo dell’Europa e per molti versi anche per quello dell’Italia. Comunque tralasciando le solite banalità, come “la più brutta campagna elettorale” o “comunque vada sarà un successo per tutti”, quello che appare chiaro è che di Europa si è parlato davvero poco, mentre tanto si è parlato di equilibri politici interni con Lega e M5s che hanno cercato di proseguire nel loro strano ruolo di governo e opposizione a corrente alternata facendosi reciprochi dispetti. I primi nel tentativo di consolidare la propria palese muscolosa leadership e i secondi cercando di recuperare un ruolo dopo che per mesi hanno sottostato ai desiderata di Salvini non accorgendosi che gli stava erodendo gran parte dei consensi. L’opposizione, o meglio quella che doveva essere tale in logica democratica corretta, si è risvegliata negli ultimi tre mesi. Troppo pochi per il neo segretario Nicola Zingaretti per riuscire davvero ad essere incisivo. Lui ha cercato di comunicare all’esterno la propria idea di lista unitaria, il problema che uno dei partner scelti, Carlo Calenda (siamo Europei)  nulla ha fatto per smentire quello che appariva palese, ha utilizzato la campagna elettorale, la strumentale accondiscendenza di Tv pubbliche e private  ed il PD, nel quale è iscritto non per caso ma non certo convintamente, per consolidare la sua personale corrente. E’ facile prevedere che in futuro cercherà di condizionare i democratici, dall’interno, ma forse più probabilmente dall’esterno con lo scopo di creare quel centro di ispirazione renziana che una parte dei maggiorenti del partito, ancora legati al vecchio segretario, auspicano. Se sarà così lo scopriremo molto presto, così come scopriremo se la componente a sinistra della “lista unitaria” voluta da Zingaretti, quella di “Articolo Uno” avrà un ruolo e basterà per coprire a sinistra la lista PD-siamo europei,  facendo concorrenza alla lista “La Sinistra” di Rifondazione e Sinistra Italiana.

Ieri sera intanto a Udine è stato Paolo Gentiloni a chiudere la campagna elettorale PD, un comizio in piazza Matteotti/San Giacomo, piazza forse scelta inconsciamente perchè nella dualità del nome “Matteotti – San Giacomo” vede concretizzarsi urbanisticamente le contraddizioni delle anime, quella comunista e quella democristiana che ancora convivono faticosamente nel PD.  Infatti Piazza Matteotti, nome ufficiale, del salotto buono di Udine è perfetta per comprendere come un nome può nascondere storie diverse. Quella piazza è infatti meglio nota agli Udinesi come piazza San Giacomo: il toponimo fu cambiato nel secondo dopoguerra per ricordare il grande intellettuale comunista ucciso dai fascisti nel 1924. Piazza Matteotti è una delle più antiche del capoluogo friulano: chiamata nel medioevo “Piazza del mercato nuovo”, era però anche sede delle esecuzioni capitali.  Sperando quindi che questa vocazione alla “pena capitale” non torni più di “moda” magari fra un decreto sicurezza e un altro, torniamo alla manifestazione di ieri pomeriggio, svolta  sotto una pioggia impietosa che quasi simbolicamente è iniziata poco prima del comizio finendo subito dopo. Un segnale dal cielo di difficile interpretazione, come del resto molte cose di questo PD. Ma del resto la pioggia può essere portatrice di pulizia e benessere o di sciagure. Gentiloni dal palco l’ha vista come un segno di resistenza, volontà e tenacia, ringraziando i militanti che nonostante gli scrosci si stringevano intorno al palco. Il  meteo avverso infatti  ha costretto molti che erano accorsi al richiamo del PD a ripararsi sotto i portici che circondano la piazza mentre  un gruppo di irriducibili militanti “ombrellati” si erano piazzati davanti al palchetto coperto in tutta furia con un gazebo. Senza quel gruppo di temerari sfidanti delle intemperie i dirigenti del PD avrebbero dato l’impressione di parlare ad una piazza vuota. Ma in realtà non era così, anche se difficile era fare una conta dei partecipanti, ma considerando che nell’intero porticato si faceva fatica  a passare tanta era la gente assiepata, la partecipazione di alcune centinaia di persone, almeno 500, è dato reale. Non pochi con i tempi che corrono.  Comunque, temporale a parte tutto si è svolto come previsto, Paolo Gentiloni ha chiuso la manifestazione e la campagna elettorale in Friuli Venezia Giulia dopo gli interventi dei candidati alle europee nella lista PD-Siamo europei, Isabella De Monte e Furio Honsell. Breve intervento anche da parte del segretario regionale Cristiano Shaurli che ha ringraziato, come prassi vuole,  i militanti per l’impegno profuso in campagna elettorale. Da parte sua  Paolo Gentiloni, che va ricordato è oggi il presidente dell’Assemblea nazionale del Pd ma che abbiamo conosciuto nel suo ruolo di premier, come persona seria e pacata, non ha smentito la sua natura con un intervento chiaro incentrato soprattutto sui temi europei e sui pericoli che il nazionalismo può generare: “E’ bestia all’origine di guerre e dittature” ha spiegato ribadendo quanto aveva già espresso nelel ore precedenti a Trieste: “Un buon risultato avrà un duplice significato: sarà un segnale all’Unione europea contro il nazionalismo, dal Paese dove è più forte, e sarà un passo verso la costruzione dell’alternativa. Il voto di domenica deve servire a dire basta all’interminabile guerra delle due forze di governo e dei due vicepremier”.  Ripercorse le sanguinose tappe del Novecento in Europa, dall’attentato di Sarajevo all’Olocausto, Gentiloni ha indicato che “la bestia che è all’origine di tutte queste tragedie, delle dittature e delle guerre, è la bestia del nazionalismo. E noi non possiamo consentire che il progetto europeo dopo sessant’anni sia di nuovo minacciato e incrinato dal nazionalismo”. Riferendosi a Trieste che “guarda da vicino ad altri Paesi, ad altre culture, a tradizioni diverse”, l’ex premier ha affermato che “qui più che mai si capisce quanto l’Europa ci abbia dato in termini di pace e di collaborazione con i popoli a noi vicini”. “Il 26 di maggio è un’occasione – ha puntualizzato Gentiloni – per dire che anche in Italia, dove pure il nazionalismo è al governo, si può far sentire una voce europeista, che in tutti i Paesi europei aspettano di sentire dall’Italia, perché fa pare della nostra storia e della nostra tradizione politica”.

Fabio Folisi