Se non sarà sereno si rassenererà. Il successo di FdI alle politiche
E’ realmente accaduto quanto prevedevano tutti i sondaggi. Fratelli d’Italia ha avuto il consenso di un elettore su quattro (circa) ed ha trascinato, grazie al Rosatellum, la coalizione di (centro)-destra (con il 43,79% dei voti) alla conquista di una grande maggioranza di seggi che dovrebbero permettere un governo stabile per tutta la prossima legislatura. La partecipazione al voto è diminuita di circa il 10% rispetto alle precedenti elezioni e un ragionamento malizioso che tiene conto anche delle schede bianche e nulle, dei voti dati a partiti non contabilizzati per l’attribuzione dei seggi, e dei voti dati alle coalizioni senza scelta del partito di preferenza (che rappresenta comunque una volontà di distinzione), porta a circa il 50% degli elettori il numero di coloro che hanno contribuito alla formazione del nuovo Parlamento. Un po’ poco per poter parlare di rappresentanza dei cittadini italiani. In questo quadro emerge il successo di FdI per la sua crescita esponenziale rispetto alle precedenti elezioni e per le caratteristiche stesse della costruzione di tale soggetto politico che, per i richiami alla passata storia fascista, sembravano escludergli ruoli da assoluto protagonista nella politica italiana. Cosa che invece è accaduta grazie al consenso esplicito di poco più di un elettore su 10. Poiché mi appare destituita da ogni fondamento la tesi di un richiamo retrotopico al ventennio Mussoliniano per una ingente massa di italiani, credo che le ragioni della vittoria di FdI vadano ricercate nel messaggio politico-programmatico che tale compagine, e la sua leader carismatica “Meloni”, hanno saputo veicolare. La natura del rapporto attuale tra politica e voto va compresa nelle sintesi che esprime, non nella definizione articolata dei contenuti che sottintende. E’ questa la ragione degli spostamenti quasi improvvisi di grandi masse di elettori che caratterizza la cosiddetta II Repubblica. Se Berlusconi negli anni 90 (e fino al 2011) rappresentava l’ideale dell’arricchimento a portata di mano (e forse anche della felicità) da difendere rispetto agli agguati dei “comunisti”, così dopo il decennio 2000-2008 (dalle Torri Gemelle alla crisi finanziaria) subentra un sentimento di “paura” che può essere gestito elettoralmente in termini di sicurezza e di identificazione dei “nemici”. I nemici principali sono due, gli “immigrati” (soprattutto se islamici) e i ladri che occupano le poltrone della “politica”; la loro esorcizzazione determina le masse di votanti per la Lega Salvini ed il M5S. La meteora Renzi del 2014 (elezioni europee) è probabilmente l’ultima ondata dell’ottimismo berlusconiano sulla ricchezza a portata di mano. In questi anni le elezioni diventano man mano un grande supermercato in cui la varietà dei prodotti a disposizione è ampia, si può scegliere le offerte che sembrano migliori in base alla propria capacità di discriminazione intellettuale, senza troppe preoccupazioni di cambiare alle prossima occasione. Nel frattempo aumenta sempre più la disaffezione dei clienti dal mercato della democrazia anche perché ci si accorge che la sua dimensione spaziale, lo Stato, non è più sovrana nelle grandi scelte che riguardano il proprio futuro. Poi nel 2020 arriva la sindemia di Covid 19 e nel 2022 riappare lo spettro della guerra. Comunque vada, le reazioni di difesa del pubblico (politica e stati) rispetto alle emergenze appaiono insufficienti o sbagliate e alla paura si accompagna una domanda di “stabilità”; una ulteriore interpretazione del concetto di sicurezza che può facilmente essere trasformata nell’idea di tornare “a casa” e rifiutare le incertezze della post modernità. FdI interpreta questo rifiuto di incertezza, compresa quella sessuale o di genere, e riporta in campo le immagini di patria-nazione e di famiglia come visioni “retrotopiche” ma solide che non devono venir messe in discussione. L’Italia “rurale” ancora una volta vince. Cosa potrà fare FdI e la sua sgangherata (culturalmente) maggioranza per soddisfare la domanda che l’ha portata alla vittoria elettorale? Dati i vincoli esterni e interni non credo che sui piani economici e sociali ci saranno grandi possibilità di cambiamento. Lo stesso successo al sud del M5S centrato sul reddito di cittadinanza è un segnale che solo una follia potrebbe non rispettare. Anche le modifiche costituzionali (e la stessa interpretazione delle questioni autonomistiche) mi sembrano più un bel terreno di dibattito che un obiettivo da perseguire con determinazione. Quello che mi pare sia invece preoccupante, per il modello di cultura politica di cui si nutre FdI, è la necessità di battere qualche colpo in politica estera per dimostrare che “la grande proletaria” è di nuovo sveglia. Il Mediterraneo e i Balcani sono ghiotte occasioni. Anche se al servizio degli USA la sovranità è un incubo che deve essere sempre tenuto presente. Se vuol dire solo riarmo e rafforzamento della Marina o muscoli da mettere in campo per le nuove forme ibride di guerra, staremo a vedere (sempre che Putin non sia “costretto” a usare l’atomica). Nel frattempo sono curioso di verificare se lo stile oratorio di Giorgia si stempererà nelle occasioni di Stato e di diplomazia, rendendoci più “sereni” di quanto lo siamo oggi.
Giorgio Cavallo