Ricordare la vicenda di Eluana Englaro per testimoniare un caso di straordinaria umanità e civiltà

Eluana Englaro, morta a 39 anni dopo 17 vissuti in stato vegetativo in seguito a un incidente stradale, ha riscritto a sua insaputa ma comunque assieme a suo papà Beppino la storia del ‘fine vita’ in Italia, sia nelle coscienze che nelle Leggi. La sera del 9 febbraio 2009, la notizia che Eluana aveva smesso di respirare raggelò i senatori  che discutevano la proposta  di fermare l’epilogo voluto dai giudici con l’interruzione dell’alimentazione forzata. In quel momento è cominciato il  tortuoso cammino che poi portò all’approvazione, nel 2017 della legge sul biotestamento. Al padre di Eluana sono stati necessari anni di lotta nelle aule di giustizia, undici processi e quindici sentenze della magistratura italiana e della Corte europea, per realizzare quella che riteneva fosse la volontà della figlia che, da ragazza, aveva contestato in classe un’insegnante perché aveva elogiato il coraggio di una sua coetanea tenuta in vita da un polmone d’acciaio. Una “purosangue della libertà”, la chiamava e l’ha sempre chiamata Beppino. Ecco le principali tappe della vicenda.

18 GENNAIO 1992
Sulla provinciale che collega Calco a Lecco, l’auto guidata da Eluana Englaro, di ritorno da una serata con gli amici, slitta alle tre di notte su una lastra di ghiaccio e finisce contro un palo. I soccorsi arrivano quando il corpo della ragazza di 22 anni è immobile, lo sguardo fisso, i riflessi già spenti.

18 FEBBRAIO 1994
Eluana viene portata all’ospedale di Lecco nel reparto di Rianimazione con gravi lesioni al cervello e la frattura di una vertebra cervicale, assistita da papà Beppino e mamma Saturnia. Il padre vorrebbe opporsi alla tracheotomia che le viene praticata dopo pochi giorni, ma i medici gli spiegano che non c’è bisogno del suo consenso e procedono lo stesso. Un mese dopo esce dal coma. Respira da sola, dorme, si sveglia e viene nutrita attraverso un sondino.

1992-1996
I genitori e gli amici provano in tutti i modi, su consiglio dei medici, a stimolare Eluana per farla uscire dal torpore finché nel 1994 i medici sentenziano che è caduta in uno “stato vegetativo” e non ci sono più speranze che torni indietro. La ragazza viene trasferita in una casa di cura a Lecco gestita dalle suore misericordine, una delle quali, suor Rosangela, le si affeziona come a una figlia. Il 19 novembre 1996, Eluana viene dichiarata interdetta per assoluta incapacità dal Tribunale di Lecco e viene nominato come tutore suo padre.

– 1999-2003
Comincia la battaglia legale di Beppino per sospendere l’alimentazione alla figlia. Il Tribunale di Lecco respinge la sua richiesta sostenendo che l’alimentazione forzata non può essere considerata “una cura medica” e dunque non si può invocare l’articolo 32 della costituzione per cui “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Lo stesso ragionamento induce di nuovo nel 2003 Tribunale di Lecco e Corte d’Appello di Milano a rigettare altre richieste analoghe.

2007
Si pronuncia per la prima volta la Corte di Cassazione che annulla il provvedimento della Corte d’Appello e rinvia a una sezione di Milano, argomentando che il giudice può interrompere le cure in presenza di due circostanze: che la condizione di stato vegetativo sia irreversibile e che ci siano “elementi di prova chiari, univoci e convincenti della volontà del paziente, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni o dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona”.

16 LUGLIO 2008
Seguendo l’indirizzo tracciato dalla Cassazione, la Corte d’Appello di Milano riesamina il caso e autorizza Beppino Englaro, in qualità di tutore, a interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione forzata che tiene in vita la figlia.

19 LUGLIO 2008
Camera e Senato sollevano un conflitto di attribuzione contro la Cassazione sostenendo che la pronuncia del 2007 costituisce “un atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell’ordinamento vigente”, competenza che spetterebbe solo al legislatore. A ottobre però la Consulta dà ragione agli ‘ermellini’ stabilendo che la loro sentenza non è innovativa perché basata sul principio costituzionale di poter rifiutare le cure.

FEBBRAIO 2009
Il Presidente della Repubblica si rifiuta di firmare, ritenendolo incostituzionale, un decreto legge con cui il governo vorrebbe evitare la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione nei pazienti in stato vegetativo.

3 FEBBRAIO 2009
Eluana viene trasportata dalla casa di cura di Lecco alla casa di riposo ‘La Quiete’ di Udine. Scelta obbligata quella di lasciare la Lombardia perché il direttore generale della sanità, Carlo Lucchina, non vuole che la sentenza sia eseguita nella sua regione. Le fa visita l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi: “Ho constatato che le sue condizioni generali sono buone e vive senza l’ausilio di alcun macchinario”. Qualche giorno dopo arriverà anche l’opinione del premier Silvio Berlusconi: “Eluana ha un bell’aspetto e delle funzioni, come il ciclo mestruale attivo, non staccherei la spina”. I radicali sono a capo del movimento che appoggia la scelta di Beppino.

9 FEBBRAIO 2009
Il Senato si riunisce per discutere un disegno di legge per provare a fermare l’esecuzione della sentenza della Corte d’Appello. A dibattito in corso, arriva la notizia della morte di Eluana, alla quale erano stati sospesi progressivamente alimentazione e idratazione dal sei febbraio. Alle 20 e 24, il primario di rianimazione della clinica telefona a Beppino per comunicargli che alle 20 e 10 la figlia è morta. “Eluana ci ha lasciati, ora voglio restare solo”, sono le sole parole del papà della ragazza.

11 GENNAIO 2010
Il gip di Udine chiede di archiviare l’inchiesta per omicidio a carico di Beppino Englaro e e altre 13 persone, avviata dalla Procura dopo la morte. Una perizia effettuata sull’encefalo della paziente conferma che i danni conseguenti all’incidente del 1002 erano “anatomicamente irreversibili”.

6 LUGLIO 2019
Beppino Englaro ottiene un risarcimento di 164 mila euro dalla Regione Lombardia per avergli impedito di staccare l’alimentazione a Eluana.

Così  ricorda e commenta l’epilogo della vicenda l’allora sindaco di Udine Furio Honsell oggi consigliere regionale di Open Sinistra Fvg:  “Tredici anni fa, il 9 febbraio 2009, la città di Udine contribuiva ad una testimonianza straordinaria di umanità e civiltà permettendo a Beppino Englaro di ottenere la giustizia che nessun ospedale in Italia gli permetteva, anche se tutti i livelli di giudizio glielo avevano assicurato. Alla Casa di Riposo della Quiete, cessava infatti di respirare dopo 17 anni di stato vegetativo Eluana Englaro. L’impegno civile di Beppino Englaro, grazie anche ai medici, infermieri e avvocati, permise di porre le basi della Legge 219/2017 sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento. Purtroppo a distanza di troppi anni dall’approvazione di tale legge non sono ancora assicurati tutti i meccanismi che possono garantire l’esigibilità di quel diritto. Non è nemmeno terminato l’iter legislativo che garantirebbe ai nostri cittadini il diritto all’eutanasia del consenziente nei casi previsti dalla normativa internazionale. Il nostro impegno, nel 2009 in qualità di Sindaco fu di mettere a disposizione la struttura comunale, oggi è quello di impegnarci perché quella stagione di diritti civili che ebbe in Beppino Englaro, un autentico eroe civile, possa compiersi completamente.”