Sanità Fvg, uscire dalle polemiche quotidiane sua mala gestione?
Probabilmente hanno ragione quanti chiedono di uscire dal batti e ribatti della quotidiana polemica rispetto alla gestione non ottimale della sanità FVG, particolarmente in relazione alla pandemia. Tutto questo ormai ci accompagna tristemente da quasi due anni. Meno ragione di lamentarsi ha chi, tra questi, porta corresponsabilità nella gestione della sanità regionale. Nessuna ragione ha chi la sanità regionale guida, ossia l’assessore Riccardi, e chi ne è il garante politico, ossia il presidente Fedriga. Andiamo per ordine. Abbiamo compreso che, lo dice autorevolmente anche il CTS, andremo verso la quarta dose, ossia che dovremo fare i conti con questi virus e le loro varianti, per un periodo non breve e almeno fino a quando la vaccinazione mondiale non raggiungerà la mitica terza cifra. Finalmente abbiamo preso atto che per affrontare questo impegno, che fino ad oggi ci appariva straordinario e temporaneo, è necessario un fortissimo investimento sulle professioni mediche e sanitarie: serve più personale, meglio organizzato e incentivato a rimanere in trincea. Non solo. Le ferite inferte dalla pandemia ci hanno definitivamente convinto che è necessario un mutamento radicale della organizzazione dei nostri servizi sanitari, con una reale inversione di tendenza verso una sanità territoriale e domiciliare che affronti non solo le acuzie in ospedale, ma assista, curi e riabiliti il più vicino a casa, se non proprio a casa, cronicità, malattie invalidanti e oncologiche. Ciò chiarito, sarebbe utile pensare a strategie condivise dall’intero sistema (forze politiche, professionisti, associazioni e rappresentanze), per tentare di uscirne al meglio, utilizzando capacità e risorse in modo ottimale: la sempre attesa costituzione di momenti di ascolto, confronto, elaborazione, proposta, promossi naturalmente da chi dirige ed è garante verso la comunità. E invece chi dovrebbe rispettivamente gestire ed essere garante del sistema salute regionale se ne esce con atti aziendali che negano in radice le premesse sopra fatte. Lo fanno nel metodo, decidendo nel chiuso di stanze e bacchettando ogni dissenso o contributo alternativo, e nella sostanza, ridimensionando le strutture territoriali, intaccando presidi essenziali per la salute mentale, centralizzando in vertici sempre più ristretti capacità decisionali. Il tutto, naturalmente, in genere accompagnato da un costante discredito del pensiero critico, che si manifesta in svariate forme: dalla scelta o non scelta di professionisti per guidare strutture fondamentali, al dileggio e scherno anche dai seggi del Consiglio regionale, allo scarico di responsabilità o colpe su tecnici magari nominati e su eventi esterni. Costanti (e un po’ stantie) le accuse di irresponsabilità a chi cerca, con intento propositivo e a volte anche con inevitabile vis polemica, di poter esprimere opinioni in merito. La conclusione purtroppo è sconfortante: o si cambia chi è responsabile di questa gestione o, purtroppo, ci si dovrà accontentare della polemica quotidiana. Perché c’è chi sente il dovere di conservare una rettitudine di coscienza civica e una libertà di parola cui non intendiamo rinunciare in alcun modo. E, poiché il tempo è spesso galantuomo, anche il futuro esercizio della memoria. Salvatore Spitaleri