PNRR, resilienza dell’agrosistema irriguo, migliore gestione delle risorse idriche. Legambiente: E’ davvero tutto oro ciò che luccica?
In una nota Legambiente interviene sul tema della gestione delle risorse idriche: abbiamo appreso dalla stampa, si legge nella nota, che un corposo insieme di progetti di ammodernamento del sistema irriguo regionale è stato ammesso a finanziamento con il primo bando del Ministero dell’Agricoltura in attuazione del PNRR. Trattasi della realizzazione di impianti a pioggia là dove oggi esiste ancora l’irrigazione a scorrimento e della sostituzione degli impianti a pioggia esistenti, realizzati per lo più con i riordini fondiari degli anni ’80-’90, con altri impianti a pioggia che prevedono la posa in opera di tubazioni in plastica sostitutive di quelle esistenti (tuttora funzionanti molto bene) e l’installazione di contatori dell’acqua per le utenze. Si tratta, per adesso, di 175 milioni di lavori, cui altri 44 si potrebbero aggiungere, per ottenere un risparmio del 20% (dichiarato) di acqua rispetto a oggi. Se la sostituzione della rete a scorrimento pare essere una cosa condivisibile, non altrettanto pare la sostituzione delle reti irrigue nei comprensori riordinati (ca 10.000ha). Infatti non si capisce quale sia la necessità di sostituire reti di poco più di 30 anni di vita, che funzionano perfettamente, pur con qualche piccolo acciacco, sostituendole con altre di materiale plastico senza nessun apparente vantaggio in termini di riduzione delle emissioni e di risparmio d’acqua. Ci domandiamo, e chiediamo alla Regione ed al Consorzio Bonifica Friuli Centrale sulla base di quali calcoli si prevede di ottenere un risparmio d’acqua così significativo (20% in meno rispetto a cosa e per quali superfici? Quanta acqua in meno in mc?), e, se si pensa di poter risparmiare il 20% di acqua, perché si sia deliberato lo scorso agosto il dimezzamento costante del deflusso minimo vitale sul Tagliamento alla presa di Ospedaletto per il quinquennio 2020-2024 in deroga alle norme europee e di una valutazione d’incidenza negativa sulle ricadute ambientali di tale riduzione? Se si prevede il risparmio a valle perché un consistente aumento dell’acqua prelevata a monte? Non sono domande oziose. In tempi di scarsità della risorsa acqua e di politiche di resilienza a fronte di crescenti (e incontrollati) consumi, ogni investimento, soprattutto se ingente finanziariamente come quello appena approvato, deve puntare al risparmio (dimostrato) delle risorse e motivare i propri benéfici effetti e ricadute sull’ambiente e non solo genericamente affermarli.
E’ noto che nelle nostre campagne si producono prevalentemente colture che richiedono molta acqua per produzioni a medio-basso valore commerciale ma ad alto impatto ambientale. Perché in tanti anni non si è mai avviata una seria conversione e differenziazione delle produzioni verso colture a maggior reddito e con un più modulabile, nel tempo e nello spazio, bisogno idrico? Infine, con quale prospettiva si permane in una logica di consumo idrico esasperato quando la stessa Corte dei Conti Europea denuncia l’insostenibilità di un uso quantitativo crescente dell’acqua nell’agricoltura anziché di un suo uso più efficiente? Se il buongiorno si vede dal mattino, si può dire che per il PNRR non è una buona partenza. Davvero non è tutto oro ciò che luccica”.