Passaggi proibiti
C’è una sola possibilità, un solo passaggio percorribile per entrare o uscire dal Kurdistan Siriano a quello Iraqeno e viceversa. Le due sponde che racchiudono il Tigri che da una parte delimitano il territorio siriano e dall’altra quello iraqeno, sono unite da un pontone militare ed i traffici sia di persone che di merci attraversano il fiume su questa opera temporanea che dura ormai da parecchi anni. Fino al 2018 inoltrato, per passare da un lato all’altro, naturalmente non per i veicoli commerciali, si usava una barca che faceva la spola avanti e indietro stracarica di bagagli di qualsiasi dimensione. Dalla parte siriana non c’era un vero e proprio approdo e dunque era meglio prepararsi in anticipo per non cadere a terra nel momento dell’impatto con la sponda del fiume.
In seguito il pontone è risultato essere una soluzione decisamente molto migliore anche se non sono mancati alcuni problemi. Il ponte è stato trascinato via dalle piene del fiume più di una volta e ci è sempre voluto del tempo prima di poterlo usare di nuovo. E questo è comprensibile; nel frattempo si usava il valico di Walid, un po’ più a sud dove si arrivava dopo aver espletato le formalità di “dogana” in ogni caso a Semalka o a Feishabour (FK). In effetti, Walid rappresenta la seconda soluzione per il passaggio, ma l’attraversamento è consentito solo al traffico commerciale, mentre le persone possono usare, a parte nei casi specifici citati, solo Semalka o FK.
Tra i problemi legati alla chiusura di Semalka-Feiskabour (si scrive in svariati modi) a cui ci si riferiva poc’anzi, i maggiori e meno risolvibili sono quelli “politici”. Da una decina di giorni infatti il confine è stato chiuso a causa di diatribe tra la parte kurdo-siriana e quella kurdo-iraqena. La decisione è stata presa dalla parte delle autorità di Erbil, capoluogo (praticamente capitale) del KRI (Kurdish Region of Iraq) anche detto KRG (Kurdish Regional Government) a causa di alcune “incomprensioni” tra le due parti.
Di recente, nei pressi di Erbil, è stato inaugurato il museo dei Barzani, la famiglia che imersonifica tutta la storia recente del KRI. Da sempre e a partire da Mulla Mustafa Barzani, la famiglia ha governato la Regione provvedendo primi Ministri, Presidenti e Ministri vari, di fatto controllando sia la vita politica che economica del KRI, ricoprendo incarichi ovviamente importanti anche nel Governo federale di Baghdad. In realtà ci sarebbe una seconda famiglia che esercita e condivide il potere nella Regione, quella dei Talabani, i cui interessi si concentrano però maggiormente nella parte orientale confinante con l’Iran, quella il cui epicentro è Suleymanyiah.
Tra le due famiglie non è mai corso eccessivo buon sangue e le loro milizie si sono spesso scontrate anche pesantemente. Succede dunque che anche i rapporti tra le due fazioni e i loro interlocutori esterni siano di diversa natura e che i legami con i partiti del Kurdistan siriano vadano in direzioni opposte. Il PDK, Partito Democratico Kurdo, il cui leader è sempre della famiglia Barzani che ha ottimi rapporti con Ankara, ha come riferimento privilegiato in Rojava il KNC, Kurdish National Council, che però non è la formazione di governo. Chi amministra invece in NES (North East Syria) detto anche impropriamente Rojava, è il PYD, Democratic Union Party che fa riferimento alle idee di Apo Ochalan, leader del PKK, Partito dei Lavoratori Kurdi (in Turchia) che in Siria ha vissuto per anni prima di venire estradato e poi arrestato dai servizi turchi (anche israeliani probabilmente). In quell’occasione vale la pena di ricordare la magra figura che il governo italiano dell’epoca ha rimediato.
Bene, si diceva dei diversi legami tra partiti kurdo siriani e iraqeni e dei diversi interlocutori. Il PUK, Patriotic Union of Kurdistan, egemonizzato dalla famiglia Talabani, preferisce avere rapporti preferenziali, contrariamente al PDK, con il PYD. Dunque le dispute interne al KRI si spostano anche dall’altro lato del fiume. Inutile dire che gli USA che appoggiano il PDK in KRI provano in tutti i modi a sponsorizzare il KNC in NES tentando di replicare le politiche del PDK, in modo da recuperare i legami con la Turchia che negli anni recenti hanno subito fratture importanti ed evitando un possibile riavvicinamento tra il NES amministrato dal PYD ed il governo centrale di Damasco, nonché magari con i russi.
I giovani attivisti del PYD si sono spesso scontrati con i rappresentanti del KNC, a volte anche in modo duro incendiando le sedi di quel partito e usando maniere forti. È chiaro che tutto ciò non può rimanere senza riflessi anche in KRI e dunque anche occasioni tipo quella recente dell’inaugurazione del museo “Barzani” a cui erano stati invitate personalità del KNC che però non hanno ricevuto il via libera delle autorità del NES, ha creato attriti tra le varie parti, provocando la secca reazione di Erbil che ha imposto la chiusura del confine.
Ciò a sua volta ha provocato molti problemi a coloro che non hanno alternativa se non passare da Feishabour e Semalka per entrare da una o dall’altra parte. In particolare i kurdi siriani che sono riusciti a scappare dalla guerra e che ora vivono prevalentemente in Europa, generalmente con lo status di rifugiato. L’unica alternativa sarebbe quella di entrare dalla parte controllata dal Governo siriano, ma in questo caso sul passaporto ci sarebbe traccia del rientro che comporterebbe la revoca dello status acquisito; inoltre molti kurdi potrebbero avere parecchi problemi con le autorità governative. Considerando la situazione della sanità in NES, sono molti coloro che sono costretti a curarsi in KRI; anche per loro per ora non c’è nulla da fare.
Lo stesso traffico commerciale risente in maniera pesante dalla chiusura, e nonostante l’alternativa di Walid (dedicato prevalentemente al flusso del petrolio siriano verso il KRI), non riesce più a rifornire adeguatamente i mercati del NES.
Insomma, un bel casino che non si sa come e quando avrà fine. È chiaro che prima o poi, in teoria anche domani, il confine verrà riaperto; altrettanto chiaro che i problemi che hanno provocato la chiusura del valico rimangono aperti e che una soluzione definitiva, visti i diversi appetiti dei vari contendenti, non è certo a portata di mano. Naturalmente e come al solito, è facile indovinare chi pagherà il prezzo delle dispute tra grandi. Come diceva il Marchese del Grillo: “io so’ io, e voi nun siete un cazzo”.
Docbrino