Resistenza: Shaurli (Pd), impiccati Premariacco ricordano democrazia non è dono
“Non si dimentichi mai l’ultimo grido lanciato dai partigiani impiccati dai nazisti: è stato per la libertà, per quell’Italia libera e democratica cui hanno dato la vita e che ancora oggi è un patrimonio da difendere. Il loro estremo sacrificio non sia episodio lontano nella storia talmente eroico e tragico da sembrare impossibile, ma un’esortazione attuale e perpetua. Difendere libertà e democrazia di fronte alla sopraffazione violenta sono i valori su cui abbiamo costruito l’Europa anche grazie al sangue dei nostri giovanissimi impiccati di Premariacco e a San Giovanni al Natisone. Da quell’esempio, dalle Resistenze europee nascono le nostre democrazie, la nostra Costituzione. Oggi ancor di più quando contrappesi e garanzie parlamentari ad alcuni sembrano perdite di tempo di fronte all’uomo solo al comando, quelli sono i valori per i quali schierarsi sempre senza esitazioni né compromessi o ambiguità”. E’ la riflessione del segretario regionale Pd Fvg Cristiano Shaurli, oggi a Premariacco (Udine) alla cerimonia in memoria dei ventisei impiccati, il 29 maggio 1944 per mano nazista, a Premariacco e San Giovanni al Natisone, alla presenza delle Autorità locali e dei vertici provinciali di Udine dell’Anpi.
Dal sito Anpi Udine
Siamo nel 1944. Quando, il 17 maggio a San Giovanni al Natisone una ronda tedesca fu attaccata lasciando un morto sul terreno e il 25 maggio, sulla corriera Udine – Cividale in sosta a Premariacco furono uccisi dai partigiani due soldati tedeschi, scattò immediata la rappresaglia. Presso gli uffici della polizia tedesca di Udine lavorava come interprete un viennese residente a Cormons. Segretamente collaborava con i comandi della Osoppo. Nel dopoguerra scrisse un memoriale sulla sua esperienza. Si chiamava Johannes Kitzmüller. Da lui sappiamo come avvenne la rappresaglia del 29 maggio 1944 a Premariacco e a San Giovanni al Natisone. A Pentecoste 1944, scrisse Kitzmüller, fui chiamato di prima mattina nello studio di Möller…(Paul Möller era il tenente SS che comandava la polizia di sicurezza di Udine) e ricevetti l’incarico di cercare nel registro dei reclusi circa trenta detenuti da destinare al “trattamento speciale”…
Con questo eufemismo, “trattamento speciale”, i nazisti intendevano la morte.
Kitzmüller sfogliò il registro delle carceri di via Spalato, esitava, gli sembrava che nessuno meritasse un trattamento così duro. Tornò da Möller.
Si legge nel memoriale: Quando gli dissi che non avevo trovato nessuno adatto… mi dichiarò: – Queste sono fesserie. Mi occorre gente, non per punirla, ma per un’azione di rappresaglia che deve diffondere il terrore… Portatemi l’elenco di quelli che sono destinati ai campi di concentramento, per esempio tutti i giovanotti di Feletto Umberto e così via. Ma spicciatevi, la cosa è urgente! –
I “giovanotti” di Feletto erano 13 giovanissimi partigiani del Fronte della Gioventù rastrellati a Feletto una ventina di giorni prima.
Continua a raccontare Kitzmüller:
…Dopo aver controllato con molta precisione gli atti carcerari… riuscii a trovare 22 detenuti rispondenti….
La mattina seguente il maggiore SS August Schiffer ed il tenente SS Schmitt erano venuti da Trieste da Möller. Ero proprio di turno di servizio diurno e avevo quindi da fare spesso nello studio di Möller. In una di quelle occasioni vidi vicino alla macchina da scrivere… un pacco di atti… e sopra, un foglio, su cui era scritto: un tribunale di Polizia sotto la presidenza del maggiore delle SS August Schiffer… ha trovato le seguenti 26 persone colpevoli di attività di banditismo e li condanna a morte.
La mattina del 29 maggio 1944, una giornata primaverile, piena di sole, 26 detenuti furono fatti uscire dal carcere di via Spalato e caricati su un camion rosso, requisito ad una ditta di Udine. L’automezzo si avviò verso Cividale, seguito da un altro camion militare pieno di SS armate di tutto punto.
Frattanto alle 8 di mattina a Premariacco dei tedeschi avevano fermato il messo comunale e alcuni passanti e avevano ordinato loro di costruire in piazza il patibolo con dei pali requisiti a un contadino del luogo. Aveva circa la forma di una porta di calcio.
Alle 9.30 arrivarono i camion. 13 persone vennero fatte scendere. Parlottavano tra di loro, si passavano una sigaretta, probabilmente pensavano di essere comandati a fare qualche lavoro in piazza.
A un certo punto, un ordine, urlato in tedesco. Le mani furono legate dietro la schiena, furono fatti salire su una panca, un cappio intorno al collo, un calcio alla panca, 13 corpi penzolarono nel vuoto. Gli altri partigiani, sul camion rosso, assistevano.
I sentimenti che pervadevano i loro animi li possiamo solo immaginare.
Frattanto a San Giovanni al Natisone, i tedeschi avevano fatto sistemare due pali ancorati ai rami dei platani, di fronte a Villa de Brandis. Si sparse la voce che ci sarebbe stata un’esecuzione. Accorsero il parroco e il cappellano, arrivò il camion rosso seguito dal camion militare. I sacerdoti chiesero di poter parlare con i prigionieri, di confortarli, ma furono respinti.
Testimonia il parroco di San Giovanni: Quando tutto fu pronto, furono fatti discendere dal camion in numero di 7 che senza aprir bocca salirono sul tavolo ed esposero il loro collo nelle mani dei giustizieri i quali imposero il capestro ai poveri giovani e in seguito ad un ordine secco fu tolta la tavola: un grido: “Viva l’Italia libera” e 7 vittime penzolarono nel vuoto. Similmente fu fatto per le altre 6 vittime.
Kitzmüller nel suo memoriale conferma quell’ultimo grido di sfida lanciato da un partigiano. Scrive infatti: Campana (si trattava di Alberto Campana, l’interprete del Carcere) mi raccontò che uno aveva esclamato all’ultimo momento: Evviva l’Italia libera. Dalla descrizione credo si trattasse dell’elettricista di Udine.
L’elettricista era Oreste Cotterli, antifascista udinese, che durante il fascismo aveva scontato confino e galera ed era salito in montagna immediatamente dopo l’8 settembre del ’43. Si trovava nel carcere di via Spalato dal 29 gennaio. Quel giorno, la partigiana Gianna aveva un appuntamento con lui: fu salvata da un altro patriota che, sfiorandola in bicicletta, le sussurrò: “Continua a camminare”.
I corpi delle 26 vittime, per ordine dei tedeschi rimasero appesi fino a sera; poi furono caricati su un camion e portati a Trieste. Probabilmente furono bruciati nella Risiera di San Sabba.
I loro nomi
I giovani partigiani del Fronte della Gioventù di Feletto Umberto erano: Sergio Buligan, 18 anni; Luigi Cecutto, 19 anni; Vinicio Comuzzo, 18 anni; Angelo Del Degan, 18 anni; Livio Domini, 18 anni; Stefano Domini, 19 anni; Alessio Feruglio, 19 anni; Aniceto Feruglio, 17 anni; Pietro Feruglio, 18 anni; Ardo Martelossi, 19 anni; Diego Mesaglio, 20 anni; Mario Noacco, 20 anni; Mario Paolini, 18 anni.
Tre partigiani garibaldini, poi, erano stati arrestati due giorni prima, nel corso del grande rastrellamento a Corno di Rosazzo del 27 maggio che diede a quel comune un triste primato per il numero dei deportati in Germania, oltre 40.
Erano Ezio Baldassi, di San Giovanni al Natisone, 16 anni; Guido Beltrame, di Manzano, 60 anni; e Sergio Torossi, di Corno di Rosazzo, 17 anni.
Le altre vittime erano: Luigi Bon, di Gorizia, 35 anni; Joze Brunic, di Novo Mesto; Antonio Ceccon, di Dogna, 19 anni; Luigi Cerno, di Taipana, 21 anni; Bruno Clocchiatti, di Corno di Rosazzo, 17 anni; Oreste Cotterli, udinese, 41 anni; Agostino Fattorini, di Reana del Rojale, 24 anni; Dionisio Tauro, di Chions, 41 anni; Guerrino Zannier, di Clauzetto, 25 anni.
Infine c’è un Mario Pontarini, o Pontoni… di lui non si hanno altre notizie.