Opinioni dal “vulcano” siriano: Eid al Fitr la festa conclude il Ramadan e le… corrispondenze
Eid al Fitr, questa festa conclude il Ramadan e mette fine al periodo di digiuno che la stragrande maggioranza dei musulmani osserva ogni anno per circa un mese. È una festa molto importante, probabilmente la più significativa celebrata dall’Islam e rappresenta una rottura ed un inizio. Ecco, anche per il sottoscritto questa data significa che il momento è arrivato e che è ora, dopo quasi un anno e mezzo, di mettere fine a quest’esperienza. Almeno temporaneamente, poi come sempre, si vedrà. Sono arrivato in Siria ad inizio del 2018, quando ormai i sogni di gloria del califfato erano naufragati miseramente sotto le bombe e le avanzate, da una parte delle truppe dell’esercito siriano (SAA) sostenuto dall’aviazione russa, dalle guardie della rivoluzione iraniane e da Hezbollah, dall’altra delle milizie kurde (YPG e YPJ), da quelle arabe della Siria del Nord Est (NES) affiancate dagli aerei Usa e della “coalizione”. Questo per rimanere in Siria, ma in Iraq le cose procedevano in parallelo e se Raqqa era stata liberata, lo stesso avveniva per Mosul con risultati simili in termini di distruzione lasciando il terreno più o meno libero dall’Isis, ma con uno starscico di macerie (senza parlare delle vite umane perse e di cui nessuno fino ad oggi ha fatto i conti) davvero impressionanti. In vita mia, pur essendo passato attraverso numerose zone afflitte dalla guerra, mai avevo visto un livello di disintegrazione paragonabile a Raqqa o, in misura un po’ minore, a Mosul.
Immediatamente dopo, è arrivata l’invasione turca del cantone di Afrin, nella parte nord occidentale della Siria, all’epoca terrritorio sotto il controllo dei kurdi. La situazione generale era in ogni caso tutt’altro che chiara e sebbene Daesh avesse chiaramente le ore contate in termini militari, molte erano le zone ancora fuori controllo del governo, dal lato occidentale dell’Eufrate, o della coalizione dell SDF (Syrian Democratic Forces) dal lato orientale del fiume. Naturalmente non si trattava solo dell’Isis, i cosiddetti ribelli rappresentavano (e tutt’ora rappresentano) una miscela di fanatici ben più variegata, ma con il comun denominatore di un’idea condivisa e anni luce lontana da qualsiasi idea di democrazia.
Infatti, nella primavera dello scorso anno, le truppe di Damasco ed i loro alleati scatenarono un’offensiva che dopo mesi di feroci combattimenti e di bombardamenti serrati, portò alla conquista del territorio a sud e ad est della capitale fino a quel momento sotto il controllo dei ribelli di cui sopra. Anche in questo caso la distruzione ha toccato livelli di ferocia estremi. Ci sono state anche accuse da parte della cosiddetta opposizione nei confronti del governo di uso di armi chimiche (nella fattispecie di proiettili al cloro), immediatamente sottoscritte dai governi occidentali e dai “democratici” emiri del Golfo che senza aspettare eventuali prove di colpevolezza, decisero di sparare bordate di missili sulla capitale e su altri obiettivi “strategici”. A distanza di tempo, un paio di settimane fa, si è scoperto che il rapporto dell’OPCW, l’agenzia dell’Onu incaricata di indagare sui fatti, ha omesso di inserire la relazione di uno dei commissari (che diceva che appariva chiaro che i proiettili erano stati messi manualmente sul luogo del presunto attacco e che era impossibile fossero stati lanciati da aerei o elicotteri) dal rapporto finale sui fatti. In sostanza, il cosiddetto attacco era una messinscena o probabilmente organizzato dagli stessi soggetti che controllavano il terreno in quel momento. Pare che nessuno in occidente se ne sia accorto…. in compenso ancora adesso non mancano i soliti allarmi secondo i quali Assad si preparerebbe ad un nuovo attacco chimico nell’area di Idlib; come possa giovare eventualmente un simile atto al governo centrale rimane davvero da capire, ma evidentemente i risultati precedenti hanno avuto un buon esito e il mondo è pieno di validi giornalisti pronti a credere alle prove farlocche che fino ad oggi sono state sufficienti a convincere il mondo.
Poi, piano piano la maggior parte della Siria , da entrambe le parti, è stata liberata a furia di combattimenti che solo da poco, almeno in NES, si sono conclusi con il risultato di ulteriori spostamenti forzati di civili che finiscono nei campi attrezzati dove si trovano mescolati a ciò che rimane dei feroci combattenti seguaci di Al Baghdadi rendendo la situazione all’interno dei campi stessi tragicamente complicata. Nessuno sa cosa farsene di questa gentaglia (parliamo degli ex combattenti e pure delle loro vedove/ex mogli), tantomeno i paesi da cui queti sggetti provengono; in verità l’Iraq aveva anche proposto di gestirseli dietro lauto compenso; tipo lasciateli a noi, pagateci perbenino e poi si vede che farne, che una soluzione si trova. Quella fino ad oggi adottata da Baghdad, è piuttosto sommaria senza che nessuno protesti granchè. Tutto sommato per certi versi persino comprensibile.
Al di là della sorte dei barboni e famiglie, naturalmente ci sono altri problemini ancora da risolvere, alcuni dei quali hanno cominciato ad intravedere un loro percorso. Tipo la questione di Idlib, nel nord ovest della Siria, una delle regioni dove la situazione si è fatta davvero ingarbugliata. In quell’area il governo di Damasco aveva concentrato tutta la feccia che in precedenza aveva tenuto sotto scacco la regione rurale della capitale, Ghouta, Daraa…. e il sud dello stato. Nel frattempo, nell’area di Idlib ed Hama, e dopo una lunga serie di liti interne tra truppe salafite, il controllo praticamente totale della sacca è nelle mani di HTS, Hayat Tahrir al Shaam, detto in altro modo, Al Qaeda. Anche l’ONU, finora attore di second’ordine nella regione, si sgola per evitare un bagno di sangue inevitabile e conseguenza dell’avanzata delle truppe fedeli a Damasco protette dalla’aviazione russa. Che ci sia il pericolo consistente dei cosiddetti effetti collaterali è ovvio, ma fino ad oggi dal palazzo di vetro non si sono alzate eccessive proteste per altre equivalenti stragi ma procurate da forze, al contrario del SAA (Syrian Arab Army), amiche dell’occcidente. In ogni caso, la questione Idlib prima o poi dovrà trovare una soluzione e quella gentaglia essere cacciata a calci in culo.
Anche nel NES la liberazione dall’Isis ha portato sì qualche beneficio, ma in compenso il fatto di non avere più un nemico unico da combattere, l’Isis per l’appunto, ha fatto sì che tutte le varie componenti della coalizione o SDF ora trovino minori motivi per combattere per una causa comune e che ognuna delle milizie che fino ad oggi più o meno combattevano assieme, cerchino ora di passare all’incasso. La regione nell’ultimo mese ha subito una recrudescenza di attentati, attacchi a caserme o posti di blocco del SDF o a soggetti che durante la guerra avevano assunto posizioni di potere. Anche zone in cui mai prima si erano verificati atti terroristici con una certa regolarità, la sicurezza non è più stabile. Le versioni ufficiali parlano di cellule dormienti dell’Isis, ma la sensazione è che questi fatti non siano altro che l’inizio di dispute complicate all’apice delle quali ci siano i veri poteri forti della regione; quelli tribali che fino ad oggi hanno messo a disposizione le proprie milizie e ora chiedono il conto.
Insomma, Ramadan è finito, io me ne vado, ma pare che le questioni da risolvere siano davvero ancora lontane da una qualsiasi soluzione.
Chiedo scusa a chi ha avuto la bontà e la pazienza di leggere queste mie piccole osservazioni se posso aver dato l’impressione di saccienza ma non ho mai preteso di descrivere la verità; ho solo cercato di mettere assieme, analizzandole attraverso le mie sensazioni, le cose che vedevo, sentivo e percepivo. Posso dire che alcune delle cose che ho provato a descrivere attraverso le mie interpretazioni alla fine si sono rivelate piuttosto azzeccate, ma non era difficile prevederlo; forse bisognava essere da quelle parti e viverle in qualche modo. Niente, tutto ciò che ho scritto e di cui ho parlato sono solo, appunto, il frutto del vivere direttamente all’interno di una situazione estremamente complicata cercando di guardare, sentire, annusare ciò che mi stava succedendo attorno. Quell’esperienza mi mancherà di certo e magari cercherò di rimanere in contatto con il contesto che mi ha ospitato in questo anno e mezzo per provare a capirci ancora qualcosa. E, se possibile, continuare a raccontare ciò che mi parrà di capire.
Docbrino