“Pasolini America Warhol” inaugura domenica a Casarsa (Pn) l’importante mostra che indaga un rapporto controverso

_Pier Paolo Pasolini per le stra de di New York, 1966 © L’Europeo _ RCS Mediagroup Spa _ Ph. Duilio Pallottelli All Rights Reserved.jp

Inaugura domenica 22 dicembre, alle 11, nel Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa (Pordenone) che la organizza, la mostra “ Pasolini America Warhol ”. L’esposizione, che rimarrà aperta fino al 23 febbraio 2025, rientra nel progetto “Pasolini/America. il poeta, il regista, l’intellettuale davanti al “Nuovo Mondo ”, realizzato dal Centro Studi in collaborazione con l’Università di Udine e la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di missione anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali e internazionali e con il sostegno di Banca 360.

La prima tappa del progetto che nel febbraio 2025 culminerà con un convegno internazionale a Casarsa (e nell’occasione sarà presentato anche il catalogo della mostra, che comprende i saggi dei due curatori, una cronologia dettagliata dei viaggi di Pasolini in America e una selezione dei testi in cui il poeta si è confrontato con la cultura e la cronaca degli Stati Uniti Unit i) racconta un capitolo affascinante e poco noto della vita e dell’opera di Pier Paolo Pasolini: il suo rapporto suggestivo con l’America, in un dialogo indiretto e profondo con la cultura, l’arte e la società statunitense.

La mostra è curata da Alessandro Del Puppo , docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Udine e autore del volume “Pasolini Warhol 1975” (Mimesis, 2019) e da Giada Centazzo , studiosa e critica d’arte, attualmente assegnista di ricerca all’Università di Udine per il progetto “Pasolini/America. il poeta, il regista, l’intellettuale davanti al “Nuovo Mondo”.

Fra letteratura, fotografia e arte, il percorso espositivo ricostruisce la complessa relazione di Pasolini con gli Stati Uniti, esplorando i temi e le suggestioni che emersero nel corso della sua vita e della sua acuta osservazione delle cose d’America.
“Quelli di Pasolini con gli Stati Uniti – spiega Del Puppo – furono inizialmente rapporti indiretti, spesso mediati da pagine di letteratura e poesia. Il rapporto venne poi sostanziato dai due soggiorni, nel 1966 e nel 1969, con le esplorazioni selvagge nei quartieri off di New York. Era l’America del crescente impegno militare in Vietnam, dei discorsi di Martin Luther King e delle manifestazioni studentesche e antimilitariste. Pasolini apparve affascinato e incuriosito dallo stile di vita americano soprattutto come chiave di confronto e di verifica delle categorie storico-sociologiche che andava affinando nei suoi interventi “corsari”. Significativa -prosegue il co-curatore della mostra – è la pagina estrema che dedicò a Andy Warhol, icona della pop art e il più intonato cantore della società dei consumi e del neocapitalismo. Impostosi come il più accanito e addolorato denunciatore del “genocidio culturale” delle società occidentali, Pasolini aveva interpretato il mutamento antropologico degli italiani in ragione d’un vituperato consumismo, e la società dei consumi come un prodotto della televisione”.

05_ Andy Warhol, Ladies and Gentlemen FS 127, 1975 Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc

06_ Andy Warhol, Marilyn FS I 26, 1967 © © Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc. jpgOW48a-

In mostra un momento chiave riconduce al 1963, quando Pasolini realizzò il docu-film “La rabbia”. All’interno del film si recita la poesia “In morte di Marilyn” , dedicata a Marilyn Monroe, scomparsa pochi mesi prima. La sequenza cinematografica viene qui proposta in un affascinante confronto con la celebre “Marilyn” di Andy Warhol .

Un capitolo straordinario e profetico è quello sul rapporto a distanza tra Pasolini e Warhol. Sebbene i due artisti non si siano mai incontrati di persona, nell’estate del 1975 Pasolini scrisse un testo di presentazione per “Ladies and Gentlemen”, la serie di serigrafie che Warhol dedicò ai travestiti di New York. Questo scritto, uno degli ultimi testi di Pasolini prima della sua tragica morte, fu pubblicato postumo nel catalogo di una mostra milanese nel maggio 1976, esposizione che faceva seguito all’anteprima mondiale della serie, una grande esposizione tenuta a Ferrara fra l’ottobre e il dicembre 1975. Qui, le citazioni tratte da quel testo, e dunque le parole di Pasolini, affiancano le serigrafie di Warhol, in un dialogo che anticipa tematiche oggi centrali come l’identità, la marginalità e la cultura Queer e LGBT+.

Lungo il percorso il visitatore incontra poi una selezione dei testi di autori americani che Pasolini lesse in gioventù. Il primo approccio alla narrativa statunitense avvenne grazie all’antologia “Americana” curata da Elio Vittorini e pubblicata nel 1941. Per Pasolini e la sua generazione, fu la scoperta di una letteratura fino ad allora quasi sconosciuta in Italia.

La parte centrale della mostra è dedicata ai due viaggi compiuti da Pasolini negli Stati Uniti, nel 1966 e nel 1969. Il primo avvenne per promuovere i suoi film; al ritorno in Italia, Pasolini incontrò Allen Ginsberg ed ebbe la rivelazione di un’altra America, di un mondo che gli si chiarì più nettamente durante il secondo soggiorno, nel 1969, quando gli Stati Uniti erano in fermento per le lotte sociali e le rivendicazioni dei diritti civili della popolazione afroamericana.

Questo capitolo del rapporto di Pasolini con l’America è illustrato attraverso le fotografie scattate da grandi autori, fra i quali Duilio Pallottelli (Archivio RCS, viaggio a NY 1966) e Duane Michals (viaggio a NY del 1969), che ritrassero Pasolini durante il soggiorno a New York nel 1966: i testi del poeta e le immagini raccontano le sue impressioni su un’America contraddittoria e ribelle.

In questa sezione è inclusa anche una parte della celebre intervista che Pasolini rilasciò a Oriana Fallaci dopo i dieci giorni trascorsi nella metropoli pubblicata su L’Europeo nel 1966 e nella quale lui, marxista convinto, rifletteva sul suo amore, inaspettato e apparentemente contraddittorio, per New York, simbolo del capitalismo mondiale.

04_Duane Michals, Pier Paolo Pasolini a New York, 1969 © Duane Michals _ courtesy Admira, Milano

Un passaggio della mostra è infine dedicato alle edizioni americane dei libri di Pasolini. Già dai primi anni ’60, i suoi scritti furono tradotti e pubblicati negli Stati Uniti, fino ad arrivare ai giorni nostri, segno di un dialogo duraturo con il pubblico americano.

“La mostra – sottolinea il presidente del Centro Studi Pasolini Marco Salvadori – rappresenta un evento di rilievo perché esplora sistematicamente il rapporto fra Pier Paolo Pasolini e l’America e, facendoci riflettere su una visione dell’America in cui si mescolano critica e fascino, parole, immagini e arte senza tempo, conducono efficacemente al convegno internazionale del prossimo febbraio inserito nel progetto complessivo”.

“Pier Paolo Pasolini – conclude il co-curatore della mostra Alessandro Del Puppo – da sempre considerato il poeta, regista e intellettuale friulano, italiano ed europeo, e colui che ebbe un’attenzione profonda per i Paesi del Terzo Mondo nei quali viaggiò, vide nell’ America di chi protestava e nei travestiti ritratti da Warhol, figure estromesse e marginali, avvertendone il potenziale rivoluzionario, nel bene e nel male. Ancora non poteva saperlo, ma stava affrontando temi che oggi appartengono alla cultura Queer e LGBT+, parole allora inesistenti ma già vive nelle realtà raccontate dal poeta”.