Primarie PD: Cuperlo a Trieste e Bonaccini a Udine dove conferma la sua idea di pacificazione interna

Stefano Bonaccini

Ne sono convinti tutti, dentro e fuori al Partito Democratico, il successore di Enrico Letta avrà l’arduo compito di ridare mordente e slancio ad un partito che dopo il fallimento del progetto di campo largo, gli strappi con il Terzo polo di Calenda e Renzi, deve decidere senza ambiguità che strada prendere. Oggi a Trieste e Udine si sono visti e sentiti due dei quattro candidati alla segreteria nazionale. Gianni Cuperlo a Trieste nella mattinata e Stefano Bonaccini a Udine nel tardo pomeriggio. Probabile, ma in tempi non ancora definiti, l’arrivo degli altri due candidatiti Elly Schlein e Paola De Micheli. I profili e le storie dei quattro candidati sono molto differenti tra loro e ogni possibile segretario guarda a suo modo verso latitudini diverse se non altro dal punto di vista dello stile più che nei programmi. Stile o meglio “anima” che mai come in questo caso potrebbe essere sostanza, dato che dietro ai volti dei quattro si muovono, come normale in un grande partito, appoggi e personaggi navigati e, anche se tutti lo negano, sono l’ombra pesante delle vecchie correnti. Tornando alla cronaca Gianni  Cuperlo è tornato nella sua città natale Trieste per esporre le idee del partito per il futuro e chiedere il sostegno in una serie di incontri, accompagnato dai referenti regionale e provinciale della mozione “Promessa democratica” Roberto Cosolini, Francesco Bussani e Maria Luisa Paglia. Bonaccini a Udine ha partecipato, prima ad un incontro al Centro Balducci, dove è stato anche ricordato l’anniversario del rapimento  di Giulio Regeni e successivamente ad  incontro  nella sala Madrassi in via Gemona nel capoluogo friulano. Sala piena ma non pienissima per il candidato che viene considerato, da discutibili  sondaggi in testa. Infatti il sistema di voto delle primarie in realtà non consente vere analisi di flussi di voto perchè vi sono variabili statutarie che rendono le dinamiche del voto complicate. In sostanza  alle primarie vere e proprie non andranno in 4 ma solo i primi due classificati nelle assemblee dei “circoli” in una sorta di primo turno. Tutto lascia pensare comunque che saranno Bonaccini e Schlein a doversi confrontare nel turno finale delle primari vere e proprie ai gazebo il 26 febbraio.

Bonaccini in sala Madrassi  a Udine

Bonaccini a Udine, dopo il doveroso augurio ai candidati per le competizioni elettorali delle Regionali Fvg e comunali di Udine del 2 e 3 aprile prossimo (fra l’altro in sala era presente Felice De Toni)  ha parlato con modi pacati da navigato politico:  chi si attendeva un candidato polemico o  all’attacco è rimasto deluso, a parte una piccola battuta contro la Schlein sull’uso di porte girevoli dentro e fuori il Pd, il presidente dell’Emilia Romagna è stato piuttosto conciliante facendo intendere di essere portatore di una volontà di pacificazione interna a cominciare da un accordo tra i candidati, chiunque vinca, per una gestione unitaria del partito fin dal giorno dopo le primarie. In sostanza Bonaccini vorrebbe mettere fine alle lotte, non sempre limpide, che spesso hanno preso il posto della normale dialettica interna al partito e che hanno estenuato il PD determinandone il fallimento sia del gruppo dirigente che a livello elettorale. Così anche se Bonaccini si unisce al coro di chi chiede discontinuità dei gruppi dirigenti (su questo ha strappato un applauso) spiega che qualcuno potrà andare in panchina ma nessuno deve essere allontanato, anzi l’obiettivo è attrarre. Lui promette che mai più, se lui sarà segretario, arriveranno candidature calate sui territori in maniera verticistica (altro applauso liberatorio). Più facile a dirsi che a farsi ovviamente, anche se su questo principio sono molti a concordare, facile ora che le elezioni sono lontane. Ma come dire: di buone intensioni è lastricata la strada per l’inferno e probabilmente Bonaccini da esperto amministratore ne è consapevole, così come è consapevole che per come stanno messe le cose nei rapporti di forza, a nessuno conviene continuare una lotta al massacro, meglio annunciare tregua preventiva Qualcuno la chiama già pax bonacciniana e vorrebbe essere una delle condizioni per rimettere in piedi un partito che non riesce a risollevarsi dal ko elettorale del 25 settembre e soprattutto fa fatica a parlare agli elettori. In sostanza uscire dal proprio bozzolo per ricominciare a fare politica fra e per le persone, ha detto in estrema sintesi Bonaccini che su questo è stato chiarissimo, ricordando da un lato le sue capacità di mediatore (ho governato in coalizione ascoltando tutti e senza strappi) e dall’altro il suo attivismo sui territori “ascoltando la gente al bar” per risolverne i problemi.