Cgil, la crisi dell’emergenza impone una riorganizzazione della centrale dell’emergena sanitaria (Sores)
Le crescenti criticità che stanno caratterizzando il funzionamento dell’emergenza sanitaria regionale non sono legate soltanto alla difficoltà nel reclutamento del personale infermieristico da destinare al servizio. Per la Cgil va ripensata completamente l’organizzazione del sistema. «Incentivare economicamente infermieri affinché prestino servizio alla Sores – affermano Michele Piga e Orietta Olivo, segretari regionali della Cgil e del sindacato della Funzione pubblica – non sarà sufficiente, anche se è cosa dovuta, se non si apre un serio ragionamento complessivo sul sistema dell’emergenza sanitaria territoriale in Friuli Venezia Giulia».
Troppe le problematiche irrisolte che hanno condizionato il funzionamento dell’emergenza nei diversi passaggi che ne hanno caratterizzato il riassetto. «L’istituzione del 112 come numero unico – sottolineano Piga e Olivo – era un passaggio dovuto, ma ben prima della sua attivazione si è deciso di costruire un’unica centrale regionale e di dividere i punti di riferimento per il cittadino, tanto che la guardia medica e la non-urgenza hanno un recapito telefonico diverso, creando confusione negli utenti. Non avendo sotto in gestione i trasporti secondari, inoltre, la centrale regionale non ha più tutte le ambulanze circolanti sotto il suo controllo e non può calibrare efficientemente gli interventi a seconda delle priorità, aumentando il rischio di ritardi e disguidi anche gravi o fatali». La nuova organizzazione su base regionale, confermata e rafforzata dopo l’attivazione del 112, ha portato a ulteriori criticità: troppi interventi da gestire in contemporanea, con conseguenze negative anche in termini di stress e di ritmi di lavoro, tempi lenti nel passaggio della telefonata dall’operatore “laico” del 112 al personale sanitario, una minore conoscenza del territorio da parte degli operatori, la mancata rotazione degli infermieri dislocati alla Sores tra attività in centrale e sui mezzi di soccorso, a causa di una sede di lavoro, Palmanova, spesso molto distante rispetto alla residenza. «Come risultato di tutto questo – affermano Piga e Olivo – l’attività di soccorso è peggiorata sia nei tempi operativi che nell’individuazione dei target da raggiungere».
Se le criticità impongono una revisione del modello, c’è anche l’esigenza di misure di immediata applicazione, a partire dal reclutamento del personale, che già nei prossimi mesi potrebbe non bastare a coprire tutti i turni. «Solo per novembre-dicembre – denuncia la Cgil – c’è la necessità di dover coprire 2.400 ore». Né convince, come soluzione, la recente convenzione siglata da Arcs con tutte le aziende sanitarie, nella quale si cita l’obbligo alla rotazione del servizio fra territorio e Sores. Rendere obbligatorie per gli operatori di emergenza scelte che attualmente sono libere, per di più in presenza di una sede di lavoro come Palmanova, rischia per la Cgil di alimentare il flusso di infermieri in fuga verso le opportunità offerte dalla sanità privata.
Da qui la richiesta di «affrontare tempestivamente e in modo strutturale le problematiche, andando in primis ad analizzare lo stress correlato al lavoro dei dipendenti Sores, puntando a tamponare le numerose dimissioni e richieste di mobilità volontaria esplose negli ultimi mesi». Accanto a questo, la Cgil chiede di «valorizzare il personale che opera in Sores attraverso prestazioni aggiuntive pagate quanto quelle delle diverse aziende e di attivare, laddove non siano presenti, postazioni operative periferiche, in modo da sgravare i carichi di lavoro della centrale Sores e consentire una maggiore rotazione più agevole del personale tra centrale e mezzi di soccorso». Richieste, queste, che la Cgil chiede di affrontare con l’assessore, i vertici di Arcs e delle Aziende sanitarie «attraverso un tavolo specifico di urgente attivazione».