Studentesse dello Stellini di Udine presentano la lettura scenica del loro racconto “La voce di chi resta”
Domani, 9 settembre, le studentesse del Liceo Classico Stellini di Udine presentano la lettura scenica del loro racconto “La voce di chi resta” ispirato alla vicenda del partigiano Luigi Basandella. Tra memoria familiare e la Grande Storia, la serata, organizzata dall’ANPI sezione Città di Udine “Fidalma Garosi Lizzero – Gianna” nella sala dell’ex caserma “Osoppo” di Udine, ripercorre la vicenda umana del partigiano Basandella trasposta in forma letteraria attraverso le testimonianze dei suoi nipoti. “La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare, questo rumore che rompe il silenzio, questo silenzio così duro da raccontare” canta Francesco De Gregori, e i suoi versi riecheggiano nel racconto “La voce di chi resta”, scritto dalle studentesse del liceo classico “Jacopo Stellini” Martina Comino, Beatrice Gervasi ed Emma Tomasi lo scorso anno scolastico, quando frequentavano la 5ª E. Ad essere narrata è la vicenda umana del partigiano udinese Luigi Basandella, deportato e ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen: vicenda dolorosa a lungo taciuta all’interno del ramo familiare. Le giovani autrici saranno protagoniste di una lettura scenica del loro testo venerdì 9 settembre, alle ore 20.30, nell’ex caserma Osoppo, in via Brigata Re. La serata, organizzata dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI) sezione Città di Udine “Fidalma Garosi Lizzero – Gianna”, sarà introdotta dalla presidente Antonella Lestani e le letture saranno intervallate dalle musiche di Marta Ricardo. L’evento è con ingresso libero, ma per partecipare è necessario prenotare telefonando allo 0432.504813 oppure inviando una e-mail a anpiudine@gmail.com.
IL RACCONTO
La posa della pietra d’inciampo intitolata a Luigi Basandella nel 2020 diventa il punto di partenza per il fluire del racconto, che ha il suo cardine nelle testimonianze tramandate oralmente in famiglia e fornite in particolare da Valter, nonno di Emma Tomasi.«Nel gennaio di quell’anno, in prossimità della giornata della memoria, la nostra professoressa Simona Valenti ci ha avvicinato al progetto portato avanti dall’artista tedesco Gunter Demnig – spiega Tomasi -. La storia di Luigi Basandella parla della memoria di tutte la famiglie del Friuli che hanno dovuto attraversare i terribili orrori della persecuzione nazista. L’intervista del nipote, Valter Basandella, è stata una testimonianza essenziale, nonostante la sua condizione di salute aggravata dalla vecchiaia avesse impedito di tracciare un quadro nitido della situazione. Le parole di mio nonno Valter sono state un dono prezioso, per poter ricostruire la storia della sua famiglia». Le studentesse, sotto la guida della loro insegnante Ada Barbara Pierotti, hanno poi rielaborato in forma letteraria le informazioni e hanno approfondito in modo autonomo dettagli che risultavano incompleti. Il racconto ha partecipato alla quinta edizione di “Che storia! – Narrazione di confine”, concorso nazionale di scrittura a squadre per gli istituti d’istruzione secondaria di secondo grado, e ha ottenuto il premio “Meritevoli di menzione”.
LUIGI BASANDELLA
Nasce a Udine nel 1921. Partigiano, come i fratelli Alceo e Pietro, nel 1944 entra nella Brigata Garibaldi-GAP “Friuli”. I Gruppi di Azione Patriottica operano in città con attività di sabotaggio a treni e linee di comunicazione, ma reperiscono anche informazioni, viveri, armi e munizioni per la rete partigiana. Nell’inverno 1945 i tre fratelli Basandella vengono catturati dai nazisti e deportati a Mauthausen. Durante il viaggio in treno verso il lager, Alceo riesce a fuggire, ma Luigi e Pietro non hanno la possibilità di fare lo stesso. Nei quasi tre mesi di prigionia a Mauthausen, Luigi lavora come elettricista manutentore, un compito che probabilmente avrebbe contribuito a salvarlo. Dopo essersi allontanato dal campo alla ricerca di cibo per i suoi compagni malati, però, viene catturato e impiccato, sotto gli occhi del fratello Pietro, con gli stessi cavi elettrici con cui era solito lavorare. All’indomani della caduta del nazifascismo, Pietro riesce a tornare a Udine, ma ciò che ha visto e vissuto lo segna indelebilmente fino a condurlo alla morte.