Quotidiani in via d’estinzione? Non ancora, ma le vendite sono in picchiata e le ricette per frenare sono sbagliate
Partiamo con una considerazione che è sotto gli occhi di tutti, la carta stampata è in crisi ormai da almeno un decennio, un declino che qualcuno profetizza irreversibile fino ad affermare la prossima estinzione dei quotidiani almeno nelle forme che conosciamo. Sarà vero? Forse, ma probabilmente le Cassandre, spesso mosse da interessi, hanno dalla loro parte soprattutto chi, questa estinzione, dovrebbe fermare o contrastare e che con una visione miope continua a sbagliare tutto, scimmiottando social e usando il web in maniera in gran parte sbagliata. Colpa degli editori, ma anche dei Direttori di testata, non sempre all’altezza e che sperano che il calo delle copie vendute, tutto sommato, non sia così grave se fra chi “conta”, politici e rappresentanti economici, resta la miopia di considerare il giornale locale il miglior metodo di diffusione delle loro sparate, mantenendo così il potere del giornale ancora molto forte e paradossalemnte facendosi ricattare dallo stesso. E’ una delle tante forme di masochismo del terzo millennio. Il motivo di questo non è solo “l’abitudine” ma la necessità di parlarsi addosso, di veicolare informazioni non alla maggiore moltitudine di teste possibile, ma a quella piccola cerchia, alla tribù politica o di portatori di interesse, da lisciare o punzecchiare. Tanto varrebbe scriversi direttamente. Questo avviene soprattutto nel “locale”, basta frequentare una conferenza stampa qualsiasi per rendersi conto che, ancora oggi, nonostante sia l’informazione web e quella televisiva, a farla da padrone perchè raggiunge migliaia di persone e in maniera quasi immediata, una conferenza stampa da parte di chi l’organizza si dice riuscita se il giornale locale, che ovviamente esce il giorno dopo, ha mandato un collaboratore, in genere un giovane precario che con tutto il rispetto dovuto, spesso non è in grado di apporre alla notizia quell’approfondimento che renderebbe l’uscita del giorno dopo degna di essere letta rispetto ai lanci sul web. Una visione distorta soprattutto da parte delle “fonti” della quale i Direttori approfittano ma che rischia sempre di più di sciogliersi loro fra le loro dita. C’è poi il rischio sempre più forte che l’informazione sia sempre più condizionata da notizie incontrollate e incontrollabili provenienti dal web. Ma al di là della qualità della “nuova” informazione social, vale la pena guardare con mente aperta alla realtà di un declino annunciato della stampa “tradizionale”. Questa esce con le ossa rotte con un declino iniziato ben prima che internet e soprattutto i social diventassero concorrenziali anche per la incapacità degli editori di cogliere per tempo le opportunità che dava la nuova piattaforma. Internet per molto tempo è stato visto come nemico da arginare anziché come opportunità da cogliere. Ma prima che si arrivasse a questo le mazzate alla stampa sono state date della televisione. Prendendo a riferimento gli ultimi 10 anni, o meglio dal 2008 al 2018, il panorama dell’informazione non solo è radicalmente cambiato, ma ha visto un crollo senza precedenti del “cartaceo”, caduta libera ben lungi dall’essersi fermata e solo marginalmente compensata, sia nazionalmente che localmente, da un aumento dei “lettori” sulle edizioni digitali. In gioco non c’è solo l’economia di gruppi editoriali piccoli e grandi con i relativi strascichi occupazionali, ma la circolazione corretta di notizie verificate e idee. Per l’utente è infatti sempre più difficile barcamenarsi nel mare magnum di un web diventato brodo di coltura per ogni genere di nefandezze mischiate a truffe. Per non, parlare poi della circolazione di notizie false, magari verosimili, ma non vere che navigano senza controllo rimbalzando da siti ai social e viceversa. Ma c’è di più, nella loro sbadataggine editori e direttori compiacenti hanno pensato di utilizzare i social come fonte di informazione. Creando danni pesanti all’autorevolezza dei loro giornali. Su questo facciamo calare un velo pietoso dicendo solo che questi giornali “blasonati” per vedere qualche copia in più nel momento hanno pensato di scimmiottare i social, costruendone dei “propri” o peggio prelevando notizie da Facebook senza verificarle o verificandole in maniera preconcetta. Appare evidente che il sistema editoria naviga senza rotta precisa in una notte senza stelle in un mare pieno di iceberg. Così diventa inevitabile che al calo di copie vendute si sommi un crollo di credibilità e di pubblicità. Ovviamente a quel punto la ricetta è la solita del metodo imprenditoriale italico, scaricare gli elementi di crisi sui più deboli, poligrafici e giornalisti come avviene in questi giorni per gli annunciati “esuberi” nel gruppo Gedi.
Così precarizzazione selvaggia e licenziamenti diventano volano difficilmente rallentabile per un decadimento senza ritorno del prodotto. Ma vediamo alcuni dati che forse parlano meglio di ogni racconto: vendite giornali quotidiani nel mese di aprile 2019, il declino sembra inarrestabile. Nel complesso il calo è quasi costante e fa paura: si sono vendute in Italia 196 mila copie in meno rispetto all’aprile 2018; in marzo se ne erano vendute ancora di meno, sul marzo dell’anno precedente. Come sempre c’è chi performa meglio, pochissimi, c’è chi performa peggio, i più registrano un calo attorno al 5%.
Ultimo in classifica è il Fatto Quotidiano, che ha perso il 19,7% delle copie vendute un anno fa. Lo precede il Corriere dello Sport con meno 19 % al lunedì e meno 14% nella settimana mentre Gazzetta dello Sport e Corriere dello Sport scendono un tantino meno: rispettivamente del 5% e del 7% in settimana, 12% e 17% al lunedì (pesa ovviamente l’invadente presenza televisiva).
La crisi dei giornali insomma è multifattoriale, sono calate le vendite, è calata la pubblicità è calata l’autorevolezza. Un elemento di crisi, come accennato in apertura, è stato internet ma la crisi parte da più lontano e si chiama tv. Il web è stato il colpo di grazia per la lettura dei giornali ma la televisione ha cambiato le abitudini dei cittadini ben prima del web. Ha prosciugato la pubblicità come un vampiro insaziabile. Toglie lettori, drena la pubblicità. Gli editori in genere ottusi, se la prendono con Google e non si rendono conto che nel web il nemico è Facebook. Non tutti i giornali, in questi 10 anni, hanno però seguito lo stesso trend e per ragioni diverse. Ce ne sono alcuni per cui il calo è stato contenuto, altri che puoi scommettere sulla data di quando chiuderanno. Ogni giornale ha la sua storia, il suo mercato, il suo editore e soprattutto il suo direttore. Il combinato disposto di questi elementi fa la differenza. I giornali che hanno perso meno della metà delle copie sono tutti, con l’eccezione di Italia Oggi, giornali locali. In testa c’è il Giorno di Milano, che nell’agosto del 2018 ha venduto l’84% delle copie vendute 10 anni fa. Segue il Messaggero Veneto di Udine, che vende il 72 per cento. In cifra assoluta sono 15 mila copie in 10 anni, ma in realtà leggendo meglio le cifre e le date, si scopre che nei soli 20 mesi di direzione di Tommaso Cerno di copie ne ha perse 2 mila e nel 2019 i dati di calo sono ancora molto pesanti. Basti pensare (dati analisi su Ads) che nell’aprile 2018 le copie vendute erano 35.793 e nell’aprile 2019 sono scese a 32.408 (meno 3385) . Dati allarmanti anche per Il Piccolo di Trieste che ha subito un forte calo. Infatti nello stesso periodo (aprile 2018) le copie erano 19.256, nell’aprile 2019 sono scese a 17.103 (meno 2153) e considerando la tiratura dimezzata rispetta al messaggero veneto il Piccolo se la passa decisamente peggio, del resto appartengono allo stesso gruppo e quindi le politiche editoriali e commerciali sono simili. Non tutti i giornali locali hanno avuto performances simili. In fondo alla classifica trovate il Giornale di Sicilia, che ha perso il 77% delle copie, poco sopra l’Alto Adige, il Tempo di Roma e il Mattino di Napoli. La tabella che segue elenca le testate del campione esaminato in ordine decrescente. Accanto al nome del giornale, le vendite in cifra assoluta le copie vendute nell’agosto del 2018 rispetto al 2008, tabella desunta da Ads, l’istituto che da 40 anni certifica le tirature e le vendite dei giornali in Italia. Aggiungiamo che questo quadro complessivo dei giornali e relativo al solo cartaceo perchè inserire nei conteggi le copie digitali falsa i dati. E’ il trucco utilizzato per far apparire meno dolorosi i dati. Ma si tratta se non di un falso almeno di un modo discutibile di accorpare dati di vendita e per varie ragioni, la principale è che le vendite di copie digitali possono valere o no in termini di conto economico, secondo quanto sono fatte pagare. Alcuni dicono che le fanno pagare come quelle in edicola (ma questo avviene solo nella rara occasione di acquisto di copia singola) datoi che in genere la vendita del digitale avviene per abbonamento annuale a costo più basso. Fare pagare copia digitale come cartacea sarebbe fra l’altro cosa ingiusta, perché almeno i costi di carta, stampa e distribuzione, che fanno almeno metà del costo di una copia sarebbero da togliere. Il Corriere della Sera fa pagare, per un anno, poco meno di 200 euro, rispetto ai 450 euro della copia in edicola; lo stesso fa Repubblica ma non così fanno tutti i giornali locali che in realtà cercano ancora di boicottare il digitale sperando così di vendere copie cartacee e cercano di spacciare a pagamento singole notizie dai loto siti che sono cosa ben diversa da vendere copia digitale in Pdf. Ma vediamo le vendite
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Corriere della Sera 455.876 212.147
Repubblica 442836 166.008
La Stampa 262.711 113.466
Il Giornale 166.991 51.871
Il Sole 24 ore 144.219 42.528
Il Fatto Quotidiano 70.731 (2010) 35.118
Italia Oggi 32.765 16.607
Libero 121.115 29.821
Manifesto 19.323 8.014
Hanno dimezzato le copie, rispetto al 2008, anche i giornali locali. Che comunque hanno retto l’urto della crisi e dell’avvento delle news online meglio dei giornali a diffusione nazionale.
Nella tabella che segue li ordiniamo per numero di copie vendute.
Quotidiani locali
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Resto del Carlino 157.598 92.251
Il Messaggero (Roma) 234.250 88.668
La Nazione 140.400 68.605
Il Gazzettino 83.842 44.055
Il Secolo XIX 94.875 40.250
Il Tirreno 87.310 36.120
L’Unione Sarda 73.878 37.912
Messaggero Veneto 51.042 36.272
Il Giorno 54.965 46.292
Nuova Sardegna 66.722 32.480
Il Mattino 89.485 30.833
Arena di Verona 43.221 23.268
Eco di Bergamo 43.334 21.852
Gazzetta del Sud 54.088 21.059
Giornale di Vicenza 39.135 21.257
Il Piccolo 36.604 18.966
Giornale di Brescia 40042 18.811
Gazzetta del Mezzogiorno 41.438 17.880
Libero 26.259 16.657
Gazzetta di Parma 34.656 17.453
Mattino di Padova 32.893 16.051
Gazzetta Mantova 28.046 15.275
Giornale di Sicilia 57.885 13.373
La Sicilia 41.223 14.612
La Provincia di Cremona 20.602 11.673
Il Centro 27.346 12.550
Il Tempo 42.378 13.546
Provincia Pavese 21.277 10.091
Alto Adige 31.231 9.332
La Nuova Venezia 13.634 7.779
Tribuna di Treviso 20.766 9.984
Nuovo Quotidiano di Puglia 27.747 11.286
Corriere Adriatico 19.491 13.544
Gazzetta di Reggio 13.886 7.854
Gazzetta di Modena 11.131 6.983
La Nuova Ferrara 11.313 5.913
Corriere Alpi 6.192 (2012) 4.829
I dati dei quotidiani sportivi, separando i risultati dell’edizione del lunedì, che è sempre quella più venduta.
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Gazzetta dello Sport lunedì 512.057 197.038
Gazzetta dello Sport altri giorni 429.253 186.910
Corriere dello Sport lunedì 322.919 95.178
Corriere dello Sport altri giorni 313.017 90.614
Tuttosport Lunedì 140.993 63.424
Tuttosport altri giorni 143.905 60125