Quadro occupazionale, il grande inganno degli “inattivi”
L’istituto Istat ha pubblicato i dati provvisori sull’occupazione in Italia nel periodo di luglio e prossimamente pubblicherà quelli di agosto. Luglio registra, rispetto al mese precedente, un aumento degli inattivi corrispondente a 28mila unità in età compresa tra i 15 e i 64 anni. Gli inattivi sono una categoria che comprende tutte quelle persone che non sono in cerca di lavoro e che non risultano occupati, a differenza dei disoccupati che lo hanno perso e risultano in cerca di occupazione. Il vero problema è che tutti parlano di tasso di disoccupazione in maniera strumentale, ma pochi sanno come viene calcolato e quindi qual è il suo vero significato. In realtà le cose sono semplici. In termini di mercato del lavoro la popolazione italiana viene suddivisa in tre categorie: gli occupati, ovvero coloro che svolgono una regolare attività lavorativa;
i disoccupati, ovvero chi non lavora ma è in cerca di un lavoro; gli inattivi, ovvero chi non lavora per scelta e quindi non cerca neanche un lavoro. Va detto che nelle statistiche per risultare occupati è sufficiente lavorare poche ore a settimana. Se molte persone hanno lavori ad orari ridotti, i dati sull’occupazione possono risultare falsati. Proprio per tenere conto di questo aspetto meglio sarebbe verificare il dato delle ore lavorate in media da un occupato in un anno e la situazione apparirebbe decisamente diversa e molto più veritiera. Comunque gli occupati e i disoccupati sommati insieme vengono anche definiti attivi (in contrapposizione a inattivi) soggetti però la cui somma è foriera di inganni. Il tasso di disoccupazione così come ci viene propinato in realtà non è altro che il rapporto espresso in percentuale tra i disoccupati e gli attivi. Quindi se ci sono 10 occupati e 2 disoccupati il tasso di disoccupazione è dato da 2 diviso 12 (il 16,7%). In pratica però gli inattivi non vengono mai considerati nel calcolo rendendo la statistica decisamente imperfetta. Ad esempio nel 2020 in piena crisi covid il tasso di occupazione risulta calato tutto sommato meno di quanto ci si potesse aspettare (dal 59% al 58,1%) ma accompagnato da un vero e proprio crollo delle ore lavorate (da 1715 a 1559). In sostanza la situazione del lavoro nel 2020, è più grave di quanto sembri dai soli dati sull’occupazione. A rendere ancora più falsati i dati c’è anche il fatto che il tasso dei disoccupati nel 2020 è calato (dal 6,7% al 6%) grazie al fatto che sono aumentati gli inattivi (dal 34,3% al 35,9%). In sostanza quel calo è fasullo perchè non vuol dire che si è trovato lavoro ma che si è smesso di cercarlo. Già ad inizio anno ed ora relativamente la mese di luglio 2021 con toni quasi trionfalistici i telegiornali hanno segnalato un calo del tasso di disoccupazione e di un aumento degli occupati, ma in realtà esattamente come in tutto il 2020 è aumentata la quantità di persone che non cercano lavoro. Recenti commenti di datori di lavoro e imprenditori fanno supporre che il vero motivo di questo calo sia la negligenza e l’oziosità, ( complice anche il reddito di cittadinanza che secondo loro è madre dell’ozio) in realtà i problemi che affliggono gli inattivi non sono analizzati, così l’aumento del lavoro a nero (che ha sempre un imprenditore che lo fornisce) non viene messo nei radar. Se consideriamo il fatto che il tasso di occupazione in questo periodo (secondo l’Istat stabile al 58,4%) è correlato anche alle attività turistiche estive, c’è da temere che possano peggiorare nell’autunno del 2021, ma queste potrebbero essere solo congetture ma che hanno l medesimo valore di chi invece canta vittoria.