Opinioni: un corpo estraneo chiamato sinistra?
Una cosa devo riconoscerla alla Lega. Quando pensi che abbiano raggiunto il fondo dell’abiezione, dell’inciviltà e della volgarità, se ne esce uno dei loro e ritocca il record. O una come in questo caso: perché la vincitrice del premio “Julius Streicher” di oggi è la sindaca di Monfalcone Anna Maria Cisint, già nota in passato per esternazioni e azioni di stampo xenofobo e autoritario e con lei altri componenti della sua Junta. Uno dei suoi diadochi, ad esempio, ottenne gli onori della cronaca nazionale alcuni mesi fa per un sonetto nel quale metteva in ridicolo i naufragi e i drammi dei migranti. La notorietà fu dovuta al tema e alla inaudita volgarità con cui era trattato, non certo alla pregevolezza della metrica, “barbara” quante altre mai.
I fatti sono ormai noti: la sindaca di Monfalcone sostiene che bisogna istituire un “centro di ascolto” per raccogliere nomi e misfatti degli “insegnanti di sinistra” che “con le loro ideologie, avvelenano i giovani, osteggiando apertamente le scelte democratiche che gli italiani stanno manifestando verso gli amministratori della Lega”.
L’idea di schedare gli insegnanti di sinistra (quelli di destra, negazionisti dell’Olocausto compresi, ovviamente alla Cisint vanno benissimo) è un’idea illegittima, illegale, incostituzionale e inattuabile che dimostra solo il livello di cialtroneria che questa signora – in pieno delirio di onnipotenza – ha per ora saputo raggiungere. Ma la sua mentalità grigia e prepotente è utile per capire la mentalità dei leghisti nel loro complesso. Nelle poche righe che ho citato ci sono due cose che vanno sottolineate e che sono caratteristiche, la prima è che “gli insegnanti di sinistra con le loro ideologie avvelenano i giovani”.
La Cisint – nel suo astio fanatico – considera “quelli di sinistra” come un corpo estraneo alla società, da rimuovere, da privare dei diritti civili e politici, come fu fatto negli anni ’30 nei confronti degli ebrei. Per questa fascistella di provincia esistono gli italiani bravi (quelli che votano Lega) e “i comunisti” (chiunque non sia di estrema destra) e questi vanno combattuti ed eliminati, perché a lei non garba che le società democratiche vedano la presenza di opinioni diverse e che – anzi – il confronto ne sia una delle anime ineliminabili. Per lei la sinistra non è un avversario da battere alle elezioni, ma una metastasi da estirpare e in questo denota una mentalità totalitaria che dovrebbe fare accapponare la pelle non solo chi è “comunista con il Rolex” ma chiunque ritenga che la convivenza sociale non possa essere una giungla dove il più forte sgozza chi si pone sulla sua strada. Ovviamente sarebbe sterile attendere dai famosi “moderati del centrodestra” (che non esistono) parole di critica, in fondo il “moderato e liberale” Silvio Berlusconi nell’aprile 2008 a Matrixaveva dichiarato che “senza Sinistra si vivrebbe meglio”. Tacciono, da vigliacchi quali sono. Ed è anche per questo che sono, giorno dopo giorno, sempre più ininfluenti elettoralmente.
Le donne e gli uomini “di sinistra” non sono dei nemici interni, degli agenti di una potenza straniera che mirano a indebolire l’ordine democratico (quella semmai è la Lega, almeno fino a quando non chiariranno i rapporti politici ed economici con la tirannia russa), sono persone che vivono, lavorano, pagano le tasse (con le quali si mantiene pure tutto il legaiume istituzionali che – da Salvini in giù – ci inonda quotidianamente con il suo tsunamidi stronzate). E insegnano nelle scuole. Insegnano tante cose – alcune bene, altre meno – ma di sicuro non insegnano a odiare il compagno di banco. Non sono, non siamo un escrescenza dell’Italia, ne siamo parte integrante, molto di più di chi appartiene a un partito nel cui statuto compare ancora l’obiettivo politico della secessione della Padania (qualsiasi cosa sia).
La seconda parte della frase è parimenti istruttiva: “osteggiando apertamente le scelte democratiche che gli italiani stanno manifestando verso gli amministratori della Lega”. Secondo questa leghista, chi vince le elezioni non andrebbe osteggiato o criticato (lei, peraltro, quand’era all’opposizione insultava quotidianamente la giunta in carica, ma si sa, oggi i principi si cambiano più spesso dei calzini). E’ il tipico approccio della “democrazia populista” mirabilmente descritta – tra gli altri – da Robert A. Dahl nel suo “Prefazione alla Teoria Democratica”del 1953. Per il populista la “democrazia” coincide interamente con l’occupazione del potere e l’estremizzazione del principio di maggioranza. Chi vince diventa il padrone e ogni principio di check & balancesè semplicemente ignorato.
La mentalità populista ha una visione cavernicola della lotta politica. La democrazia è vista come un modo attraverso il quale una banda diventa la padrona del quartiere e può spadroneggiare indisturbata. Non sanno o non vogliono sapere che la democrazia è invece soprattutto limitazione del potere, protezione del cittadino dall’arbitrio, libertà di vivere e prosperare al sicuro dalle ingiustizie e dalla violenza di chi detiene il “monopolio legittimo della forza”. La democrazia non è fatta – come mi è capitato di scrivere tempo fa – dai 99 che applaudono, ma dal singolo che se ne sta con le braccia conserte ed è libero di borbottare che quei 99 hanno torto.
Questo perché in democrazia si ottiene il mandato per governare nel rispetto delle regole per un numero prefissato di anni, non la possibilità di fare “piazza pulita”. La Signora Cisint, ad esempio, è stata eletta sindaca nel 2016 con 6642 voti (30,1% degli aventi diritto) e il suo partito – quella Lega che non si può contestare – di voti ne ha ottenuti 1227 (600 in meno del PD), cioè il 5,6% degli aventi diritto al voto e il 14% di chi ha votato. Sono sufficienti per essere eletti sindaco in un regime di potere limitato e sobrio, ma decisamente pochi per giocare a fare Caterina la Grande, ruolo per il quale sarebbe pure richiesta uno charmeed una classe innate che la signora Cisint non sembra possedere.
Questo voler sopprimere il dissenso è la fotografia non solo di una mentalità arrogante e autoritaria, ma anche di una debolezza. Il leadervero ama convincere, non prevaricare. E questa idea che chi vince le elezioni diventa legibus solutus non ha dignità politica, culturale o istituzionale da diversi secoli. E’ vero che un sovrano francese nel ‘700 affermò su un punto controverso che “è legale, poiché io lo voglio!”, ma non si trattò – come si potrebbe credere – di Luigi XIV, lui non aveva bisogno di tali smargiassate. La frase è di Luigi XVI, pesantemente criticato nel 1787 durante un Lit de Justiceparticolarmente turbolento.
Tanta arroganza non portò bene a Luigi XVI, se lo ricordi la Signora Sindaca… Il popolo è talmente volubile…
Marco Cucchini