Sequestro del motopesca italiano, per i libici il Golfo della Sirte è “cosa loro”. Il governo “Salvini” si piega e colpevolizza i pescatori, “il mare lì è insicuro” ma non i porti
Prima notte al porto di Misurata, in Libia, per l’equipaggio del peschereccio ‘Tramontana’ sequestrato ieri da militari libici. A bordo ci sono sette membri dell’equipaggio, cinque mazaresi e due tunisini. Man mano che passano le ore si capisce la natura del sequestro operato da una motovedetta libica presumibilmente una di quelle che generosamente ed in funzione “anti migranti” il governo italiano ha regalato ai libici garantendogli per di più la manutenzione tramite una nave militare officina tutt’ora ancorata nel porto di di Tripoli. Secondo fonti ufficiose il peschereccio italiano sequestrato dalla Guardia costiera libica si trovava “all’interno delle acque territoriali libiche” e “non aveva con se alcuna autorizzazione rilasciata dalle autorità libiche”. Almeno questa è la posizione espressa dalla pagina Facebook dell’operazione governativa libica “Vulcano di Rabbia”. “L’imbarcazione – aggiunge il post – si trova ora nel porto di Misurata ed è stata aperta un’inchiesta sui membri dell’equipaggio.
Quello che non dice il post e per dire il vero neppure la Farnesina, è che le acque ove è avvenuto il fermo in realtà sono internazionali, ricadono però nella zona dichiarata come propria unilateralmente dalla Libia di Gheddafi nel 2005 e che si estende 62 miglia oltre le 12 territoriali delle norme internazionali. La pretesa libica è quindi che l’intero golfo della Sirte sia proprio territorio.
Per questo nell’indifferenza generale per paura di dispiacere, non certo alla memoria del defunto generale Gheddafi, ma agli attuali signori che si stanno contendendo il potere e che potrebbero creare qualche problema sul piano delle partenze di barconi e gommoni, si è saputo che dall’inizio dell’attacco delle forze di Haftar su Tripoli, le cosiddette forze governative nell’ambito dell’operazione Vulcano di Rabbia pattugliano le acque territoriali libiche e hanno effettuato 128 controlli, sequestrati quattro pescherecci stranieri a loro dire entrati nelle acque territoriali (autoproclamate) senza permesso. Il motopesca Tramontana pare avesse finito la battuta di pesca e stava facendo rotta verso la Sicilia, quando intorno alle 14,30 è stato fermato da una motovedetta libica a circa 60 miglia a est di Misurata. Personale armato è salito a bordo dirottando i motopesca a Misurata. Nell’area vi erano altri pescherecci di Mazara del Vallo impegnati nella pesca al gambero rosso e sarebbe stato uno di questi a dare l’allarme dell’avvenuto abbordaggio dei libici del Tramontana. Ora sarà certamente vero che Diplomazia Italiana è al lavoro già da ieri e che il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi ha dato “istruzioni all’ambasciatore d’Italia a Tripoli, Giuseppe Buccino, di adoperarsi prontamente con la massima efficacia al fine del corretto trattamento e di un rapido rilascio dei membri dell’equipaggio e dell’imbarcazione”. Ma è altrettanto vero che resta ambigua la posizione del nostro Governo quando afferma che “non sono ancora chiare le ragioni del sequestro, verosimilmente legate ad attività di pesca, in acque peraltro definite ad alto rischio e dunque sconsigliate da parte del Comitato Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti e delle Infrastrutture”. Una posizione nella quale si può leggere anche il cercare di scaricare sui pescatori la responsabilità di una vicenda che ha visto, per le note ragioni dei desiderata del Ministro Salvini, l’abbandono dell’area da parte delle nostre unità militari. Ai tempi di Gheddafi infatti spesso i tentativi pretestuosi di sequestro venivano scongiurati dalla presenza di unità della nostra Marina e i libici si guardavano bene dall’infastidire i pescherecci. Oggi ovviamente che l’obiettivo è quello di “arginare” i migranti si lascia in mano il mare ai libici e i gommoni al loro destino, anzi li armiamo e dotiamo di “navi da guerra”.