S’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde un coro di voci rosse e bianche

La complessità della vicenda culminata nell’invasione russa dell’Ucraina e nel tentativo di distruggerne la stessa identità “amministrativa” è profonda e la mia conoscenza impedisce di imbarcarmi in analisi raffinate, siano esse documentate storicamente oppure siano anche semplice repulsione per mitomanie e complottismo. Tuttavia la situazione sul terreno, malgrado molti lati oscuri militari, è nota e chiede di rispondere ad alcuni quesiti. Riuscirà la “resistenza” ucraina nel breve-medio termine a non essere sopraffatta oppure sarà costretta ad arrendersi ad una potenza e violenza superiore? Analogamente, la posizione russa di Putin potrà reggere alle pressioni esterne di carattere politico-economico e allo stesso tempo dimostrarsi non contendibile sul piano militare anche grazie alla minaccia nucleare di cui è in possesso? Gli avvenimenti del prossimo futuro daranno forse risposte esaurienti a queste domande e quindi determineranno le dinamiche conseguenti. Per ora vorrei soprattutto cercare di capire i motivi per cui nella “pubblica e privata opinione” italiana vi sia una così profonda comprensione per le ragioni della Russia nei campi politici sia di destra che di sinistra. Mi riferisco a quanto appare nelle pubblicazioni “classificabili” di informazione e riflessione e nella miriade di post e commenti alla “pene di veltro” che compaiono sui social a cui ho accesso.
A destra, checché ne dicano i partiti ufficiali, la logica di potenza della Russia è profondamente giustificata nelle sue motivazioni e l’opzione militare non spaventa, con una traslazione interessata al dubbio amletico sulla capacità del popolo italiano di rispondere alla patria in caso di necessità di rinnovato protagonismo. In parole povere disponibilità a combattere. Appare per lo più logico a questa interpretazione che gli ucraini debbano prendere atto dei loro errori e della loro inferiorità arrendendosi prima possibile, evitando così ulteriori dolori alle proprie comunità. A mia impressione, nell’ambito di un certo pensiero antagonista (cioè libero dal gioco politico di governo), solo limitate frange di pensiero di destra sostengono il diritto nazionale del popolo ucraino a difendersi combattendo. A sinistra, sempre nelle aree libere da motivazioni di schieramento politico di governo, e quindi nel campo delle opinioni in libertà, il pensiero appare ancora più articolato. Con “Putin fino alla vittoria” non lo dice quasi nessuno, ma per molti l’attuale regime è ancora la fiammella che arde della vecchia URSS e quanto fa viene comunque giustificato dal tentativo distruttivo effettuato dalla Nato nelle sue logiche di dominio sul mondo e per le mille efferatezze che la stessa Nato ha commesso per contrastare la libertà dei popoli. Così in queste aree, magari attraverso il divulgatore Fusaro si arruola a sinistra anche il pensiero di Dugin. C’è però anche una altra sinistra, ben presente in campo sociale e culturale, che da sempre si è qualificata in uno schieramento pacifista, capace in passato di opporsi sia alla Nato che al Patto di Varsavia. Nell’attuale situazione vede sì un crimine di Putin ma ritiene che ad esso non ci si possa opporre con le armi (per principio o per i devastanti effetti che determina) e che sia possibile l’utilizzo della non violenza come strumento praticabile anche in questa occasione. Da qui soprattutto l’opposizione alla fornitura di armi all’Ucraina da parte dello stato italiano. Sarà marginale e fortunatamente non incide sulle solidarietà umanitarie, ma nell’insieme, siano squilli di tromba o voci bianche, emerge nel ventre profondo dell’Italia che pensa (e che non si fida delle informazioni ufficiali) una “oggettiva”, seppur non voluta, forma di assorbimento legittimante dell’invasione russa? Nell’immediato ritengo di si, nel lungo periodo spero di no. Giorgio Cavallo