Ribaltare le sorti della guerra in Ucraina: Putin prova la carta del comandante unico per riparare ai gravi errori strategici

Mariupol

“I piani sono saltati. Ci si era spinti fino a Kiev perché si pensava che l’esecutivo sarebbe fuggito. Si presupponeva anche che l’esercito ucraino si sarebbe schierato con noi e non è successo”. Lo ha affermato in una intervista a Repubblica, Serghej Markov, direttore dell’Istituto di Ricerche politiche di Mosca, già deputato e uomo di fiducia di Vladimir Putin dal 2011 al 2018. Queste parole hanno trovato conferma dal fatto che dopo un mese e mezzo allo sbando, Putin ha riorganizzato il comando delle operazioni militari in Ucraina affidandolo al generale Aleksandr Dvornikov, comandante del distretto militare meridionale con esperienza in Siria. Segnale che evidenzia la presa d’atto del Cremlino delle proprie “non vittorie” ed è interpretabile come segno di debolezza. Cambiare i comandi in piena guerra è segno non certo positivo. Dvornikov è generale esperto e senza scrupoli, ha comandato un gruppo di truppe russe in Siria da settembre 2015 al luglio 2016. In sostanza se la Russia vuole portare a termine la propria “operazione militare speciale” appare chiaro che deve abbandonare quelle tattiche militari scoordinate che finora hanno impedito alle truppe di ottenere successi sul campo di battaglia. L’analisi, forse tardiva, da parte dello stato maggiore russo è stata la presa d’atto di aver sottovalutato la determinazione e il grado di addestramento degli Ucraini, che sono stati lasciati liberi di poter sferrare attacchi a sorpresa stroncando la logistica delle truppe in avanzata. Un errore che in quelle terre hanno sempre fatto tutti gli eserciti, dalle truppe napoleoniche a quelle dell’asse nella seconda guerra mondiale, con la differenza che la strategia a quei tempi era stata pianificata dai sovietici di cui la Federazione russa è erede. Sicuramente a contribuire all’insuccesso registrato dalle truppe russe, oltre all’errore strategico di avanzare troppo e troppo celermente senza preoccuparsi troppo dei rifornimenti, è anche quel mancato coordinamento tra i diversi fronti. Per questo motivo il Cremlino ha deciso di porre al vertice delle truppe un solo generale, appunto il sessant’enne Aleksandr Dvornikov che fino a oggi si trovava a capo del Distretto militare del sud, considerato dal suo Paese un “Eroe della Russia” grazie al successo delle sue operazioni militari in Siria nelle quali il generale si è macchiato di crimini di guerra come accertato dal Violation Documentation Center gli attacchi aerei coordinati dal generale erano spesso indiscriminati, non facendo distinzioni tra obiettivi militari e obiettivi civili. Da questo punto di vista Dvornikov opererà in continuità con chi l’ha preceduto l’unica differenza che la visione complessiva delle operazioni dovrebbe essere coordinata così come l’uso delle risorse a disposizione. Nel passato di Dvornikov spesso anche le strutture mediche sono state prese di mira perfino con l’utilizzo di bombe a grappolo. La conferma di questo era arrivata dalle immagini analizzate da Human Rights Watch che mostravano più di 950 siti siriani non tutti militari devastati dalla detonazione di bombe con alto potenziale esplosivo e soprattutto letali per i civili. In Siria secondo gli analisti Dvornikov aveva usato schemi di attacco che ricalcavano quelli della guerra in Cecenia, quindi assolutamente distruttivi e senza alcun riguardo per eventuali vittime civili. Sarà da vedere se la presenza di Dvornikov in campo sortirà gli effetti auspicati dal Cremlino anche se molti segnali lasciano pensare che il generale, pur senza scrupoli, abbia forze sufficienti per ribaltare la situazione anche perchè, contrariamente alla prima fase della guerra, i russi si troveranno dinnanzi un esercito ucraino meglio armato, grazie alle forniture occidentali e tutto sommato con il morale carico e molto motivato nel difendere il proprio territorio.