Si è avviata con polemiche l’attività del nuovo consiglio comunale di Udine. Eletta anche la presidente: è Rita Nassimbeni della lista di De Toni
Si è avviato ieri nella pienezza operativa il nuovo Consiglio Comunale di Udine inizialmente con il rito del giuramento del nuovo sindaco di Udine Alberto Felice De Toni. Un testo letto in italiano e in friulano davanti ai consiglieri riuniti per la prima volta in sala Ajace perchè il salone del consiglio normalmente utilizzato a palazzo d’Aronco era inaccessibile alla carrozzina del nuovo assessore Ivano Marchiol a causa delle barriere architettoniche. Secondo atto l’elezione della prima presidente del consiglio comunale donna: si tratta di Rita Nassimbeni della lista De Toni (già assessore al personale della giunta Cecotti). Una vicepresidenza andrà a Enrico Scalettaris del Terzo Polo, l’altra a un nome della minoranza non ancora designato. Fin qui gli aspetti istituzionali, ma in realtà parte in salita l’attività politica del consiglio per le frizioni che si sono determinate dall’esclusione da incarichi di giunta di Anna Paola Peratoner, esponente del Pd e seconda donna più votata alle elezioni che ha duramente attaccato la sua coalizione e il suo partito nel quale, evidentemente, non è stata ben digerita la sua ascesa travolgente dato il legame con la neo segretaria nazionali Elly Schlein. Un segnale che va oltre la questione udinese, evidentemente. Peratoner ha chiesto parola durante il consiglio decidendo che i panni sporchi, in questo caso, non andassero “lavati in famiglia”: “Oggi, ha detto rivolgendosi al sindaco ma soprattutto al Pd, avrebbe potuto essere una di quelle giornate belle. Ma per me non lo è, perché questa giunta nella sua genesi ha compiuto un atto violento non solo nei miei confronti ma anche nei confronti dei miei 286 elettori ed elettrici. Parlerò per fatto personale, non per farne una questione politica: mi è molto chiaro che in giunta ci sono dei rapporti fiduciari con il sindaco ed evidentemente questo presupposto non c’è stato, e me ne sono fatta una ragione. Ma questa volta non me ne andrò, nemmeno dal Partito democratico”. Al di là della definizione “fatto violento” Peratoner ha le sue ragioni soprattutto ha denunciato il metodo dell’esclusione basato, a suo dire, su colpevole “silenzio”. “Il rispetto di una telefonata, ha chiosato, in cui il mio partito e il mio sindaco si assumevano la responsabilità apertamente di una scelta di fronte a me, guardandomi negli occhi, sarebbe stato come minimo un gesto di “garbo istituzionale” ancorché umano”. Ma se il centro sinistra non ride, non è che a destra ci si diverta. Pietra dello scandalo l’elezione del presidente della V commissione. Di prassi consolidata nel tempo che spesso vale più delle regole scritte, quattro delle sei commissioni consiliari vanno assegnate alla maggioranza e le restanti due sono decise dalla minoranza. Ma quale opposizione? Come è noto a destra non si era raggiunto un accordo in vista del ballottaggio e la coalizione che faceva riferimento a Stefano Salmè a aveva dato indicazione di non votare Fontanini. Così oggi ci sono due distinte opposizioni con il risultato che non sono state in grado di indicare i nomi unitaria per due commissioni spettanti. Così per la sesta commissione Verifica e attuazione del programma non ci sono stati problemi e la presidenza è andata ad Antonio Pittioni, meno semplice è stata la scelta per la quinta. distribuite le prime cariche (a Paolo Ermano la prima commissione Bilancio e programmazione, a Matteo Mansi la seconda Territorio e ambiente, a Chiara Gallo la terza Politiche sociali e diritti di cittadinanza, ad Antonella Eloisa Gatta la quarta commissione Cultura e istruzione), le minoranze non sono state in grado di indicare i nomi per le restanti due. Se per la sesta commissione Verifica e attuazione del programma non ci sono stati problemi e la presidenza è andata ad Antonio Pittioni, meno semplice è stata la scelta per la quinta dove si era candidato Giovanni Govetto, di Fratelli d’Italia, ma anche Stefano Salmè ha deciso di avanzare per la stessa commissione la sua stessa candidatura e così alla fine con soli 14 voti a favore di Govetto e bene 27 per Salmè ha prevalso quest’ultimo eletto di fatto con i voti della maggioranza. Che dire, a Udine la situazione e grave, ma non è seria.