Salvini con le porte chiuse in Europa cerca legittimazione alla corte di Trump. Se sarà, sarà da utile vassallo

A quale ulteriore cocente delusione rischia di andare incontro Matteo Salvini in questi giorni alla corte di Donaldd Trump? E’ una domanda che presto avrà risposta, come l’ha già incassata dai suoi amici sovranisti europei che del “prima gli italiani” se ne impipano allegramente così come farà l’amico americano. Del resto che gli Usa siano nostri amici è una favoletta spacciata da sempre e non solo dal barbaro leghista ma anche dalla politica italiana tutta dal dopoguerra ad oggi. Impensabile non aver capito che le attenzioni verso l’Italia valgono solo quando sono coincidenti agli interessi a stelle e strisce, qualsiasi sia l’inquilino della Casa bianca. Forse con Trump tutto questo è più palese ma non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. Così gli attacchi all’Ue e le lodi all’amministrazione Trump da parte del vicepremier Matteo Salvini in visita a Washington lasciano il tempo che trovano, o meglio saranno apprezzati finchè non ostacoleranno le politiche trumpiane verso la Ue che non piace certo a Trump, ma che è pur sempre composta da paesi decisamente più importanti per gli Usa che non sacrificheranno un dollaro per difendere il paese degli spaghetti, pizza e bel canto. Questo è lo stereotipo imperante nell’America di Trump e Matteo Salvini al massimo è una buona forchetta, magari di cibo spazzatura, ma è non certo un cuoco provetto e neppure un piazzaiolo… e sul ben canto… l’unica performance conosciuta è la sua interpretazione della canzoncina “Senti che puzza, arrivano i napoletani” che la dice tanto sulla tendenza ideologica di Salvini e sulle sue reali attenzioni verso il sud che incredibilmente hanno attecchito probabilmente in nome di un masochismo meridionale di cui è piena la storia.

Ma tornando alla visita “diplomatica” alla ricerca di quella legittimazione da statista che gli viene negata in Europa Mateo Salvini racconta ai giornalisti la sua idea del “mondo”: “Faccio parte di un governo che non si accontenta più delle briciole a Bruxelles, ha chiosato da Washington i nuovo uomo forte dell’italietta post-ideologica, abbiamo un’idea di Europa diversa rispetto all’asse Berlino Parigi e Bruxelles che ha portato disoccupazione e un livello di immigrazione che non abbiamo mai avuto”. “Ragioneremo anche dei problemi che stiamo vivendo nella Ue”, aggiunge Salvini che oggi incontra il segretario di Stato Mike Pompeo e il vicepresidente Usa Mike Pence.”L’Italia – prosegue – vuole tornare a essere nel continente europeo il primo partner della più grande democrazia occidentale non solo per interessi economici e commerciali ma per una comune visione del mondo e dei valori, del lavoro, della famiglia, dei diritti”. Poi alla domanda cosa vi accomuna alla amministrazione Trump? La risposta è stata tutta a beneficio di politica interna: “Soprattutto il tema fiscale, della riforma fiscale. Dal taglio delle tasse al rilancio dell’economia locale, della protezione dell’industria nazionale: è qualcosa che vorrei che, chiaramente in piccolo fatte le debite proporzioni, il governo italiano applicasse dalla prossima manovra economica perché i risultati stanno dando ragione a Trump”. E sul tema tasse ribadisce: “I margini per la flat tax ci devono essere: non è una scelta. Poi si può decidere come rimodularla negli anni, ma un taglio delle tasse, non per tutti ma per tanti, ci deve essere dalla prossima manovra”. “In Grecia – aggiunge – hanno ammazzato un popolo e hanno spalancato le porte ai cinesi. L’Italia non è la Grecia e contiamo di convincere” l’Ue “coi numeri, coi dati e con la cortesia e il buon senso. A Bruxelles se ne faranno una ragione”. Sul fronte dazi e relazioni commerciali, il ministro è ottimista: “Siamo qua per rafforzare la posizione italiana, non penso che la amministrazione Trump ce l’abbia con le aziende italiane, gli obiettivi sono altri, abbiamo rapporti commerciali notevolissimi che possono solo crescere. Essere i primi partner non solo economici ma valoriale” degli Usa “spero potrà essere utile a molte nostre imprese”. Ed è su questo ultimo punto che Salvini rischia di scottarsi, del resto fosse come dice il nuovo “statista italiano” doverebbe subito ottenere per aziende e finanza italiana l’allentamento dei vicoli indiretti contro la Russia imposti all’economia italiana che dalle politiche Usa contro Putin ha tutto da perdere, ma c’è da credere che l’argomento non sarà in agenda, perchè il lupo, con i forti spesso si fa pecora.