Regione e Comuni capoluogo: per almeno 15 anni siamo a posto

Negli ultimi giorni dell’anno passato i quotidiani locali si sono dati da fare per intervistare i “sorestans”, economici, social-culturali e, con dovizia di testi ed immagini, soprattutto quelli politico amministrativi. E poichè in Regione e nei Comuni ormai il dominio della destra è incontrastato sono stati proprio questi leader ad esprimersi con “coraggio” e “profezie”.
Ne ho tratto le conclusioni che circa fino al 2035 siamo a posto: cioè lo stock di eminenze di Lega Salvini e Fratelli d’Italia, con qualche evanescenza azzurra, è garantito e certificato.
Innanzitutto la Regione F-VG: la ricandidatura di Fedriga ci proietta al 2028 quando la immancabile crescita di A. Ciriani permetterà finalmente un decennio di presidenza ad un pordenonese. C’è solo da coprire il buco tra il 2026 e il 2028, biennio bianco non trascorribile come Sindaco per fine del doppio mandato. Ma potrà consolarsi facendo da balia a qualcun altro.
In Comune a Trieste è scontata la riconferma dell’attuale Di Piazza ma lì c’è comunque pronto il leghista Roberti in grado i ricoprire qualsiasi ruolo divenga necessario.
Qualche problema potrebbe sorgere da Monfalcone dopo la scontata, nel 2021, rielezione di Cisint e la possibile interferenza con le aspettative di Ciriani per quanto riguarda la Regione. A Gorizia per ora ci si dovrà riaccontentare di Ziberna, ma lì la storica sproporzione di forze potrà permettere anche una decisione all’ultimo minuto. Di Udine si parla poco, pur essendo oggettivamente l’unica città capoluogo di tendenza liberal progressista: dipenderà dall’età e dai frequenti colpi di fortuna di Pieri Fontanini che lo obbligano a riprogrammare le nefandezze dei programmi elettorali e le cattive compagnie.
Siamo quindi a posto o, come si dice, sistemati per le feste.
Ne derivano alcune domande conclusive per chiunque, più che altro per abitudine, continui a seguire gli avvenimenti amministrativi e politici. Corrisponde al vero che la qualità eccelsa dell’attuale personale politico della destra sia capace di rispondere con sincerità ed efficacia alle domande delle comunità locali?
E la vulgata che inquadra il PD, ex dominatore del sistema locale, in una sterile e astiosa opposizione al grido di “l’avevamo detto e fatto prima noi” è l’unica alternativa, quindi irrimediabilmente da scartare?
Ma soprattutto, le collocazioni e le alleanze politiche dei prossimi anni rimarranno quelle di oggi?
Ognuna di queste domande potrà avere risposte differenziate anche da parte di chi non ne sia direttamente coinvolto. Per di più nella particolare situazione italiana, dove personaggi che tre anni fa apparivano tribuni dalla leadership indiscutibile oggi sembrano più che altro macchiette della tradizione popolare (Salvini, Di Maio, Renzi), forse si potrebbe cominciare a considerare l’idea di sganciarsi fin da subito da quelle obbligatorietà di schieramento. Non è solo questione di dover frequentare un negozio dove i prodotti vecchi e nuovi comunque non durano. Forse è il negozio a dover essere sostituito.
Magari prima che la Lega Salvini si riproponga come una nuova DC di indimenticata tradizione “dorotea” e come futura colonna portante di una rinnovata Unione Europea. E, contrordine compagni, come in Europa fare finalmente quanto serve a stabilizzare la situazione: un bel governo con il PD. Sempre che i voti siano sufficienti.

Giorgio Cavallo